Dossier Legambiente Campania: "Acquedotti, è il caos", controlli inefficienti o fuori regola
In occasione della Giornata Mondiale dell’acqua che si svolgerà domani 22 marzo, Legambiente Campania presenta un dossier sullo stato delle gestioni acquedottistiche in Campania nel 2010, focalizzata in particolare sulle attività di che devono essere realizzate da parte dei gestori al fine di garantire la qualità delle acque destinate al consumo umano.
Sono dati scioccanti quelli del dossier di Legambiente: solo per il 25% della popolazione regionale sono rispettate le norme sui controlli interni sulle acque destinate al consumo umano, mentre vige un'estrema frammentazione delle gestioni dei servizi di acquedotto, pari al 39% a livello regionale, con ben 218 distinti soggetti operanti. Il numero da stimare sarebbe almeno doppio se si volessero considerare anche i gestori dei servizi di depurazione.
La situazione per singolo Ambito Territoriale Ottimale varia significativamente, collocandosi tra l’1% di frammentazione per l’ATO 3 Sarnese Vesuviano, il 22% per l’ATO 1 Calore Irpino, il 56% per l’ATO 4 Sele e il 67% per l’ATO 2 Napoli Volturno, con rispettivamente 2 soggetti operanti nell’ATO 3, 43 nell’ATO 1, 81 nell’ATO 4 e 92 nell’ATO 2.
“Gli acquedotti- commenta Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania- sono infrastrutture di primaria importanza in quanto consentono di assicurare la disponibilità presso le utenze domestiche di acque idonee al consumo umano in totale sicurezza ma dall’indagine lo scenario e la realtà dimostra il contrario con la possibilità di conseguenze dal punto di visto sanitario ed economico per i cittadini”.
Andando nello specifico dell’indagine sui controlli interni delle acque, la situazione è da brividi: a livello regionale solo per il 3% dei comuni censiti, pari a 12, corrispondente ad una popolazione pari al 26% del campione (1.364.394 ab.), i gestori rispettano le disposizioni di legge. In tal caso i controlli sono realizzati da parte di “laboratori interni al gestore” o “laboratori interni di altro gestore”, accreditati al sistema nazionale di qualità.
Diversamente, per il 97% dei comuni (n. 413), per una popolazione pari al 74% (3.805.264 ab.), i gestori non rispettano le disposizioni di legge in quanto sono risultati avvalersi di: “laboratori interni non accreditati” per il 62% dei comuni (n. 263); di “laboratori esterni di altro gestore non accreditati” per il 6% dei comuni (n. 27); di “laboratori esterni accreditati” per il 17% dei comuni (n. 72); di “laboratori esterni non accreditati” per il 9% dei comuni (n.37); o “non realizzano affatto controlli” per il 3% dei comuni (n. 14), per una popolazione pari al 5% (277.419 ab.).
"L’indagine – ha commentato Giancarlo Chiavazzo, autore del dossier e responsabile scientifico di Legambiente Cammpania – pone in chiara evidenza un sistema critico e preoccupante connesso principalmente al mancato avvio dei Servizi Idrici Integrati ed al forte ritardo nella attuazione delle riforme che avrebbero dovuto risolvere una buona parte dei problemi del settore. Alla sfida che oggi si presenta davanti si dovrà necessariamente dare risposte in sede territoriale, con una adeguata legge regionale di riforma dell’organizzazione dei servizi idrici che lo Stato ha demandato alle Regioni con la disposizione della soppressione degli Enti d’ATO.
E’ necessario che i servizi idrici siano organizzati e gestiti unitariamente (acquedotto, fognatura e depurazione) e in area vasta al fine di contrastare la estrema frammentazione delle gestioni, regolati da un soggetto imparziale e terzo e con risorse umane di alto livello professionale ed apparecchiature e strutture tecnologicamente avanzate per garantire qualità.
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