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MEGLIO TARDI CHE MAI

📅 giovedì 7 giugno 2012 · 📰 AmbienteCilento

foce mingardo art abbate 07062012
Credits Foto OpEd

foto autoredi Paolo Abbate | Blog

Ne è passato di tempo, ma finalmente qualcuno sarà chiamato a rispondere dello scempio ambientale della foce del fiume Mingardo, del suo corso, dell’Arco naturale.

In quell’area suggestiva del Parco nazionale insistono ben cinque Siti di importanza comunitaria e una Zona a protezione integrale. Vincoli a carattere nazionale ed europeo, non capricci di ambientalisti irrispettosi di necessità di lavoro e sviluppo economico dei “nativi”, e non solo di questi.


E’ fresca la notizia, riportata dalla stampa, che Romano Speranza ex sindaco di Centola, tre funzionari del Genio Civile e undici titolari di concessioni sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Vallo. E avranno un regolare processo dove i giudici stabiliranno se sono colpevoli , o no, di aver rilasciato autorizzazioni a compromettere luoghi con alto valore naturalistico e paesaggistico, che appartengono all’Umanità.

Dunque le denuncie avanzate nel 2010 si sono sostanziate in rinvii a giudizio.

Tutto, possiamo dire, cominciò in primavera del 2007 quando ecologisti attenti al territorio indirizzarono alle autorità responsabili e alla procura segnalazioni e esposti su gravi compromissioni effettuate nell’area del Mingardo. Costruzioni di spiaggia artificiale, lavori con pale meccaniche per dragare il fiume, banchine di attracco lungo il fiume e costruzione di pensilina in legno per passare sotto l’arco. A novembre una parte della volta dell’arco franò ostruendone con grossi massi il passaggio. E meno male che non avvenne d’estate con i turisti che transitavano numerosi. Questa frana fu sicuramente la ragione principale che fece scattare l’attenzione sul degrado dell’area protetta.

foce mingardo e arco naturale


Per “salvaguardare l’incolumità pubblica e privata” le autorità si mossero subito costruendo un passaggio in acciaio, quindi sicuro a parer loro, e tutto continuò come prima, fino a quando nel giugno del 2010, dopo un indagine di molti mesi, la procura mise tutta l’area sotto sequestro: Arco, foce, banchine d’attracco di motoscafi lungo il fiume, sito d’importanza comunitaria, lo ricordiamo, dove «Le stesse attività di transito ed ormeggio di natanti da diporto e da pesca sono in contrasto con le norme di tutela ambientali e naturalistiche vigenti sull’area in causa», fa sapere il Corpo Forestale dello Stato. Chi aveva la responsabilità di tutti questi illeciti contro l’ambiente? Furono,secondo la procura, quelle 17 persone tra amministratori, tecnici del comune e 11 titolari di concessioni,oggi rinviati a giudizio.

Nel frattempo erano successi anche altri fatti gravi come, per esempio, l’aggressione di due ecologisti della Lipu colpevoli di fotografare gli abusi in corso. Uno finì all’ospedale.

Tornando al maxisequestro , il sindaco, ma anche il Presidente del Parco, protestarono contro questa ingiustizia che metteva a repentaglio l’economia del territorio. Il sindaco minacciò addirittura di uscire dal Parco, ente inutile, ma che diventa molto utile quando serve come ritorno d’ immagine turistica.
Dopo il sequestro, ignoti tolsero abusivamente i sigilli e continuarono in sordina le attività consuete.

Adesso le spiagge, escluso l’Arco pericolante, sono state dunque riaperte ai turisti. Si auspica tuttavia che non siano ripetuti gli abusi perpetrati negli anni passati. Per le aree a protezione integrale occorrono infatti autorizzazioni degli enti pubblici come parco e regione previo presentazione di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per tutelare i valori naturali e paesaggistici, patrimonio di tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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