ABOLIRE LA CACCIA SI DEVE
di Paolo Abbate | BlogCominciamo col leggere questo messaggio apparso il 7 maggio 2002 sul forum del sito web della LAC, Lega Abolizione Caccia:
"Buonasera nemici della caccia, sono un cacciatore sfegatato e mi sembra molto giusto che nelle scuole bresciane insegnino la CACCIA. L' uomo fin dall'antichità è cacciatore ed è grazie alla caccia che è sopravvissuto. Sono contento perchè voi non riuscirete mai a chiuderla. E' una cosa troppo importante”.
Per un cacciatore, almeno per quelli che vanno a caccia come gli ultras vanno allo stadio, la caccia viene al primo posto sempre e ovunque. Tanto è vero che allorquando nel novembre 2001 in Umbria si verificò un incidente mortale dietro l'altro, il presidente nazionale della Federazione italiana caccia dichiarò: "Proibire la caccia? Assurdo, non si aboliscono le autostrade per via degli scontri d'auto".
Il fatto che i cacciatori siano più che rappresentati dai senatori e dai deputati è confermato dal numero dei disegni di legge presentati per modificare l’attuale legislazione e cioè la legge 11 febbraio 1992, n. 157, che appare troppo restrittiva e limitante per le esigenze del mondo dei cacciatori che è costretto addirittura a recarsi all’estero per poter esercitare meglio il diritto a questo sport.
Uno Sport dunque. Chi pratica infatti la caccia la considera uno sport nobile che avviene a contatto con la natura. Ma “E’ assurdo che uccidere con fucili di precisione animali inermi che non possono difendersi sia considerato uno “svago”. E’ un’attività violenta fondata sulla sofferenza e sulla morte, che in molti casi si rivela particolarmente atroce. I cacciatori stessi ammettono che circa la metà degli animali non muore subito ma fugge in preda a grandi dolori. Molti soffrono pene strazianti imprigionati nelle trappole per ore e giorni, fino a quando muoiono di sete o di stenti”, si legge in un comunicato. Uno “sport” che è costato secondo i dati del 2015, molti feriti e morti anche umani.
Li chiamano incidenti. “Eppure dei feriti dell’ultima stagione venatoria, un quarto sono “civili”, ovvero persone estranee alla caccia. Restringendo lo sguardo solo ai bambini, “dal 2007 a dicembre 2015 sono stati uccisi undici minori, 23 i bambini feriti”, sostiene l’Associazione vittime della caccia. Non dobbiamo sottovalutare anche i vandalismi provocati dal passaggio dei cacciatori che invadono i campi – un articolo del codice civile lo permette ancora -. I bossoli lasciati sul terreno e la carica di sostanze inquinanti come il piombo lasciate dalle cartucce sparate, “sono elementi che potrebbero alterare gravemente lo stato di buona conservazione dei terreni per cui scatterebbero le contestazioni degli organi di controllo e l’applicazione delle relative penalità”..
Ma quanti sono in Italia i cacciatori? Secondo gli ultimi dati disponibili, In Italia il numero dei cacciatori registra un andamento decrescente essendo passati da 1.701.853 nel 1980 (3% dell'allora popolazione italiana) a 751.876, nel 2007 (1,2% dell'attuale popolazione italiana) con una drastica riduzione del 55,8% (57,9% in rapporto alla popolazione italiana). Il fatto interessante è che la maggior parte dei cacciatori ha un'età compresa tra i 65 e i 78 anni, e l'età media è in aumento. Ecco spiegato perché la caccia è considerata uno sport salutare, all’aria aperta, consigliato alle persone di una certa età!
“ Altro che calo dei cacciatori – si ribatte seccamente nel News caccia del 25 maggio 2015 . Con il 12,4 delle licenze ad uso caccia in più registrate nel 2015, possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo. I cacciatori ci sono ed il loro numero non è in picchiata assoluta” (rivista Armi e Tiro).
Si tratta di quasi 100 mila cacciatori in più rispetto al 2014 (erano 689 mila nel 2014, sono 774 mila nel 2015) – dichiara ancora il News caccia . “Forse che il ritorno alla natura e alla vita genuina di campagna, grazie anche alla valorizzazione delle carni di selvaggina, tanto auspicato dalle associazioni venatorie, si stia realmente realizzando?”. Stranamente però queste considerazioni trionfalistiche vengono contestate dal presidente di Arcicaccia di Siena : “In questo terzo millennio ed in particolare negli ultimi venti anni il numero dei cacciatori in Italia si è praticamente dimezzato tanto da passare dagli oltre un milione degli anni novanta a poco più di settecentomila unità attuali” ( 12 gennaio 2016).
Insomma, la caccia è considerata dai più responsabile della perdita di biodiversità, insieme alla antropizzazione e alla perdita di habitat. “E’ un Paese dove gli animali vengono massacrati senza considerare la loro biologia – dichiara il presidente nazionale della Lipu - , dove per anni le associazioni venatorie hanno abusato dei ripopolamenti causando danni alla biodiversità e all’agricoltura, dove la vigilanza è scarsa nonostante la circolazione di milioni di armi e le numerose vittime di incidenti di caccia, anche estranee all’attività venatoria, dove si assiste nei valichi e nei punti di passo alla strage di uccelli perpetrata da “sparatori” agguerriti, dove si tenta di far entrare le doppiette nei parchi e nelle aree protette”.
Solo nella preapertura di quest’anno la Lipu riferisce che uccelli protetti e in via di estinzione, come l’ Ibis eremita, sono stati abbattuti. Meno male che uno stormo di questi rari esemplari è stato “importato” dall’Austria fino all’oasi di Orbetello, guidati da un deltaplano a motore. Si potranno così riprodursi tranquillamente.

Ma accanto alla strage di selvaggina, è molto importante sottolineare che attorno a questa pratica si cela il business dei produttori di armi, le stesse industrie che riforniscono i paesi in guerra . Non solo: ”Attorno alla caccia gravitano infatti settori meno noti, ma comunque assai rilevanti dal punto di vista economico, quali i viaggi venatori, le aziende faunistico-venatorie, l’agriturismo venatorio, l’allevamento di selvaggina e di cani da caccia, senza contare tutto ciò che riguarda l’abbigliamento, l’editoria specializzata e le molteplici forme di pubblicità oggettistica. Il settore dell’abbigliamento, ad esempio, produce un volume di affari annuo stimabile intorno ai 250 milioni di euro e quello dell’allevamento di selvaggina e di cani intorno ai 750 milioni di euro annui”.
Aboliamo la caccia dunque? Magari con un referendum popolare, visto che 8 italiani su 10 sono contro la caccia? Il primo storico referendum contro la caccia avvenne il 3/4 giugno 1990. Nonostante la maggior parte degli italiani si schierò contro la caccia, il referendum non raggiunse il quorum necessario per consentirne l’applicazione, anche a causa dell’invito a disertare le urne effettuato da quasi tutti i partiti politici. Votò il 43,4 per cento della popolazione e il 92,2 per cento dei cittadini votò contro la caccia. Nel 1997 un altro referendum sulla caccia non raggiunse il quorum . Votò solo il 30,2 per cento degli aventi diritto.
Adesso i partiti e movimenti politici presenti nel Parlamento sono d’accordo ad abolire finalmente la caccia? A 25 anni dall’ultimo referendum,” i Radicali Italiani depositeranno a fine gennaio una proposta per una riforma della legge che tuteli persone e ambiente, racconta il tesoriere del partito” ( ilfattoquotidio.it/2016/01/23).
Speriamo che gli italiani dopo 25 anni abbiano preso coscienza del grave problema della caccia e dei danni che essa comporta.
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