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Si corre ai ripari per il fiume Alento, stanziati 50 milioni

📅 martedì 28 luglio 2009 · 📰 AmbienteCilento

Null
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Attraversa 25 comuni, dopo anni di incuria Regione e comunità locali corrono ai ripari: «È questo il futuro»

SALERNO — Rinaturalizzare un corso d’acqua significa farlo nascere un’altra volta. Dopo averlo «ucciso» con una gestione dissennata, e perciò assassina, del territorio. È il caso dell’Alentum, il fiume del Cilento ricchissimo di storia e di gloria — esisteva (e si chiamava Hales) quando i coloni Focei fondarono Velia, patria di Parmenide e del suo allievo Zenone, i filosofi fondatori della «scola eleatica» — ma avviato a diventare una sorta di pattumiera perché buona parte dei venticinque comuni che si sono sviluppati lungo le sponde hanno sempre ritenuto che il fiume fosse la soluzione ideale per «nascondere» i limiti di efficienza della classe politica e amministrativa locale. In scala il rischio che l’Alento diventi, nel tempo, un altro Sarno è più che reale. Ora, però, si tenta di voltare pagina anche perché i nodi sono finalmente venuti al pettine grazie alla testardaggine di qualche sindaco — in testa a tutti quello di Casal Velino, Domenico Giordano — e del vice presidente della giunta regionale, Antonio Valiante, che è nato e non si è mai staccato da Cuccaro Vetere, uno dei borghi più antichi del Cilento, i quali hanno scalato la diffidenza verso il progetto e stanno per incassare, dopo l’approvazione del protocollo d’intesa con il Consorzio Acquedotti (Consac) e il Parco Naziona­le del Cilento e Vallo di Diano, l’approvazione del proget­to di bonifica. Il tutto reso possibile dalla indispensabile benedizione della Regione che ha inserito il proget­to- Alento nell’elenco delle Grandi Opere. Costo dell’ope­razione: 50 milioni di euro. «Ben spesi — tiene a sottoli­neare Valiante — perché i vantaggi ambientali, paesaggi­stici e turistici che se ne ricaveranno sono di gran lunga superiori».

Con queste assicurazioni dalle titubanze iniziali si è passati ad una baldanza operativa: «A settembre potreb­be essere approvato il progetto di massima che non ri­guarda solo la rinaturalizzazione dell’Alento, ma anche degli altri corsi d’acqua del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Ci stiamo giocando il futuro, insom­ma, e tutti a palazzo Santa Lucia, compreso il governato­re Bassolino, sanno che andremo fino in fondo». Gli altri fiumi beneficati sono il Fiumarella che come l’Alento en­tra nel territorio di Ascea; il Lambro che, con il suo topo­nimo lumbard, si insinua nelle terre che picchiano verso Palinuro e l’Arco Naturale; il Mingardo che ha il suo letto tra Palinuro e Camerota; e, infine, il Bussento che si spec­chia nel Golfo di Policastro. L’Alento, naturalmente, fa la parte del leone. È il fiu­me più grande, 36 chilometri, attraversa un territorio di oltre tremila ettari, e la sua riossigenazione potrà suppor­tare il boom turistico della costa legato al trionfo delle bandiere blu, che sono diventate undici con la «promo­zione » di Casal Velino. Domenico Giordano, il sindaco che guida la cordata per l’Alento, non ha dubbi: «Il Cilento diventa un attrattore turistico a livello europeo solo se l’eccellenza della costa si salderà con un recupero di funzionalità di quelle interne che non può che svilupparsi lungo il fiume». Non si fa fatica a dargli ragione: utilizzando anche l’invaso della diga e le strutture sorte intorno all’Oasi sarà possibile realizzare una serie di attività sportive e ambientali.

Vela, canottaggio, birdwatching favorito dalla straordinaria varietà di uccelli stanziali e di passaggio; pesca fluviale e lacustre; sentieri pedonali, passeggiate a cavallo, trekking, tiro con l’arco e, in aggiunta, la possibilità di realizzare uno straordinario recupero di risorse idriche e un miglioramento sensibile dei corsi d’acqua a tutela dell’erosione costiera. «Siamo sicuri di quello che si sta facendo — dice il sindaco di Casal Velino — e, soprattutto, ci conforta il fatto che solo in questo modo sarà possibile dare più respiro e profondità alla stagione turistiche che ora si «consuma» nei mesi estivi. «Abbiamo fatto approfondite analisi di mercato dalle quali è emerso che gli unici poli di sviluppo sono la rinaturalizzazione dell’Alento e il completamento del porto turistico che vede diventare un marina da cinquecento posti». Il Cilento, insomma, ha deciso di voltare pagina e per farlo volge lo sguardo al passato. «Il nostro nome è legato al fiume (Cis Alen­tum), noi siamo la comunità insediatasi al di qua del­l’Alento, e se vogliamo sederci al tavolo grande dobbia­mo recuperare le risorse migliori del nostro straordina­rio territorio. Il mare cristallino, la dieta mediterranea, ma anche il riassetto ambientale del paesaggio fluviale bloccando il processo di degenerazione in atto». La stra­ordinaria biodiversità del territorio fluviale è stata certi­ficata dalla Cee con l’inserimento nella rete ecologica Na­tura 2000, ma il salto di qualità potrà venire anche dalla consacrazione turistica degli stagni e dei laghetti — rea­lizzati dal Consorzio Velia — nei quali gli uccelli hanno fatto il nido. Parliamo del territorio nel quale, negli anni, si sono insediati le specie animali stanziali nelle zone umide: anfibi, rettili, pesci e perfino mammiferi. Un pic­colo paradiso, insomma, dove si possono ammirare airo­ni, anatre di superficie e, nei laghetti dove l’acqua è pro­fonda un metro e mezzo, le folaghe, le anatre di profon­dità e, dulcis in fundo, insieme all’occhione, la tartaruga palustre, la regina delle zone umide: la lontra. Che, come tutti sanno, è in via di estinzione.

Carlo Franco

Fonte: corrieredelmezzogiorno.corriere.it

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