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C’ERA UNA VOLTA... LE MARZAIOLE

📅 lunedì 20 febbraio 2012 · 📰 AmbienteCilento

foto Marzaiola per articolo P abbate
Credits Foto OpEd

foto autoredi Paolo Abbate | Blog

Arrivavano numerose, tanti anni fa, intorno il 19 marzo, festa di S.Giuseppe. “Quando vedi la marzaiola San Giuseppe è in bocca” , racconta un antico cacciatore, Leonzio, di Sapri.
Quando c’erano ancora le quattro stagioni, e non come adesso che non si capisce più niente, le marzaiole in formazione di mezza luna arrivavano e si fermavano a riposare al largo dopo un lungo tragitto. Che spettacolo della natura era!
La sera al tramonto, verso le sei, riprendevano il volo verso l’interno seguendo diversi tragitti. Quelle che si erano fermate diciamo davanti al porto tagliavano dritto su per il Timpone, mentre i gruppi davanti all’ospedale si dirigevano verso casa mia – dice Leonzio – volando verso le colline.

Le aspettavamo allora a mezza costa, controllando col cannocchiale quando si alzavano e si sparava centinaia di colpi, tanto che sembrava la festa di San Vito o San Francesco, quando si fanno i botti. E c’è da crederci, se si guarda un video, riportato su questo sito, che riprende i cacciatori a Bergamo e Brescia, schierati in una valle di passo, che sparano all’impazzata.
Leonzio assicura che adesso, sebbene la caccia alle marzaiole sia proibita, si spara ancora di frodo ma nessuno controlla. I bracconieri si nascondono bene nella macchia e solo i cinghiali li possono scovare.

C‘era invece chi andava con le barche, silenziosamente, dove riposavano e si ammazzavano sparandogli a brucia pelo. Oppure si aspettavano sulle spiagge di Villammare o alla foce del Bussento, dove erano piazzate sagome di legno di marzaiola, che dondolando sembravano vere e attiravano le altre.
Questo “divertimento” durava circa due settimane: quando arrivavano i “mallardi” , specie di marzaiola più tardiva, il cacciatore sapeva per certo che poteva riporre il fucile.

Ancora 30 anni fa si andava a caccia per passione, ma durante la guerra si andava a caccia per la fame. Una generazione ha campato sparando a tutto. Una beccaccia ad esempio veniva imbottita e ci si mangiava in cinque.
A proposito di fame nera, mia madre - è ancora Leonzio che racconta – metteva il grano nel macinino da caffé per fare la farina. Ma dovevamo stare accorti perché il rumore attirava i carabinieri che venivano e requisivano farina grano e macinino. Il grano serviva a Mussolini.

Tanti uccelli si vedevano allora. Alla stazione su gli alberi se ne fermavano la sera a centinaia: merli, pettirossi, tordi. Ma quando gli chiediamo perché gli uccelli selvatici sono quasi spariti (le marzaiole si vedono di rado e pochissime) otteniamo sempre la stessa ragione. Gli uccelli sono scomparsi per colpa dei bracconieri e i “medicinali” sparsi nei campi.

Sicuramente, a parer mio, i veleni chimici hanno fatto effetto sulla popolazione avicola. Basta leggere il libro della Carson del 1962, Primavera silenziosa, che previde in grande anticipo gli effetti degli insetticidi chimici in agricoltura, ma la perdita degli habitat prediletti e la spietata caccia hanno inciso senza dubbio pesantemente sul numero di coppie in grado di sostare e successivamente nidificare nelle varie regioni.

Paolo Abbate

Foto di Giancarlo Mariani

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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