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MARTONE E IL CILENTO

Il profilo di Martone, eccellenza dell'arte teatrale e cinematografica. Il suo attaccamento al filo del passato della "terra dei miti" che si dipana fino a noi, cucendo piccole e grandi storie.

📅 domenica 8 marzo 2015 · 📰 CulturaCilento

08032015 mario martone
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foto autoredi Emilio La Greca Romano | Blog

Dire Mario Martone significa affermare, a pieno titolo, la qualità dell’arte teatrale e cinematografica contemporanea e additare oggi quel maturo signore intellettuale, sulla cinquantina, di buona mostra e maniere, di origine partenopea, ma cilentano di adozione, sceneggiatore e regista di chiara fama che ha firmato opere di notevole spessore e per le quali ha ottenuto favorevoli consensi dalla critica. Ricca appare anche quantitativamente la sua filmografia, fino a divenire stancante nella enumerazione per il lettore impaziente e scarsamente appassionato. Poco per questi, comunque, è la nostra attenzione. Ecco alcuni titoli che hanno visto nel solco del tempo l'interesse e l'impegno dell'artista: “Morte di un matematico napoletano” (1992); “Rasoi” (1993); “Mastronunzio pittore sannita, episodio del film collettivo Miracoli” (1994); “L'amore molesto” (1995); “La salita, episodio del film collettivo I vesuviani” (1997); “Teatro di guerra” (1998); “L'odore del sangue” (2004); “Noi credevamo” (2010); “Il giovane favoloso” (2014). Le opere video teatro: “Foresta nera” (1982); “Perfidi incanti” (1984); “Nessun dove - Studi su immagini di Napoli” (1985); “Il desiderio preso per la coda” (1986); “Prologo a Ritorno ad Alphaville” (1987); “I Persiani” (1990); “Finale di partita” (1996); “Una disperata vitalità” (1998); “I dieci comandamenti”(2001); “Operette morali” (2011). I Documentari: “Nella città barocca” (1984); “Lucio Amelio/Terraemotus” (1993); “Veglia” (1993); “Voce all'intelligenza, episodio del film collettivo L'unico paese al mondo” (1994); “Badolato, 10 dicembre 1995. Per Antonio Neiwiller “(1996); “Una storia Saharawi” (1996); “Appunti da Santarcangelo” (1998); “La terra trema” (1998); “Un posto al mondo” (2000); “Nella Napoli di Luca Giordano” (2001); “Caravaggio, l'ultimo tempo” (2004); “La meditazione di Hayez” (2011).

Mario Martone, fra l’altro, al Teatro alla Scala di Milano, nel 2011, firmò la direzione delle opere liriche “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”. Non mancarono altri allestimenti sotto la sua direzione: “Così fan tutte”, “Le nozze di Figaro” e “Don Giovanni di Mozart”, Matilde di Shabran, Torvaldo e Dorliska e Aureliano in Palmira di Gioachino Rossini (Rossini Opera Festival di Pesaro), Fidelio di Beethoven, e Charlotte Corday di Lorenzo Ferrero.

A tanta fatica non potevano mancare adeguati riconoscimenti. Il riferimento premiale, a suo favore, distingue il settore cinematografico da quello letterario. Egli, infatti, ha ricevuto il “David di Donatello” nel 1993 come miglior regista esordiente, nel 1995 come miglior regista e nel 2011 per la sceneggiatura; in ambito cinematografico un ulteriore importante riferimento è stato quello del “Festival de Cine Italiano de Madrid” nel 2011. Lo stesso anno ha ottenuto il Premio leopardiano “La Ginestra”. Dall’Università della Calabria gli è stata conferita la Laurea Magistrale “honoris causa” in “Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media”. Le motivazioni premiali riscontrano nella personalità di Martone una rara eccellenza nel panorama formativo e della ricerca del Paese. Colpo grosso Martone l’ha fatto, comunque, specie con “Noi credevamo” nel 2010. Il film trova ispirazione all’omonimo romanzo di Anna Banti, (lo pseudonimo della scrittrice fiorentina Lucia Lopresti), opera premiata “Alabarda d’oro” per la migliore filmografia e sceneggiatura. Un film con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Andrea Bosca, Edoardo Natoli. Una autentica narrazione dei fatti risorgimentali, senza alcuna esaltazione, ma intrisi di cruda e profonda delusione. Il film, veramente degno di consenso critico, è’ basato su tre personaggi e articolato in quattro periodi. “Davanti alle teste mozzate dei leggendari banditi Capozzoli, promotori di una rivolta repressa nel sangue dall'esercito borbonico, Domenico, Salvatore e Angelo, poco più che adolescenti, giurano di consacrare la propria vita alla causa della libertà e dell'indipendenza dell’Italia. Qualche anno più tardi, abbandonato il Cilento, i tre giovani amici si affiliano alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, raggiungono Parigi, dove hanno modo di conoscere l'affascinante principessa Cristina di Belgiojoso, fervente patriota, ma anche paladina dei diritti delle donne e dell'istruzione del popolo, e infine partecipano al tentativo di assassinare Re Carlo Alberto e ai moti savoiardi del 1834. Il fallimento di entrambe le missioni marca una profonda crisi nei tre giovani patrioti, acuendo le differenze di classe che già in partenza rendevano diversi Angelo e Domenico, di ceto nobiliare, da Salvatore, umile figlio del popolo”. “Noi credevamo”, uno straordinario pezzo d’arte, vero e raro affresco risorgimentale che si aggiudicò ben sette statuette, nel corso della ricorrenza dei festeggiamenti per il 150 centenario dell'unificazione, è stato dedicato a Ludovico, padre del regista e al compianto Angelo Vassallo, Sindaco di Pollica, barbaramente ucciso.

Il filo del passato del Cilento si dipana fino a noi cucendo storie di ogni tipo. Legando vicende romane ad avvenimenti medievali di rilievo fino ai primi "moti del Cilento" del 1828, con l'insurrezione contro Francesco I di Borbone e i suoi ministri, seguiti vent'anni dopo da nuovi moti antiborbonici, fino all'adesione all'unità d'Italia cui rapidamente seguirono gli anni del brigantaggio postunitario. Martone da anni mantiene un forte legame con il Cilento. La sua dimora è nei confini del territorio comunale di San Mauro, a un tiro di schioppo dalla marina di Acciaroli, posta sulla sommità della collina che, a strapiombo, si apre al lembo tirrenico ove prossima alla vista è quella lingua di terra di “Laczarulo”che protende nel mare. Qui il nostro regista, da anni, ha coltivato sane e genuine amicizie, come quella di Angelo. I segni di questo legame con la terra cilentana sono forti e si riscontrano in diverse sue opere cinematografiche. Speciale location si rappresenta la terra dei miti per Martone. Recentemente, infatti, è tornato a girare un cortometraggio nel Cilento, precisamente ad Acciaroli e nelle località limitrofe. A tal fine ha ripetuto i casting per bambini e adulti per reclutare attori e comparse. Mancava dalla zona dallo scorso settembre quando fu accolto gioiosamente in occasione dell’agrofesta “Settembre ai fichi”, reduce di un nuovo incasso premiale alla Mostra di Venezia con il film “Il giovane favoloso” sulla vita del recanatese Giacomo Leopardi.

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