I PREDATORI DELLA DUNA PERDUTA
di Paolo Abbate | BlogIL “Rapporto Ambiente Italia 2016” di Legambiente sul consumo di suolo delle coste in favore di case, alberghi, parcheggi, lidi balneari, strade eccetera è impietoso a considerare i dati esposti che danno la dimensione numerica del fenomeno dell’antropizzazione diffusa. Ma molto più preoccupante, a mio avviso, è la situazione delle spiagge e delle dune.
Le spiagge e le dune con la loro flora e fauna tipiche stanno infatti sparendo sotto i colpi inflitti dagli interessi privati dell’uomo. Non solo case e alberghi a pochi metri dal mare, ma soprattutto stabilimenti balneari che occupano le spiagge rendendole accessibili solo a pagamento. E’ quanto rivela anche un altro rapporto diffuso dalla Federazione dei Verdi appunto su questi beni preziosi rappresentati dalle spiagge e dalle dune in Italia. “Le spiagge sono d’oro. Sia perché rendono molto di più di qualsiasi investimento, sia perché quelle libere sono sempre più rare. E si sa che quando un bene scarseggia diventa sempre più prezioso e ciò a discapito dei cittadini.”
In Italia sono circa 25.000 le concessioni demaniali legate a circa 12.000 stabilimenti balneari che insistono sui quasi 4.000 km di costa idonea per tale attività. Insomma secondo uno studio della Doxa, gli stabilimenti balneari nel 2001 erano 5368; pertanto, in 15 anni sono praticamente raddoppiati aumentando la superficie di costa cementificata e privatizzata.
L’importanza della duna è nota quale serbatoio di sabbia per la spiaggia in erosione. La duna e l’antistante spiaggia rappresentano quindi un unicum fondamentale in quanto funzionale alla stabilizzazione della spiaggia stessa. Ma l’importanza ecologica della duna non è compresa dai più, mentre la spiaggia considerata dalle amministrazioni locali e dai gestori dei lidi balneari un bene economico prezioso quale fattore importante per la fruizione turistica, tende ad espandersi sacrificando l’area dunale retrostante.
La fascia dunale quindi, così estesa un tempo sulle spiagge della penisola, sta velocemente sparendo insieme alla sua vegetazione psammofila che la caratterizza e la stabilizza.
Galeotta fu la legge e chi la scrisse, si potrebbe affermare parafrasando padre Dante. Certo concedere il demanio marittimo dello Stato ai comuni non fu una bella pensata del legislatore, considerando i danni inflitti al paesaggio costiero e all’ecosistema naturale dal principio di “Sussidiarietà”.
Le fasce dunali di Ascea e di Paestum rappresentano tuttavia un esempio emblematico di come in due comuni sia stato possibile salvare la duna e l’antistante spiaggia, non permettendone l’installazione di lidi balneari. La prima perché Sic nel Parco nazionale, la seconda perché un gruppo di volontari di Legambiente ottenne, pagandola salato, l’autorizzazione a gestire l’oasi dunale.
Quest’anno il Wwf e Parco Marinella stanno cercando di realizzare un progetto, patrocinato dal comune di Vibonati, di rigenerazione di una fascia dunale, che stava scomparendo, in località Oliveto. Nel progetto, oltre alla recinzione con paletti dell’area è prevista una campagna contro l’abbandono delle cicche sulla spiaggia attraverso la sensibilizzazione dei lidi balneari e dei numerosi bagnanti presenti sulla spiaggia libera.
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