Teatro La Provvidenza - Chi è cchiù felice e me - un amore cieco o smisurato?
di Giovanni Mautone | BlogLe cose belle arrivano a chi sa aspettare”, dice un detto. È per questo allora che, tra gli spettacoli di teatro amatoriale, l’ultimo in ordine di uscita in scena per quanto riguarda chi scrive è stato uno dei testi più famosi, più ripresi e più visti del grande Eduardo De Filippo. Una commedia dal retro gusto amaro che parla di tradimenti, presunti o tali, e di sentimenti repressi, mai del tutto portati alla luce. “Cihi è cchiù felice e me” racconta questo ed altro, tutto condito da tanta ironia e tante battute che rendono lo spettacolo leggero, scorrevole e liscio nonostante le due ore di durata.
E sorprende non per mancanza di talento o per scarso contenuto delle battute, ma perché si tratta di un testo conosciuto alla maggior parte dei presenti in sala, appassionati di teatro o meno, che tuttavia si approcciano allo spettacolo in modo assolutamente virgineo, come se sentissero per la prima volta tali battute. Scarsa memoria dei presenti in sala? Bravura dell’autore? O forse bravura degli interpreti in scena, che tengono alta l’attenzione del pubblico sino alla seconda chiusura di sipario.
Sia come sia, non bisogna dimenticare il personaggio forse più “sibillino”, in senso molto metaforico, che la commedia ci presenta: si tratta di Nicola, “uomo di fatica” che da anni lavora alle dipendenze di Vincenzo e che con sua moglie ha subito lo stesso triste destino. La donna puntualmente lo abbandona e poi ritorna a casa incinta di un figlio non suo, che dopo aver dato alla luce lascia alle cure del padre adottivo, suo malgrado. È Nicola a suggerire sin dall’inizio che tutti potrebbero ritrovarsi vittima del destino che ha colpito lui per primo, e che i comportamenti di donna Margherita somigliano in modo molto sospetto a ciò che faceva sua moglie prima di ogni fuga. Ed è Nicola che viene investito dell’arduo compito di portare a conoscenza Vincenzo di quanto accade alle sue spalle, salvo poi l’intervento maldestro e inopportuno di Giorgio, suo compare, che bruscamente porta alla luce tutto il “fattaccio”. Una conclusione enigmatica, che dimostra quanto Margherita tenga a salvaguardare il suo rapporto con Vincenzo piuttosto che cedere alle tentazioni di un uomo che tuttavia potrebbe renderla più felice. E una conclusione che non chiarisce se effettivamente il tradimento sia avvenuto o sia stato solo un maligno pensiero partorito dalla mente del popolo.
Sentimenti che si alternano durante la visione dello spettacolo, come vuole il testo, rendono questa messa in scena degna di plauso e la compagnia degna di un “bravo” a nome di tutto il pubblico in sala. con l’augurio di rivederci presto, per gustare come si deve un altro capolavoro del teatro classico napoletano.









