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MALEDEETTO ANTROPOCENE!

📅 mercoledì 8 giugno 2016 · 📰 AmbienteCilento

08062016 antropocene
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foto autoredi Paolo Abbate | Blog

Leggendo l’ultimo libro di Edward O.Wilson, uscito con Le Scienze di giugno, mi accorgo con sorpresa che a 87 anni il grande biologo americano ha probabilmente cambiato idea sul futuro del nostro pianeta e della nostra specie.

In occasione della giornata dell’Ambiente del 5 giugno il giornale La Repubblica, titolando un interro inserto “l’amore che salverà la Terra”, riporta una lunga intervista con lo scienziato. Ebbene Wilson, dopo una vita passata a studiare e a dimostrare i danni provocati dall’essere umano sull’estinzione delle specie e la perdita di biodiversità, in vecchiaia avanzata diventa ottimista non solo sul futuro demografico del pianeta, ma anche sui consumi pro capite e sulle emissioni di CO2.


“le donne stanno ottenendo indipendenza economica – osserva il biologo – e fanno meno figli; i progressi scientifici e tecnologici ci assicurano consumi minori di energia e risorse; l’opinione pubblica e soprattutto i politici percepiscono ormai il Cambiamento climatico come un problema di vita e di morte”.

Insomma, come folgorato sulla via della vecchiaia Edward Wilson (dal quale ho attinto gran parte della mia cultura ecologica e la consapevolezza delle responsabilità dell’homo sapiens per il degrado del pianeta) dichiara che i più a rischio siamo noi umani e suggerisce come atto d’amore verso l’uomo di adottare quale simbolo di perdita di biodiversità appunto l’homo sapiens ( il giornalista infatti aveva chiesto al professore emerito quale animale suggerirebbe adottare come simbolo significativo per la perdita di biodiversità: un panda come il Wwf, un gorilla di montagna?).

Questa convinzione che solo l’amore per l’umanità ci salverà deriva sicuramente dalla sua posizione di “deista”, che gli scatenò molte critiche nel campo scientifico. Wilson sostenne la teoria che la credenza in Dio, o i rituali delle religioni, siano il prodotto dell'evoluzione darwiniana così necessario come lo è “l’altruismo che è indispensabile per la sopravvivenza delle società umane”. Wilson, che aveva studiato a lungo il comportamento delle formiche e la loro vita sociale, avanza una soluzione originale per risolvere i gravi problemi del pianeta, ai quali tutti gli studiosi, detto tra parentesi, sono d’accordo ad attribuirli all’impatto ingombrante dell’uomo. Destinare metà del pianeta a noi – ipotizza lo scienziato americano – e metà ad una immensa inviolabile riserva naturale dove milioni di specie animali e vegetali possano evolversi in santa pace. Non a caso il suo libro si intitola “Metà della terra, salvare il futuro della vita”. Indica anche dove realizzare questa riserva naturale: luoghi dove la presenza dell’uomo è ancora sopportabile come le alture della Mongolia, il Congo, l’Amazzonia, la Nuova Guinea. Con guardie armate di mitra probabilmente come appunto nel Congo. Wilson è convinto che Il progresso umano potrà realizzare questo sogno ma, secondo me, se le formiche si sono evolute in senso altruista l’uomo non dimostra, fin dalla sua comparsa, di essersi evoluto in questa direzione. Ogni specie infatti è diversa dalle altre e l’evoluzione di esse è solo casuale.

Gli scienziati della natura sono certo essenziali per fornire i dati necessari per comprenderne le leggi, ma sono un disastro quando suggeriscono ipotesi per salvare il pianeta dai danni incalcolabili osservati in tutta la biosfera. Un altro famoso biologo americano, Stephan M. Mayer, propone invece come soluzione drastica di ridurre alla metà la popolazione umana. Non dice come, almeno che non pensi a un meteorite simile a quello che 65 milioni di anni fa fu l’artefice della scomparsa dei dinosauri. Mayer rileva che le specie selvatiche stanno scomparendo per cause antropiche, sostituite da quelle allevate per uso e consumo umano. Una biodiversità dunque domestica creata dall’homo sapiens, Insomma un canarino in gabbia che canta invece dell’usignolo la notte con la luna, sull’albero vicino casa. Che tristezza sarebbe però!

Insomma i dati sul degrado ambientale sono ormai ampiamente dimostrati : l’erosione della biodiversità, l’inquinamento, il consumo di suolo, il cambiamento climatico, la fine delle riserve naturali sono sotto gli occhi di tutti. L’impatto umano ne è il principale artefice e se vogliamo fermare questa tendenza l’unica soluzione possibile è la decrescita della popolazione umana e dei suoi consumi. Il cervello umano deve evolversi in questa direzione ecologica, se vuole salvare il pianeta e se stesso.

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