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LA SCOMMESSA DELLA “DECRESCITA FELICE”

📅 sabato 21 gennaio 2012 · 📰 AmbienteCilento

Serge Latouche studio Pollica
Credits Foto OpEd

foto autoredi Paolo Abbate | Blog

Nel castello medioevale di Pollica Serge Latouche ha illustrato la sua tesi della decrecita, ovvero della necessità ormai irrinunciabile ad aspirare a una migliore qualità della vita..

Quando se non adesso, che sono esplose in modo evidente tutte le contraddizioni della nostra società occidentale dei consumi, di una economia dominata dal mercato finanziario e dalle banche, risulta sempre più attuale la tesi della decrescita: la migliore cura per l’ambiente e la nostra felicità è fermare lo sviluppo.

Pensare infatti che il benessere dell’uomo e della natura sia la crescita dei consumi – che ha purtroppo radici lontane – si è rilevato una follia, che ci ha precipitato nell’insoddisfazione del consumare sempre di più e nella distruzione della Natura, la casa di tutti.

L’80% dei beni immessi sul mercato – afferma Latouche – sono utilizzati una sola volta prima di finire nel secchio della spazzatura. Oggi i paesi ricchi producono 4 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno che avvelenano l’aria, l’acqua, la terra e… l’anima.
Chi ci ridarà la bellezza delle città e dei paesaggi, la purezza delle falde freatiche che ci forniscono l’acqua potabile, i fiumi trasparenti e oceani puliti, l’aria buona da respirare, il sapore degli alimenti che mangiamo? A l’ umanità, naturalmente, ma anche a tutti gli esseri viventi.

Nel ‘700 si tagliava la testa ai re e ai tiranni che toglievano il benessere e la libertà ai loro sudditi per soddisfare i propri. Ma adesso a chi tagliare la testa? Alle banche, ai mercati?
L’idea di decrescita nasce dunque dalla consapevolezza della crisi ecologica sia dalla critica della tecnica e dello sviluppo. D’altronde è ormai una necessità, non una moda. O cambiamo oppure ci teniamo – cosa impensabile – il cambiamento climatico, la fine della biodiversità, l’inquinamento e altro ancora.
Una società della decrescita che preveda cambiare valori e concetti, rilocalizzare l’economia e la vita, rivedere in profondità i nostri modi di uso dei prodotti, deve partire dal basso e non essere imposto dall’alto perché sarebbe un fallimento. Bene dunque che parta dalle comunità locali, come i comuni, come già molti stanno facendo, e dai movimenti di cittadini che stanno muovendosi faticosamente ma con decisione in questa direzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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