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LA BCE ED IL FRONTE DEBITI

📅 mercoledì 30 maggio 2012 · 📰 EconomiaSalerno

Banca Centrale Europea
Credits Foto OpEd

foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

La Banca Centrale Europea nata nel 1998, oggi si trova a dover necessariamente far fronte alle diverse situazioni debitorie sia di imprese che di governi.

A 14 anni dalla sua nascita, i banchieri centrali di Francoforte sono chiamati, loro malgrado, ad intervenire; devono necessariamente intervenire; su questo non ci sono alternative.

La periferia dell’euro è in grave sofferenza per i tanti debiti del settore pubblico e di quello privato.

Di questi, 3.500 miliardi sono prestiti a Italia, Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo.

Gli investitori stranieri dovrebbero finanziare il funzionamento e lo sviluppo dei richiamati cinque paesi e non solo; ma di tutti quegli stati solo formalmente chiamati a far parte dell’Europa Unita.

Per niente interessati a questo, cercano, senza farsi scrupoli, di liberarsi dei loro crediti, sui quali hanno abbondantemente lucrato, aggravando così le già difficili situazioni di partenza, per tanti Paesi U.E. in grave crisi economico-finanziaria.

Così facendo, si fa mancare l’ossigeno necessario alla sopravvivenza; ben 350 miliardi di non disponibilità, non permettono il normale flusso di prestiti alle imprese ed alle famiglie soprattutto in Italia ed in Spagna.

Che fare? Contro questo grave rischio di sfascio UE senza ritorno, deve necessariamente, per evitare il peggio, intervenire la BCE, sostituendosi così agli investitori privati che non si fidano più di fare affari a rischio e non intendono fare fronte ad un debito in crescita e senza prospettive certe di solubilità; da subito è necessario intervenire, per evitare il collasso ed il grave rischio di crollo finale.

Siamo di nuovo nelle condizioni precedenti a quelle del lungo negoziato in cui la Germania ottenne le nuove regole di bilancio del cosiddetto “fiscal compact” e la promessa di riforme serie da parte dell’Italia. Ma un insieme di Paesi è tale se sa sempre essere solidale nei confronti delle sue parti.

Occorre, per questo e con urgenza una nuova solidale disponibilità; tanto, per non fare male e non farsi male, tutti insieme.

Occorre che l’Europa cominci concretamente a parlare il linguaggio di Europa Unita e solidale e non più e solo il linguaggio confuso di un insieme di Paesi, l’uno indifferente all’altro, se non addirittura e sempre più spesso, l’uno contro l’altro, facendo così il male di tutti.

Intanto c’è una prima vittima, è la Grecia …. poi si vedrà. Povera Grecia, in che mani è capitata!

Ma dietro l’angolo c’è la Spagna e non mancheranno di certo le amare sorprese anche per l’Italia, un Paese ormai in ginocchio, con un sistema produttivo in affanno ed una crisi irreversibile ed irrisolvibile del lavoro ed un’economia familiare sempre più ridotta all’osso.

Ma che pensiamo di fare? Certamente, non si potrà a lungo, tirare a campare.

Ormai sta mancando l’ossigeno necessario alla vita del Paese; di asfissia, purtroppo, si muore.

Per evitare il peggio, l’Europa deve fare necessariamente la sua parte, dimostrando di esistere non solo come insieme economico, facendo male e facendosi male, ma anche e soprattutto come insieme umano, di saperi, di cultura e di valori, un grande, ricco patrimonio di tutti e per tutti, dal quale, se ben gestito, può ancora arrivare un mondo nuovo per la vecchia signora, possibile faro di civiltà per l’uomo e di saperi anche nel futuro dei popoli della Terra.

Questa è la via maestra! Nessuno può permettersi di deviarne il corso, tradendone i valori d’insieme e gli obiettivi comuni che ispirarono il lungo e faticoso cammino dei padri costituenti e fondatori degli stati uniti d’Europa.

Ma di quali stati uniti d’Europa oggi si sta parlando, se ci sono lacerazioni e sussulti di negazionismo, con lotte violente degli uni contro gli altri? Così non va!

Bisogna sapersi ravvedere e saggiamente avviare quel cammino comune da tanti sognato, ma di fatto sempre negato.

Questo cammino ha un’anima; è quella dei popoli d’Europa che attendono di vivere veramente uniti, nel civile rispetto di tutti con prospettive di sviluppo possibile per l’intera unione fatta di uomini e non di sola moneta usata per fini di parte assolutamente poco nobili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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