Teatro La Provvidenza - Chi è cchiù felice e me - un amore cieco o smisurato?
di Giovanni Mautone | BlogLe cose belle arrivano a chi sa aspettare”, dice un detto. È per questo allora che, tra gli spettacoli di teatro amatoriale, l’ultimo in ordine di uscita in scena per quanto riguarda chi scrive è stato uno dei testi più famosi, più ripresi e più visti del grande Eduardo De Filippo. Una commedia dal retro gusto amaro che parla di tradimenti, presunti o tali, e di sentimenti repressi, mai del tutto portati alla luce. “Cihi è cchiù felice e me” racconta questo ed altro, tutto condito da tanta ironia e tante battute che rendono lo spettacolo leggero, scorrevole e liscio nonostante le due ore di durata.
A portarlo in scena questa volta i “TeA – Teatro e Amicizia” di Vallo della Lucania, che ben si destreggiano sulle assi del palcoscenico del Teatro La Provvidenza di Vallo della Lucania dove vengono allestite le mura della casa di Vincenzo, un uomo semplice e prudente al punto da organizzare tutta la sua vita per ridurre al minimo i rischi, i pericoli…e gli sperperi di denaro. Un luogo dove sua moglie Margherita si cura di mantenere l’ordine e il decoro, arrivando al punto da versare dell’acqua colorata al posto dei liquori per non sfigurare davanti agli ospiti, e per supplire in qualche modo alla tirchieria del marito. Da brava massaia e moglie che nient’altro chiede alla vita se non la pace del tetto coniugale e la soddisfazione di Vincenzo; fino a quando giunge in casa, casualmente, il “pericolo” tanto evitato da Vincenzo: Don Riccardo, un prestante giovanotto di bell’aspetto e di grande fascino sfuggito all’arresto dei Carabinieri grazie a Vincenzo, che lo nasconde sotto il tavolo facendogli un favore che poi il giovane non restituirà; anzi sarà proprio Riccardo a rapire il cuore (ma solo esso, a quanto pare) della bella Margherita, che in men che non si dica si troverà insieme ad egli sulla bocca di tutti gli abitanti del piccolo paese, a cui non sfugge l’attimo di debolezza a cui cede la donna nel momento in cui lui le confessa il suo amore. Solo grazie ai tre amici di “affari” e di sollazzo oppure agli strambi compari di matrimonio, che entrano ed escono da questa casa come se fosse un circolo aperto, che Vincenzo scoprirà quanto avviene alle sue spalle ( anche se per ultimo perché come si suol dire “il cornuto è sempre l’ultimo a saperlo”). Tre amici che non mancano di sottolineare i difetti del protagonista e che non sapranno come svelare al loro amico la triste verità che lo vede protagonista a sua insaputa. Due compari che vogliono a tutti i costi dimostrare di essere gente perbene, signori di una certa levatura, ma che alla fine dei conti collezionano figuracce a loro insaputa, scatenando una ilarità in sala che sorprende.
E sorprende non per mancanza di talento o per scarso contenuto delle battute, ma perché si tratta di un testo conosciuto alla maggior parte dei presenti in sala, appassionati di teatro o meno, che tuttavia si approcciano allo spettacolo in modo assolutamente virgineo, come se sentissero per la prima volta tali battute. Scarsa memoria dei presenti in sala? Bravura dell’autore? O forse bravura degli interpreti in scena, che tengono alta l’attenzione del pubblico sino alla seconda chiusura di sipario.
Sia come sia, non bisogna dimenticare il personaggio forse più “sibillino”, in senso molto metaforico, che la commedia ci presenta: si tratta di Nicola, “uomo di fatica” che da anni lavora alle dipendenze di Vincenzo e che con sua moglie ha subito lo stesso triste destino. La donna puntualmente lo abbandona e poi ritorna a casa incinta di un figlio non suo, che dopo aver dato alla luce lascia alle cure del padre adottivo, suo malgrado. È Nicola a suggerire sin dall’inizio che tutti potrebbero ritrovarsi vittima del destino che ha colpito lui per primo, e che i comportamenti di donna Margherita somigliano in modo molto sospetto a ciò che faceva sua moglie prima di ogni fuga. Ed è Nicola che viene investito dell’arduo compito di portare a conoscenza Vincenzo di quanto accade alle sue spalle, salvo poi l’intervento maldestro e inopportuno di Giorgio, suo compare, che bruscamente porta alla luce tutto il “fattaccio”. Una conclusione enigmatica, che dimostra quanto Margherita tenga a salvaguardare il suo rapporto con Vincenzo piuttosto che cedere alle tentazioni di un uomo che tuttavia potrebbe renderla più felice. E una conclusione che non chiarisce se effettivamente il tradimento sia avvenuto o sia stato solo un maligno pensiero partorito dalla mente del popolo.
Sentimenti che si alternano durante la visione dello spettacolo, come vuole il testo, rendono questa messa in scena degna di plauso e la compagnia degna di un “bravo” a nome di tutto il pubblico in sala. con l’augurio di rivederci presto, per gustare come si deve un altro capolavoro del teatro classico napoletano.









