Giovanni Battista Siciliani, Vescovo della Diocesi Caputaquensis et Vallensis dal 1859 al 1876
di Emilio La Greca Romano | BlogLo scenario storico-sociale registrava un ulteriore conflitto risorgimentale: la seconda Guerra d’Indipendenza che vide la Francia e il Regno di Sardegna schierati contro l’Austria. In questo clima il Concistoro del 20 giugno 1859, su proposto di Ferdinando II, datato 3 maggio 1859, elevava Giovanni Battista Siciliani a Vescovo della Diocesi di Capaccio-Vallo.
Il clima che si respirava nel Cilento dal passato più prossimo all’episcopato di Siciliani, già con le insurrezioni del 1848, non era affatto felice. Era venuta a crearsi una grande frattura tra il clero e la popolazione. La rocca di Laurino fu allora tragico palcoscenico dell’epilogo degli ultimi giacobini.
L’episcopato di Siciliani, considerate le vicende storico-sociali e la sua dichiarata posizione filo borbonica, presentò notevoli difficoltà. Il presule fu costretto in esilio per un decennio, mentre la Chiesa di Vallo, in considerazione delle leggi eversive, dovette subire l’incameramento dei beni ecclesiastici del 1866 e del 1867.
Il novello Pastore ebbe i natali a Campobasso il 12 settembre 1802. Ricevette la Consacrazione Episcopale nella Chiesa dei SS. Apostoli a Roma. Era un minore conventuale. Il 22 agosto 1859 fece ingresso in Diocesi. Fu uomo e pastore dotto e rigido. Si mostrò, come accennato, convinto filo borbonico e guardò con dispiacere gli eventi del 1860.
Le grida di giustizia e libertà garibaldine ridestarono gli animi cilentani. Garibaldi riscontrò un incredibile successo nel Cilento. Il Vescovo Siciliani, nell’implacabile agitazione popolare, in un clima di ampio consenso a favore del generale e fortemente antiborbonico, fra poveri ed emarginati che avevano indossato facilmente e felicemente le camice rosse divenendo rivoltosi e sanguinari, si trovò isolato e annullato fino a sentirsi costretto all’esodo, a seguito degli insulti e delle minacce sempre più preoccupanti e dirette dei liberali vallesi. La sua fedeltà alla Casa dei Borbone delle Due Sicilie attirò forti antipatie da parte dei liberali fino a dover temere della sua incolumità fisica. Intimorito dal clima creato dai rivoltosi Mons. Siciliani pensò di lasciare nottetempo la sede episcopale, ma non gli fu possibile attuare il piano. Un sacerdote, per sua fortuna, gli impedì la fuga. Questi lo avvertì evitandogli il peggio. Alcuni liberali fanatici gli avevano ordito un attentato. Era loro intenzione, infatti, precipitarlo dal ponte di Pattano simulando un incidente. Mons. Siciliani prorogò la partenza. Il 1 novembre 1860 prese la via di Portici e vi restò esiliato fino al Natale del 1866. Solo a tempesta sedata fece ritorno in Diocesi, ma si fermò a Capaccio. Le vicissitudini che interessarono Mons. Siciliani sicuramente gli furono di impedimento nell’esercizio di una azione pastorale serena e lineare, ma di certo gli servirono a rimodulare il suo carattere. A seguito del suo ritorno in Diocesi, con dimora Capaccio, si attivò, infatti, orientandosi in un rapporto col clero e il popolo molto più democratico. I termini della sua vicinanza si riscontrano nei decreti che emanò col suo rientro, in questa fase successiva del suo episcopato.
Trascorso un triennio di dimora in Capaccio, placati gli animi dei liberali, Mons. Giovanni Battista Siciliani, scelse di trasferirsi a Novi. L’anno successivo, nel corso del 1870, dovette ulteriormente ripartire da qui perché chiamato a partecipare al Concilio Ecumenico Vaticano I, ventesima riunione nella storia della Chiesa di tutti i Vescovi Cattolici del mondo. Momento di riflessione pastorale e di trasformazione della Chiesa voluto da Pio IX e indetto ufficialmente nel 1868. La minaccia delle truppe italiane, in movimento verso Roma furono causa di interruzione dei lavori per un intero biennio. Mons. Siciliani, dunque, come membro della Chiesa Universale e Pastore delle anime della Chiesa del Cilento, partecipò a quei lavori conciliari che sancirono il dogma della infallibilità del magistero papale in materia di fede e di morale e il dogma della conoscenza di Dio con la sola ragione partendo dalle cose create.
Nel corso del 1870 il Nostro cominciò ad interessarsi del Seminario. Per meglio comprendere le dinamiche del suo interesse è bene fare una annotazione. Considerato che a seguito del Concilio di Trento la dimora del Vescovo fu collocata a Diano, i novelli Pastori portarono successivamente la propria residenza a Sala Consilina, poi a Pisciotta, poi a Capaccio Nuova e, infine, a Novi Velia. Due distinte Curie si trovavano a Sala Consilina e a Novi Velia. A Teggiano, nel .dicembre 1564, fu eretto il primo Seminario. Nel 1870, in seno all’amministrazione episcopale di Mons. Giovanni Battista Siciliani, il Seminario Vescovile di Teggiano si rappresentò inopportuno nella sua funzione per una duplice tipologia di fattori: era fuori dai confini della Diocesi di Capaccio-Vallo e distante dal cuore della nuova sede episcopale. Siciliani, a Novi Velia, pose la prima pietra di un nuovo Seminario Vescovile. Sarà poi il Vescovo Francesco Cammarota (1917-1935) a proseguire e ultimare la sua opera. Siciliani ebbe cura, anche con una elargizione a titolo personale di 35 mila ducati, di edificare il Palazzo Vescovile e donò il coro della Cattedrale di Vallo.
Lo scenario sociale e politico nazionale, in quest’ultima fase della vita del Vescovo Siciliani, si caratterizzava con le politiche del giovane Regno d’Italia. Sempre più si andavano risolvendo questioni risorgimentali molto importanti come il compimento dell’unità territoriale totale. Seguì l’azione della Sinistra Storica con De Pretis orientata all’attuazione di un programma di significative riforme. Nella penisola si diffuse un clima culturale positivistico, che richiamava gli uomini di cultura a fondare la teoria e la prassi sull’analisi scientifica dei fatti. In questo scenario socio-politico chiuse gli occhi al sonno che non ha domani Mons. Siciliani. Il buon Dio lo chiamò a se il 22 ottobre del 1876, mentre si trovava nell’esercizio delle sue funzioni ministeriali, in santa visita, a Rofrano.
Mons. Pietro Maglione, originario di Eboli, già Vescovo di Cariati dal 15 giugno del 1874, a seguito della morte del suo predecessore Siciliani, dopo un paio di mesi, fu trasferito a Vallo nell’imminenza del Santo Natale di Nostro Signore dell’anno 1876.


© RIPRODUZIONE RISERVATA






