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BOSCO DI CORLETO MONFORTE: TRE CONTRASTANTI COMUNICATI STAMPA

📅 venerdì 26 dicembre 2014 · 📰 AmbienteCilento

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foto autoredi Paolo Abbate | Blog

A Corleto Monforte, in località Cozzo del Rosieddo, esiste un bosco di faggi di 92 ettari, a circa 1400 metri di altitudine, dove il faggio trova appunto il proprio habitat ideale. Questo bosco vetusto ricade in un sito Natura 2000, zona Sic (sito di interesse comunitario) e Zps (Zona a protezione speciale).
Tuttavia il suo essere bosco vetusto lo fa rientrare nella zona B2 del Piano del Parco approvato nel 2010. Zona appunto di “riserva generale orientata – citiamo testualmente - alla formazione di Boschi Vetusti: la fruizione ha carattere esclusivamente naturalistico, scientifico, didattico (N), gli interventi sono esclusivamente diretti alla conservazione (CO) e restituzione (RE) delle cenosi forestali al grado di maturità, comprese le opere per la sorveglianza, il monitoraggio e la prevenzione degli incendi. Sono altresì ammessi interventi diretti alla fruizione didattica e gli interventi per il mantenimento (MA) delle attività pastorali”.

Il bosco sembra proprio fatto a posta per rientrare nell’ambito di un progetto dell’ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che inizia così a permettere il taglio di molti faggi. C’è tuttavia una relazione di valutazione di incidenza ambientale della Regione Campania, nella quale per “limitare gli effetti diretti sugli habitat naturali e seminaturali – è il CTA di Vallo della Lucania che parla - nonché sulla flora e sulla fauna selvatica, gli interventi non debbono eseguirsi durante la stagione riproduttiva delle differenti specie di fauna e senza recare comunque disturbo e pregiudizio alle stesse ed agli habitat tutelati”. Il taglio andava effettuato quindi in un periodo diverso e pertanto scatta il sequestro del CFS il 29 luglio 2014.

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Il Corpo forestale dello Stato non ha fatto altro che il suo dovere. Infatti “è quotidianamente impegnato a preservare e difendere il patrimonio boschivo del verde Cilento” dichiara il Vice Questore Aggiunto forestale Fernando Sileo, responsabile del CTA di Vallo della Lucania, “e continueremo nell’azione di prevenzione e controllo di gestione dei boschi, affinché venga rispettata la vocazione e la destinazione naturale delle aree e siano puniti gli interventi in contrasto con gli strumenti di pianificazione e gestione del territorio” (primo comunicato stampa).

Interviene a questo punto il sindaco di Corleto Monforte (secondo comunicato stampa) che dichiara con forza che il comune è estraneo alla vicenda e si dichiara “ anzi parte lesa ”. I lavori del taglio dei faggi “rientrano nell’ambito di un progetto dell’ente Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni per un importo di 1 milione 300 mila euro, che riguarda i boschi vetusti. Il progetto è stato avviato ed i lavori sono stati affidati ad una ditta di Vallo Scalo, e prevedevano la realizzazione di sentieristica e l’avvio dell’area a bosco vetusto per il quale si rendeva, di conseguenza, necessario il taglio di quelle piante non idonee a consentire il raggiungimento delle finalità di progetto”.

Detto tra parentesi Corleto è un paesino meraviglioso dove esiste anche un museo naturalistico, del quale ne ho parlato tempo fa.

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Il Parco però ha stanziato per questo progetto molti soldi, e affidato a professori importanti la realizzazione del progetto stesso. Il Gip del Tribunale di Salerno, in data 30.07.2014, accogliendo l’istanza del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dispone così il dissequestro dell’area boscata denominata “Cozzo del Rosieddo”.

Il direttore del parco comunica (terzo comunicato stampa – pubblicato il 1 agosto) che: “Possono così continuare i lavori per il raggiungimento degli importanti obiettivi prefissati da una gestione, moderna e scientificamente riconosciuta a livello internazionale, di alcune aree boscate del territorio del parco, genericamente individuata con il termine “boschi vetusti” .

I Parchi Nazionali – continua il direttore - rappresentano “contesti operativi ideali per la sperimentazione di interventi selvicolturali mirati ad accelerare i processi di diversificazione strutturale e diversificare la struttura e la composizione delle faggete; a incrementare la presenza delle specie forestali target (tasso, agrifoglio o abete bianco); creare necromassa e microhabitat per aumentare la biodiversità di alcuni taxa d’interesse conservazionistico (piante vascolari, licheni epifiti, uccelli, funghi e coleotteri saproxilici“ .

Si tratta – ribadisce il direttore - di “interventi diversi dalla visione tradizionale della coltivazione del bosco, che consentiranno, nel tempo, una diversificazione strutturale dei boschi ed un incremento della biodiversità, con benefiche ricadute per tutte le specie esistenti all’interno dell’area boscata, così come più volte sottolineato dal prof. Carlo Blasi, Direttore del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università la Sapienza di Roma, ed autore delle suddette previsioni all’interno del piano del Parco del Cilento”.

Forse saranno pure importanti questi interventi di “sperimentazione scientifica” su boschi vetusti dei quali ricordo la bellezza e l’imponenza - si tratta di sperimentare un “addomesticamento” della natura selvaggia dei boschi?- Ma ciò che mi rende perplesso è la cifra stanziata per questi obiettivi sperimentali: un milione e 300mila euro.
Inoltre mi rende altrettanto perplesso la realizzazione della sentieristica nel bosco vetusto. Mi ricorda tanto le passerelle sulla duna della Cala del Cefalo, della cui fine ne ho parlato in un articolo precedente.

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