SALERNO — È in un’autoambulanza la chiave di volta dell’inchiesta giudiziaria aperta sull’intervento di mastoplastica additiva che si è rivelato drammatico per Annabella Benincasa, la donna di 35 anni, di Cava de’ Tirreni, da giorni in stato vegetativo. Le indagini, infatti, sono volte ad accertare che tipo di ambulanza è stata utilizzata per trasportare la giovane donna dalla clinica privata Iatropolis all’ospedale «Sant’Anna e San Sebastiano» di Caserta, quando è stata colta da malore. Se era un’unità mobile di tipo A o di tipo B, munita o meno cioè di tutte le attrezzature necessarie al soccorso avanzato (rianimazione).
E soprattutto stabilire quanto tempo è trascorso tra la fine dell’intervento di chirurgia plastica e la decisione di intervenire con il trasferimento della paziente in ospedale. Intanto è stato accertato che sono soltanto tre le stanze della clinica privata casertana sequestrate dai carabinieri del Nas. E non l’intera struttura, come inizialmente era stato detto. Il sequestro, inoltre, non ha alcuna attinenza a fatti riconducibili alla sfortunata donna di Cava. Le cui condizioni restano stazionarie: coma farmacologico ed ipossia, ovvero mancanza di ossigenazione del cervello, assistenza con respirazione ventilata.
L’avvocato della famiglia di Annabella, Michele Avallone, ha chiesto la nomina di un consulente tecnico. Nel registro degli indagati dei pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere risultano iscritti con l’accusa di aver procurato lesioni gravissime il chirurgo Sergio Brongo, l’anestesista Lucio Romandino e un loro assistente.