Teatro Parmenide - “Napoli, si salvi chi può” - Puntiamo al Massimo
di Giovanni Mautone | BlogPotremmo riassumere l’intera serata con una sola frase, semplice e conosciuta dai più: l'attesa del piacere è essa stessa piacere. Una citazione di Gotthold Lessing impropriamente riportata qui, che tuttavia può dare un’idea delle sensazioni e del sentimento che accompagnava gran parte del pubblico del Teatro Parmenide ieri sera all’uscita dalla sala, ma che potrebbe apparire fuorviante a chi non fosse stato presente. Nessun linguaggio oscuro e cifrato naturalmente, poiché in questa breve citazione si racchiude la delusione per uno spettacolo che, dopo una brillante triade precedente, non riesce a strappare che qualche timido applauso al disorientato pubblico cilentano.
Eppure leggendo su internet, pare che la compagnia diretta da Gigi Savoia sia consolidata da vari anni di esperienza e molto forte sul teatro napoletano. Chi è cchiù felice ‘e me, Non è vero ma ci credo, L’ultimo scugnizzo e molti altri fanno parte del lungo elenco che Gigi Savoia ha offerto in questi ultimi anni al suo pubblico, sicuramente soddisfacendo le aspettative di chi con interesse e passione lo ha seguito nelle sue numerose tournée teatrali. Ma succede anche ai più bravi di fare un passo falso e, a giudicare da commenti carpiti oltre che da parere personale, così è stato ieri sera ad Ascea.
Un introduzione che pareva fosse un semplice saluto del regista al pubblico, corredato da un personale ringraziamento a chi anni fa investì nella struttura che attualmente ospita il complesso Alario dando la possibilità agli artisti di poter esprimere la loro arte diventa invece l’inizio dello spettacolo, come lo stesso regista afferma quando una coraggiosa donna, da centro platea chiede: “Quando inizia lo spettacolo?”, incontrando peraltro il favore di metà sala che le tributa un piccolo applauso. Da qui in poi anche la “bionda signora” diventa parte dello show, interagendo con l’attore e regalando così la possibilità allo stesso di strappare applausi al pubblico, altrimenti difficilmente recuperabili. È la stessa trama dello spettacolo che disorienta la platea: “Si salvi chi può” starebbe ad indicare, secondo quanto affermato ad inizio spettacolo, la capacità del popolo napoletano a “mettersi in salvo” dalle situazioni negative che la vita pone sul cammino quotidiano. Sarebbe stato quindi gradevole vedere sulla scena alcune di queste situazioni. O magari sarebbe stato apprezzabile ritrovare sulla scena quello che nella brochure veniva descritto come “un trio classico della comicità del ‘900 rappresentato dal comico, la sua spalla e la soubrette. Questi attori cantanti saranno accompagnati da tre musicisti sempre in scena e da tre ballerine che renderanno le atmosfere armoniose scandendo i passaggi temporali“.
Invece lo spettacolo si sviluppa sui temi della canzone napoletana e di alcune battutine ad alternanza. Canzone napoletana che si apprezza nel 90 % dei casi, ma non nel caso in cui la canzone in questione venga più volte interrotta da interventi “a braccio”, che oltre a spezzare l’armonia ed il sentimento contenuto nel brano, portano l’attenzione su luoghi da cui poi tornare indietro risulta “faticoso”.
Poche parole da spendere sulla compagnia che sale in scena, soprattutto perché un paio di “attori”, ed il virgolettato è voluto, ben poco possedevano di tale nobile appellativo. Impaccio nei movimenti, rigidità, scarso appeal e un ruolo da coristi muti decisamente non rappresentano le caratteristiche che Strehler avrebbe ricercato nei suoi interpreti. Unica punta di diamante è stato Massimo Masiello, splendida voce, giusta interpretazione dei brani classici napoletani e forte presenza scenica messa in evidenza dalle movenze sicure che l’attore, e qui è lecito definirlo tale, ha dimostrato per tutta la durata dello spettacolo. Un applauso ed un augurio alla sua carriera futura, magari calcando palcoscenici più importanti del modesto Parmenide.
Concludendo, e tornando al nostro di palcoscenico, pollice verso per il quarto appuntamento del cartellone asceoto, che dopo Villaggio e Morgese lascia l’amaro in bocca, ma anche la voglia di riscattarsi con l’appuntamento della prossima settimana.
- 02/03/2013 -
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