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UNA DIVERSA POLITICA DI GESTIONE PER IL PNCVD e A

📅 sabato 17 settembre 2016 · 📰 AmbienteCilento

17092016 parco cilento
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foto autoredi Paolo Abbate | Blog

I Parchi naturali e in generale le aree naturali protette rappresentano un laboratorio dove si sperimenta un nuovo rapporto uomo-natura. Il Parco nazionale del Cilento e V.D., tra gli altri riconoscimenti, come Patrimonio dell’umanità e Geoparco, nella riunione tenutasi a Parigi tra il 9 ed il 10 giugno del 1997, è stato inserito all'unanimità nella prestigiosa rete delle Riserve della Biosfera (MAB) il cui obiettivo è di “mantenere un equilibrio, duraturo nel tempo, tra l'Uomo ed il suo Ambiente attraverso la conservazione della diversità biologica, la promozione dello sviluppo economico e la salvaguardia degli annessi valori culturali”.

Non credo proprio, visto i risultati, che questo rapporto sia stato positivo fino adesso. Lo sviluppo (anche quello definito “sostenibile”) e crescita economica, sostenuti con decisione dalla politica ad ogni livello, si sono rilevati non solo insostenibili, ma dannosi per gli ecosistemi e per le risorse naturali. Nel Parco del Cilento sono stati istituiti 32 SIC e 9 ZPS, segno della importanza della Biodiversità ivi presente. Ma, sebbene la natura selvatica sia patrimonio indisponibile dello Stato e sia tutelata nell'interesse della comunità nazionale e internazionale, e le Direttive europee parlino chiaro, la norma “Tutela e sorveglianza” stabilita dalla 394/91 è stata molto spesso disattesa. Il primo passo fondamentale da affrontare è pertanto il ripristino della legalità nella gestione del nostro Parco.


I parchi naturali sono essenziali per la tutela della biodiversità; altresì il bisogno di natura è sempre più richiesto dalla gente: tanto è vero che sondaggi attendibili dimostrano che la qualità ambientale e l’integrità del paesaggio, nelle risposte degli italiani, superano come elemento di scelta della meta delle vacanze l’hardware del sistema turistico: infrastrutture, strutture ricettive, servizi, presenza di discoteche.

Prendiamo ad esempio il caso della nidificazione della Caretta caretta sulle coste cilentane. Da due o tre anni la tartaruga ha deposto le uova in diverse località marine e migliaia di turisti, italiani e stranieri, sono accorsi ad ammirare lo spettacolo della nascita delle tartarughine. Tutte le specie di tartaruga marina sono considerate in pericolo di estinzione. Le maggiori minacce sono rappresentate da reti a strascico e fisse, ami, plastica, ma il degrado delle coste è la minaccia principale in quanto toglie loro la possibilità di recarsi sulla spiaggia quando devono deporre le loro uova.

Ebbene la sabbia fine delle spiagge più belle del Parco sono state scelte da qualche tempo per la nidificazione. Purtroppo trovano questi habitat prescelti spesso occupati da lidi balneari, sempre più estesi e invasivi della spiaggia libera, tanto da non lasciare che strisce sottili tra l’uno e l’altro. Addirittura si è notato che molti stabilimenti vanno ad occupare la duna retrostante: duna fiorita di giglio di mare, specie protetta. A settembre di quest’anno ci riferisce un amico che tra i lidi delle Saline di Palinuro sono state deposte le uova in tre nidi diversi, ma per mancanza di monitoraggio tra giugno e luglio non è stato possibile agli studiosi di biologia marina di Napoli individuarli e seguire l’evento. Ci domandiamo: quanti altri nidi sono stati scavati dalle tartarughe tra le strutture dei lidi, e quanti sono forse stati distrutti inconsapevolmente dai turisti, o dai gestori?

lidi nel parco


Un parco nazionale non deve forse tutelare e sorvegliare specie in pericolo di estinzione? Eppure nulla è stato fatto in questa direzione, sebbene esista anche un Protocollo d’intesa Parco e Cab che prevede “Azioni attive di tutela e salvaguardia delle zone dunali a monte delle concessioni.”

Ma lungo è il discorso da affrontare per queste spiagge famose per la loro bellezza e per essere Sic e Zps. L’erosione, causata da l’uomo, ne ha esportato decine di metri, posteggi auto ad uso dei lidi (vedi la Cala del Cefalo) sono stati realizzati sotto la falesia protetta, inquinando la duna arcaica e la biodiversità presente, in disprezzo delle norme che ne vietano l’uso per rischio frane dall’Autorità di Bacino regionale Sinistra Sele ai sensi art.1, comma 1 del D.L. 11/06/98 e art. bis della L.365 del 11/12/2000. E frane rovinose sono puntualmente avvenute, tra l’indifferenza delle autorità.

I fatti di mancanza totale di tutela e sorveglianza sono numerosi. Basti pensare alla foce del fiume Mingardo divenuta ormai da anni, malgrado gli esposti e denunce degli ambientalisti, un porto fluviale, in barba alle norme precise del Parco. Tanto e vero che, sebbene il processo verso 17 persone responsabili dell’illecito sia ancora in corso, i natanti a motore circolano nel fiume - un tempo habitat di numerose specie migratorie - inquinandolo gravemente.
Ma consideriamo l’obiettivo assillante dei comuni e del parco stesso dello sviluppo economico del territorio, scelta considerata strategica per l’occupazione giovanile. Si vuole a viva voce incrementare il turismo. Come? Imbruttendo definitivamente paesaggi straordinari che sono la prima attrattiva turistica italiana? Un aiutino in questa direzione arriva anche da i vessilli blu e gialli che sventolano sulle spiagge, invitando a venire e godersi il mare più pulito d’Italia.

Concludendo, se vogliamo cambiare profondamente quel rapporto citato di “Uomo – Natura”, occorre cambiare profondamente la politica di gestione tenuta fino adesso. Non più cioè perseguire la politica economica del libero mercato che vede produzione e consumo di beni con relativo abbandono di rifiuti nell’ambiente. Insomma occorre necessariamente adottare e promuovere “l’economia verde” , o green economy come si suole dire. Economia che ormai è dimostrato produce posti di lavoro e tutela l’ambiente.

Gli imballaggi costituiscono il 35-40 % in peso e il 55-60 % in volume della spazzatura che si produce ogni anno in Italia, e anche nel Cilento. Il Direttivo del Parco nazionale dovrebbe farsi promotore presso le Comunità del parco stesso della strategia “rifiuti zero”, invece di tagliare nastri e promuovere marmellate dei prodotti tipici. Dovrebbe controllare con le varie polizie giudiziarie a disposizione i numerosi abusi edilizi nel territorio protetto. Dovrebbe spendere i fondi europei per diffondere e incrementare le energie rinnovabili in modo nuovo, cioè pannelli fotovoltaici sugli edifici privati e pubblici; l’uso di bottiglie vuoto a rendere, eliminando la plastica che tanti danni provoca nel territorio; l’agricoltura biologica e la vendita km zero, e non buttare soldi pubblici per costruzioni, come il famoso “Osservatorio della migrazione degli uccelli” sul costone del Mingardo (vandalizzato, sequestrato, dissequestrato, abbandonato); per le strane strutture sulla cima del monte Bulgheria che dovevano lanciare un turismo di elite; per Il laghetto con casaletto in legno per l’osservazione degli uccelli sull’ansa del Mingardo che la prima piena del fiume ha spazzato via; per l’ostello della gioventù nella valle sempre del Mingardo, costato fior di quattrini ed abbandonato.

Potrei continuare su fatti e misfatti, denunciati più volte e che dimostrano una visione dominante dell’economia basata sul profitto.

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