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UNITA’! UNITA’! UNITA’! BASTA CON LE VETERE NOSTALGIE BORBONICHE

📅 mercoledì 22 giugno 2011 · 📰 CulturaCilento

sud italia luci satellite notte
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foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

È soprattutto il Sud che non finisce di stupire, facendo un passo in avanti e due indietro.

Oggi che ha bisogno, più del resto del Paese, di unità nazionale, di Europa e di mondo, cerca di risolvere i suoi tanti gravi problemi, rifugiandosi nel passato e volgendo lo sguardo nostalgico verso il mondo preunitario, considerato per tanti versi, un mondo di benessere e di civiltà oscurata ed interrotta, a dire dei saloni antiunitari, dall’”invasione” piemontese, con dirette responsabilità per i futuri mali del Sud da parte di Garibaldi, di Cavour, del Nord padrone che venne al Sud per depredare, per saccheggiare le ricchezze e per impoverire la “ricca” gente meridionale, suddita virtuosa della onorata “civiltà borbonica”.

Nel contesto del Rinascimento borbonico (si fa per dire “Rinascimento”), in primo piano, c’è oggi la Campania ed un suo acceso attivismo neoborbonico affidato soprattutto ai tanti topi di biblioteca che, guarda un po’, attendono proprio le celebrazioni dei 150 anni, per manifestare il loro spirito velenoso contro i piemontesi e contro quell’Unità d’Italia che, a loro dire, fu dannosa per il Sud, allora sviluppato ed altamente civile, fortemente compromesso dall’oscurantismo delle violenti e disumane orde piemontesi.

Bugie! Bugie! Bugie!

Non è così; le condizioni preunitarie al Sud e soprattutto in Campania, erano condizioni di povertà assoluta, di malessere sociale diffuso e di profondo abbandono a se stessi della gente ignorante, analfabeta ed assolutamente priva di risorse per campare.

La nascente borghesia borbonica, quando parla di benessere preunitario al Sud, forse si riferisce a quel ristretto ambito nobiliare che, da eccellente “sanguisuga”, succhiava il sangue dei poveri cristi meridionali che, in condizione di diffusa povertà estrema, di sottosviluppo umano ed ambientale, nel terzo mondo nostrano del Sud, facevano fatica a campare.

Questa è la verità! Questa è la sola sacrosanta verità!

Il Sud preunitario, sotto il dominio borbonico era povero, ignorante e sottomesso.

Doveva lavorare per un padronato del tutto indifferente alle tragedie quotidiane della povera gente.

Gli scenari umani erano veramente tristi.

Dalle città alle campagne c’erano condizioni di disumanità diffusa.

Tasse e gabelle venivano imposte per permettere gli agi di corte e di quell’aristocrazia impomatata che viveva del sangue dei poveri cristi.

Perché non dire la verità? Perché non ricordare che c’era un analfabetismo diffuso che andava oltre il 90%? Perché non dire dei privilegi della rappresentanza a tutto e solo vantaggio di chi comandava e deteneva il potere?

I poveri cristi erano esclusi da tutto; vivevano nella povertà ed assolutamente senza dignità umana.

Nelle campagne c’era un bracciantato straccione alla ricerca di quelle terre che non arrivarono mai; la questione bracciantile del Sud borbonico, trovò soluzione solo e con l’Unità d’Italia, quando stanchi di attendere, i poveri cristi, fecero la loro rivoluzione silenziosa, incrociando le braccia ed emigrando altrove, abbandonando così i padroni di sempre amici ed alleati dei “nobili” e “generosi” borboni.

In questo paradiso terrestre tutto meridionale e campano in particolare, anche la Chiesa, tra l’altro, proprietaria di tante terre da coltivare, mai cedute al bracciantato, costretto per la sopravvivenza a lavorare, accontentandosi di un tozzo di pane nero e di una “vranga di fichi”, svolgeva il suo ruolo di blocco sociale, rendendo difficile ovunque ogni possibile forma di cambiamento e di sviluppo.

Come non ricordare le resistenze della Chiesa all’Unità liberale e laica da cui passeranno i futuri cambiamenti italiani, con condizioni diffuse di sviluppo e cambiamento, protagonista il popolo sovrano?

Di fronte a questi scenari, di fronte a tante tragedie subite da un mondo meridionale di sudditi ignoranti e sottomessi, ci vuole una bella faccia tosta, a non sapere o meglio a non volere riconoscere le tristi condizioni del Sud prima dell’Unità.

Il male, non è quindi quello che verrà dopo con i piemontesi che, unendo l’Italia, grazie alle eroiche gesta di Giuseppe Garibaldi, avviarono anche al Sud quel percorso virtuoso che si chiama Italia unita e che in 150 anni ha dato, nell’Unità, una nobile e generosa identità italiana con crescita umana diffusa e sviluppo sociale ed economico e tanta speranza di futuro possibile per tutti, soprattutto dopo il secondo dopoguerra per tutta la gente del Sud, riducendo le differenze umane e sociali ed integrando il Paese in tutte le sue parti, con meridionali attivamente presenti non solo nel mondo del lavoro del Nord, ma anche nelle professioni e tra la classe dirigente che ancora oggi, per fortuna dell’Italia Unita, opera per il bene del Paese, senza steccati ideologico-territoriali o altre ed infami discriminazioni sociali.

Al Sud come al Nord, si è e si deve essere, prima di tutto italiani.

Sono indignato, molto indignato, per come oggi una inopportuna rappresentanza neoborbonica, che si esprime attraverso la voce di giornalisti e di scrittori, proprio nell’anno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, con nostalgia per un passato assolutamente da dimenticare e che certamente non è la strada giusta da percorre per costruire il futuro, vuole far credere che quel tempo era un tempo addirittura felice per come vivevano le popolazioni meridionali e campane in particolare.

Quel libro dossier “Malaunità. 150 anni portati male” che raccoglie gli scritti inediti (di Pino Aprile, di Lorenzo Del Boca, di Gigi Di Fiore, di Lino Patrono, di Ruggero Guarini e di Jean Noel Schifano ed altri intellettuali nostrani dell’ultima ora che parlano e scrivono usando slogan e parole d’ordine contro Garibaldi il ruba pecore e gli invasori piemontesi, violenti predatori dei ricchi forzieri meridionali), non è un dossier opportuno e quanto meno convincente.

Ci sono, come in altri borboneggianti dell’ultima ora, tante bugie, tante cose inesatte a danno del Sud che Garibaldi unì 150 anni orsono.

Se portati male, non è colpa di chi volle e realizzò l’Unità, per un insieme italiano che, in 150 anni, ha fatto grande il Paese sia al suo interno che fuori nel mondo.

Sono fortemente indignato per quanti e soprattutto per alcuni intellettuali meridionali che fanno delle comparazioni tra i cosiddetti fasti borbonici e le condizioni attuali della gente e dei territori meridionali.

Ma, come si può osare tanto? Come non sapersi accorgere dei profondi cambiamenti sia umani che territoriali in cui, per nostra fortuna si trova oggi il Sud?

Sul piano della qualità della vita, dei beni e servizi, della crescita umana, sociale e culturale, nonostante il profondo malessere in cui vive ancora il Sud, ci sono distanze abissali.

Per nostra fortuna, tutto è profondamente cambiato.

La gente di oggi, nonostante tutto, non è certamente rapportabile a quella dell’epoca preunitaria, dove a dire di alcuni studiosi, il Sud stava meglio sotto i borboni e, con l’invasione piemontese, a loro dire, si sono fortemente aggravate le condizioni, per cui si è avuta una forte depressione socio-economica ed un crescente malessere sociale.

Ma che sciocchezze sono queste! Come pensare follemente che il ricco e felice Sud sia stato espropriato da un Nord rapace e da asso pigliatutto, abbia pensato sempre e solo per sé?

Non è così; il Nord nel corso dei 150 anni della vita del Sud ha dato molto in termini di risorse e di sostegno per far crescere anche il Sud e fare dell’Italia, un grande unico Paese, unito e solidale.

Se, purtroppo, il Sud dal punto di vista umano e sociale, non è riuscito a camminare di pari passo con il Nord, la colpa non è dell’Unità e tanto meno di quel cosiddetto “Nord padrone”.

Le cause del mancato sviluppo del Sud e della crescita della sua gente sono, prima di tutto, cause antropiche di casa nostra, da ricercare soprattutto nella società meridionale, una società fortemente familistica, poco attenta al bene comune ed assolutamente incapace di agire per il bene comune.

Nel corso dei 150 anni, la sofferenza antropica è diventata anche sofferenza umana e sociale, ad un punto tale da produrre situazioni consolidate di malasocietà, figlia di quella politica, alleata di una borghesia canaglia che per autoperpetuare privilegi e potere, non ha permesso al Sud di crescere, tenendone sottomessa la sua gente, nel ruolo di clienti, di sudditi assistiti e proni alla politica potere.

Altro che revisione per esaltare le tante “virtù” borboniche!

Per pensare tutti insieme al bene del Sud e più in generale al bene del Paese Italia, bisogna saper leggere il passato e da questo passato prendere quello che realmente serve per costruire il futuro che, lontano da inutili e pericolosi sogni proibiti per i borboni, deve innanzitutto sapersi preoccupare dell’uomo italiano, in una visione fortemente unitaria, capace di guardare all’Europa, all’Occidente, al Mediterraneo ed al mondo, per fare anche del Sud quel mondo nuovo, assolutamente possibile se si sa progettare, guardando alle risorse sostenibili, ai saperi ed a quei valori che sono, una grande ricchezza per cambiare, nel rispetto degli uomini.

Oggi, considerando assolutamente marginale, l’inappropriata revisione storica, partendo dai borboni, bisogna capire l’importanza dell’Unità d’Italia e promuovere l’italianità come valore che deve unire le diversità italiane, rafforzandone l’insieme italiano, assolutamente necessario per affrontare le frontiere dell’insieme europeo e dell’insieme mondo che ci sta davanti e che segnerà in modo rivoluzionario la vita dell’uomo ed il corso della storia nel Terzo Millennio, un millennio che già a partire dal secolo appena iniziato, avrà di fronte il grande obiettivo globale della Terra-Stato e della società-mondo.Giuseppe Lembo

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