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ANCHE NEL 2014 L’ITALIA CRESCERA’ MENO

PAROLA DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

📅 venerdì 14 febbraio 2014 · 📰 EconomiaSalerno

14022014 economia italia
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foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

Stando alle stime del FMI l’Italia crescerà meno; la crescita presunta per il 2014 si attesta intorno allo 0,6%.
Intanto che continua a crescere la sofferenza economico-sociale italiana, l’Europa corre sempre più inevitabilmente il grave rischio della deflazione, facendo male da morire soprattutto alla parte più debole dell’eurozona.
Nelle previsioni del FMI nel 2014 avremo una crescita del PIL pari al 3,7 per l’economia globale; le economie avanzate si attesteranno al 2,2; gli Stati Uniti al 2,8; l’area euro all’1,0; la Germania all’1,6; la Francia allo 0.9; l’Italia allo 0,6 (pari alla Spagna); il Regno Unito al 2,4; la Russia al 2,0; il Brasile al 2,3. La crescita più alta è della Cina con il 7,5

Sono queste le previsioni FMI, World Economic Outlook gennaio 2014.
Trattasi di previsioni ancora da lacrime e sangue per il nostro Paese dall’economia sempre più amara.
Come facilmente evidenziabile, l’Italia nel contesto più generale dell’Europa, cresce sempre meno; l’eurozona, purtroppo, non è in buona salute.
Il suo bisogno economico-sociale determina, tra l’altro, un crescente rischio di deflazione, con conseguenze drammatiche soprattutto in realtà come quella italiana, dove i minori consumi e la contrazione della spesa, si traducono in altrettante minori opportunità di lavoro e quindi di occupazione, in modo particolare per il mondo giovanile sempre più dal futuro negato, con un grave, diffuso e crescente abbassamento della qualità della vita.
Tutto questo ci rende difficile non solo il futuro, ma anche il presente; tutto questo è parte di quei mali italiani dei quali non si sa assolutamente come poterne uscire; come guarirne.
Tutto questo è sempre più innaturale per un Paese come il nostro; nel DNA italiano ci sono risorse assolutamente positive.
Nonostante questo, il malessere italiano, da noi è sempre più di casa.
Tanto perché non riusciamo come dovremmo, a fare tesoro delle nostre risorse; delle tante nostre meravigliose ricchezze che sono comprese nell’insieme del capitale umano e del patrimonio storico-culturale ed ambientale, un patrimonio dormiente, abbandonato a se stesso ed assolutamente privo della forza necessaria per diventare una grande risorsa per lo sviluppo italiano, ammalato anoressico, per le forti responsabilità dell’umano italiano e soprattutto dell’umano italico politico, ormai indifferente ad essere attivamente protagonista di futuro, per nuove prospettive italiane, assolutamente possibili e dovute alle nuove generazioni.
Molti e radicati sono i mali italiani; trattasi di mali che, purtroppo, fanno tanto male al presente e non fanno sperare a niente di buono per il futuro che, da tutte le parti, con fuochi incrociati, ci si fa in quattro per cancellarlo, per negarlo soprattutto alle nuove generazioni, vittime dei tanti ladri di futuro che sono maledettamente indifferenti all’intergenerazionalità ed al miglioramento umano genitori - figli.
Le nuove generazioni italiane più sono acculturate più hanno concretamente possibilità di entrare nel mercato del lavoro.
Abbiamo, infatti, in Italia l’80,6% di occupati fra i laureati; i diplomati sono occupati al 74,4%, mentre i giovani con il solo titolo di studio della terza media rappresentano il 52,5% della forza -lavoro.
Purtroppo nel sistema italiano c’è, con grave danno per tutti, una scarsa mobilità sociale; c’è, soprattutto, una scarsa attenzione per il merito e le capacità individuali di ciascuno senza i riconosciuti presupposti base per sviluppare quotidianamente i contesti, i processi, i sistemi organizzativi, ossia tutte quelle possibili variabili dell’innovazione che portano con sé lo sviluppo umano e la crescita socio-economica dei territori, attrattori dei processi dinamicamente in movimento.
All’Italia, per lo sviluppo italiano, occorrono vie nuove; occorre creare nuove filiere d’innovazione, che diventino poi le vie di sviluppo possibile per tutti quelli che verranno.
Occorre al nostro Paese al più presto la liberazione da quel cappio al collo rappresentato dal vincolo mortale per lo sviluppo italiano del 3% del deficit rispetto al PIL.
È, questa, una scelta macroeconomica dettata dai potenti dell’eurozona che ci porta inevitabilmente al fallimento annunciato.
Crescerà, infatti, la disoccupazione; cresceranno le saracinesche abbassate; crescerà, in lungo ed in largo per l’Italia, la disperazione italiana e con questa anche il numero dei suicidi eccellenti che hanno l’imprimatur proprio nello Stato italiano, assolutamente incapace di difendere la vita dei suoi cittadini, in più occasioni condannati a morte proprio dall’indifferente invivibilità di chi governa il Paese e non sa fare in pieno il proprio dovere di governance, garantendo prima di tutto, il diritto alla vita degli italiani, di tutti i cittadini italiani, vittime di un malgoverno che pensa sempre più e solo alla propria sopravvivenza.
L’Italia crescerà meno e quindi avrà inevitabilmente un minore sviluppo per colpe italiane da parte di chi agisce per il proprio egoistico bene, per il bene della casta a cui appartiene, manifestandosi indifferente al bene italiano che, la buona politica, la buona etica, dovrebbe mettere al primo posto.
Purtroppo, non è così; purtroppo, questi dannati figli dell’apparire italiano, sempre più indifferenti all’essere, sempre più marginalmente attenti ai valori umani ed alla cultura, vanno diritti per la loro strada a cercare per sé i tanti privilegi di casta, approfittando del potere di cui dispongono che si tengono ben stretto, al fine di vedersi accrescere la propria ricchezza, il simbolo maledetto del proprio ruolo che non è finalizzato al bene della gente, ma sempre e solo a se stessi.
È questa l’Italia e/o l’Europa che vogliamo? È questo il mondo che pensiamo sia giusto trasferire in eredità al futuro delle nuove generazioni? Non può essere assolutamente questo.
Non possiamo pensare di trasmettere a quelli che verranno il malseme delle nostre negatività umane; così facendo, non facciamo altro che lasciare in loro eredità un solo mondo di sepolcri imbiancati, con noi caini, ultimi protagonisti di un futuro negato.
Che fare? Ribellarsi a chi, da caino, con il proprio egoismo, pensa come fatto giusto quello di costruire alle generazioni che verranno un futuro senza futuro; un futuro, sempre più dai diritti negati e dalla disumanità diffusa, fortemente radicato nella mala Italia, dove in tanti hanno pensato a costruire le vie dell’illecito sulle ceneri di un passato italiano ancora trasudante di barbarie e con un forte impatto negativo per i tanti che sono attivi alimentatori di discordia ed altrettanto attivi guastatori della pace sociale, un bene nel nostro Paese sempre più raro, da vero e proprio, frutto proibito.
Nella sofferenza economica e sociale dell’Italia, c’è, tra l’altro, un’incompiuta. È quell’unità d’Italia imperfetta per cui il Nord è rimasto sempre e solo il Nord che si è avvicinato sempre più all’Europa che conta ed un Sud che è scivolato verso l’africanizzazione sia antropologica che economico-sociale, con un grave ed irreparabile danno, non tanto e solo a termine, ma anche e soprattutto di lunga durata, con gravi negatività per il futuro delle nuove generazioni.
Oltre a tutto questo la mancata unità ha indebolito l’Italia, sia del Nord che del Sud, lasciando ceneri che hanno ovunque inaridito gravemente il suolo italico che sperava nel miracolo dell’insieme italiano, un miracolo che non c’è stato per gravi responsabilità sia degli italiani del Nord, fortemente legati alle loro origini che dell’Italia del Sud che ancora oggi grida all’invasione piemontese, ai tradimenti per un tragicomico ed assurdo convincimento secondo i fanatici di Franceschiello, che si stava meglio, tanto meglio, con i borboni, campioni di umanità e protagonisti di progresso e di benessere per un popolo protagonista di libertà e di civiltà.
Sono tesi queste facilmente confutabili e così malcongegnate che hanno in sé il valore dell’assurdo, nonché di una farsa da vero pulcinella napoletana.
Non è assolutamente così. Non è possibile che ancora ci si attardi a tenere divise le due Italie.
Ad altro c’è da pensare; ad altro c’è da fare.
C’è da subito rimboccarsi le maniche da italiani veri e pensare insieme a progettare il futuro italiano, riempendolo di un’italianità senza se e senza ma e di un fare con al centro il protagonismo italiano, capace di cambiare l’Italia rendendola prima di tutto concretamente unita e governata dalla buona politica che può esserci cambiando; cambiando gli uomini del politichese in uomini del pensiero, delle idee e del fare, pensando tutti insieme ad un’Italia nuova, necessaria per cancellare i mali d’Italia e per rinascere, alimentando quel risanamento italiano di cui l’Italia ha tanto bisogno in questo inizio del Terzo Millennio, creando sviluppo e crescita umana e naturale e cancellando, soprattutto al Sud, le tante culle vuote, espressioni di bassa natalità per effetto, tra l’altro, di mancanza di politiche familiari e di un futuro possibile per le nuove generazioni che vuole più figli, per un futuro umanamente possibile che una mentalità bassa prolunga ulteriormente la crisi, cancellandone sempre più la presenza delle nuove generazioni.

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