Teatro Parmenide - “Questo bimbo a chi lo do” - Sembra facile, ma non lo è
di Giovanni Mautone | BlogOr la squilla dà segno / della festa che viene; / ed a quel suon diresti / che il cor si riconforta.
Citare Giacomo Leopardi, parafrasando il contenuto del suo celebre “Sabato del villaggio” può trasferire l’emozione e l’attesa che il piccolo comune di Ascea sta vivendo da Novembre ad oggi. È proprio di una festa, di un evento inatteso, poco conosciuto e quindi fortemente attraente che si parla, quando si nomina il Teatro Parmenide e il suo cartellone. E tale è lo stato d’animo che volta per volta accompagna chi supera il foyer e accede in sala, pronto a gustare un nuovo spettacolo. Questa volta l’imponenza della scenografia sbalordisce chi entra, e ovviamente crea un’aspettativa ed una curiosità che fremono dalla voglia di essere soddisfatte. Allora ci si accomoda, e si attende il giusto tempo, prima che le luci in sala si spengano, e si accendano quelle sul palco.
Ed ecco che già dalla prima scena capiamo di avere a che fare con il Teatro, quello vero, quello che si introduce nella vita del personaggio e ci mostra di esso la parte più intima, recondita. Ci sentiamo quasi tutti dei voyeur, nel momento in cui capiamo che sulla scena la coppia sta cercando un momento di intimità, qualcosa di privato. Ma di privato a teatro c’è ben poco, ed ecco che infatti una dirompente Veronica Mazza, nei panni di Margherita, entra in scena e riporta questa coppia “nel mondo reale”. Ci troviamo in una clinica di qualità, molto professionale, in cui la priorità è risolvere il problema che il paziente ci pone. Soprattutto quando i pazienti in questione sono noti personaggi del mondo dello spettacolo. Soprattutto quando il problema di cui stiamo parlando è la maternità. Ed eccoci catapultati al cuore dello spettacolo: uno spettacolo che, come ogni Commedia, rilegge in chiave ironica la risoluzione di un dramma vissuto dai protagonisti. Gli elementi ci sono tutti: il dramma, rappresentato dal declino della fama di lei e lui; la soluzione, rappresentata da una maternità che potrebbe rilanciarli sul mercato del gossip, ma che allo stesso tempo rischia di incidere sulla splendida forma fisica di lei, Irena; la via di fuga, ovvero l’utero in affitto.
Ma non è tutto così semplice, o semplicemente, non è tutto. Se la prima scena ci presenta una coppia di personaggi famosi alle prese con i loro vizi e le loro stranezze, quando entra in scena finalmente Eduardo Tartaglia, il nostro Faustino, capiamo che i veri protagonisti della storia sono altri: proprio Faustino e Margherita, una coppia come un’altra, che affronta i problemi della vita quotidiana quali la convivenza con una suocera, la precarietà del lavoro, il desiderio di riscatto, la voglia di avere un figlio ma la consapevolezza di non potergli garantire un futuro. Ed ecco quindi che, parallelamente, un’altra Commedia si svolge davanti ai nostri occhi.
Una ricca trama quella scritta da Tartaglia, che fa riflettere sul dibattito etico – sociale della procreazione assistita e di tutte le sue varianti, fino all’estremizzazione del cosiddetto “utero in affitto”. Ma anche sulla diversa scala di valori che caratterizza la vita di un semplice cittadino o di un personaggio dello showbiz, e che in questo caso essendo diametralmente opposta riesce a trovare un punto di incontro. Da una parte quindi la leggerezza nel pagare un’estranea per affittare il suo utero, dall’altra la consapevolezza della precarietà del lavoro e il bisogno di denaro, che spinge ad accettare questo “contratto” che sfida le leggi della natura. E infine la dichiarazione enigmatica del Dottor Bastone, che a 24 ore dalla gravidanza e dalla “risoluzione del contratto”
instilla in Margherita il dubbio che quel bambino possa essere il suo. Portare a termine il contratto quindi, o decidere di tenere con sé il bambino?
La dura scelta a cui viene sottoposta la protagonista ci riporta quindi al mondo reale, alle scelte quotidiane che affrontiamo, e lascia nel pubblico una maggiore consapevolezza, stimola il pensiero e la discussione. Ed è quando si esce dal teatro con la voglia di raccontare per filo e per segno quanto accaduto in scena, che lo spettacolo ha lasciato un segno positivo sul pubblico. O quando si esce dal teatro e si discute ancora su quale sia la giusta soluzione al problema, che lo spettacolo ha colpito l’attenzione del pubblico. Tutto questo stavolta è avvenuto, anche stavolta la magia del teatro è riuscita a rincuorare i disillusi e a soddisfare i diffidenti.
Sono spettacoli come questi che oltre a soddisfare i palati più esperti, arricchiscono questo “Sabato del villaggio”.
- 09/03/2013 -
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