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Psoriasi: presentato il primo report globale sull'indice di felicità dei pazienti

Stress e solitudine sono i due fattori principali di infelicità per le persone che soffrono di questa patologia cronica

📅 lunedì 4 dicembre 2017 · 📰 SaluteCilento

04122017 Psoriasi
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Stressati e non molto felici. Con una sensazione di disagio che investe i principali aspetti della vita quotidiana. Per lo più supportati dal medico, ma con una scarsa fiducia nell’impegno del servizio sanitario per migliorare la loro condizione. È il ritratto dei pazienti italiani che soffrono di psoriasi, emerso dal World Psoriasis Happiness Report 2017, una delle più grandi ricerche mai condotte a livello mondiale sull’impatto psicologico di questa patologia cronica.

Il Rapporto, realizzato dall’Happiness Research Institute, in collaborazione con il LEO Innovation Lab, un’unità indipendente di LEO Pharma, fornisce un’analisi dei risultati delle interviste condotte online su oltre 120.000 persone affette da psoriasi in 184 Paesi. Il report inoltre ha misurato il gap, o deficit di felicità, tra la popolazione generale e le persone con psoriasi in 19 Paesi, tra cui l’Italia, usando come benchmark il World Happiness Report 2017.

Obiettivo dello studio è quello di fornire a istituzioni, decisori pubblici e servizi sanitari nazionali un quadro generale sul benessere psicologico dei pazienti con psoriasi, per favorire la messa a punto di strategie in grado di migliorare la loro qualità di vita.


Il dato più rilevante della ricerca è che i Paesi che non rientrano tra i top 10 del Report Onu sulla Felicità – Messico, Colombia, Spagna e Brasile – sono invece quelli dove le persone con psoriasi sono più felici.

L’Italia è posizionata agli ultimi posti, collocandosi in 16° posizione sui 19 Paesi considerati. Norvegia e Danimarca, nominati come i Paesi più felici al mondo negli ultimi due Rapporti Annuali sulla Felicità dell’ONU, hanno riscontrato, rispetto ad altri Paesi esaminati, le maggiori differenze in termini di felicità tra la popolazione affetta da psoriasi e popolazione generale, collocandosi rispettivamente al 9° e al 14° posto.

«In questi ultimi anni sono stati compiuti molti passi in avanti nella conoscenza e nel trattamento della psoriasi: nuovi trattamenti oggi ci consentono di trattare più tempestivamente e in maniera efficace le forme medio-gravi – afferma Ornella De Pità, Direttore Struttura Complessa di Patologia Clinica Ospedale Cristo Re, Roma – ma questa ricerca ci conferma come siano ancora molti i bisogni non soddisfatti, soprattutto legati al senso di disagio e imbarazzo, all’impatto sulla vita di relazione specie nelle forme più visibili. Prurito, desquamazione cutanea, arrossamento della pelle, sono tutti sintomi importanti e molto fastidiosi, a cui si associa qualche volta un più o meno lieve grado di invalidità nei movimenti».
In tutti i Paesi, i primi tre fattori dello stile di vita più influenzati dalla psoriasi sono la vita emotiva, l’attività motoria e l’intimità sessuale. Per i pazienti italiani, la psoriasi condiziona nella stessa misura anche gli aspetti professionali e familiari. Per quanto riguarda la relazione tra stress e psoriasi, Colombia, Federazione Russa e Spagna sono i Paesi che registrano i livelli più bassi, mentre in Italia i pazienti con psoriasi dichiarano un livello di stress pari a 21.4, in una scala in cui da 20 in poi si può parlare di stress elevato.

I dati globali dimostrano, inoltre, come la felicità dipenda dal tipo di sintomo che il paziente manifesta. In Italia la desquamazione (un sintomo molto comune), genera un deficit di felicità del 9,46%, mentre a compromettere in misura maggiore il benessere generale è la difficoltà a camminare, con un deficit del 17,8%.

I livelli di felicità non sono connessi solo ai sintomi ma anche all’area del corpo in cui si manifestano. I dati globali della ricerca mostrano una netta differenza tra i sintomi che si manifestano a livello del cuoio capelluto e quelli in zona genitale: nel primo caso, il deficit si ferma a -7,2% (con una punta di -9% per le donne), nel secondo arriva a -12,9% in generale e a -16% per il sesso femminile.

«I sintomi della psoriasi - croste, rossore, desquamazione, difficoltà a deambulare - alterano la percezione dell’immagine corporea della persona che ne è affetta indipendentemente dal grado di compromissione clinica della malattia», dichiara Antonella Demma, Psicologa-Psicoterapeuta, Docente di Scuola di Psicoterapia AETOS di Venezia. «La frattura identitaria che si determina nella persona tra il prima e il dopo l’insorgenza favorisce la comparsa di specifici vissuti, quali rabbia, impotenza, imbarazzo e frustrazione. Il supporto psicologico deve lavorare sull’aspetto sociale e relazionale, aiutando il paziente ad entrare in contatto con l’altro, a vivere le relazioni come una risorsa e una possibilità di confronto».

Aspetti della vita di relazione, come sensazione di solitudine e di disagio, pesano in modo rilevante sulla “felicità” delle persone con psoriasi. In media, il 33% di tutte le persone con psoriasi riferisce una sensazione di solitudine a prescindere da età, severità della patologia e stato socio-economico. L’Italia è tra i Paesi dove le persone con psoriasi avvertono meno la solitudine: la porzione di pazienti che dichiara di sentirsi isolata è del 28%, contro il 48% nel Regno Unito, che è al primo posto. Le percentuali più basse di solitudine avvertita riguardano Portogallo (21%) e Germania (24%).
Il 60% dei partecipanti nel mondo riferisce che la psoriasi influisce sulla sicurezza in se stessi in grado da moderato a estremo nella vita quotidiana. Il disagio è una delle condizioni più diffuse associate alla psoriasi: in Italia, oltre la metà (53%) dei pazienti convive con questa sensazione e i dati peggiorano se si considerano le donne (70%).
«La nostra società è basata sull’apparenza, sull’immagine e una persona affetta da psoriasi porta scritto sulla sua pelle i segni della malattia. E qui inizia il difficile cammino dello psoriasico, fatto di discriminazione e di imbarazzo nell’ambiente lavorativo, scolastico, al mare, in palestra, in piscina, dal parrucchiere e nelle normali attività della vita di tutti i giorni», afferma Mara Maccarone, Presidente ADIPSO, Associazione per la Difesa degli Psoriasici. «I pazienti dovrebbero ricevere supporto dai medici e dalla società, che non deve farli sentire discriminati e stigmatizzati. Soprattutto adesso che sono disponibili cure efficaci, con una concreta speranza di migliorare. Bisogna incoraggiare nei pazienti la volontà di curarsi e di fare i controlli ed evitare che si abbandonino alla depressione».

Un aspetto determinante nello stato psicologico dei pazienti è la qualità dei rapporti con il medico curante e il sistema sanitario nazionale. Chi si sente supportato dal proprio medico sperimenta un deficit di felicità del 3%, chi invece non riscontra comprensione, arriva a un deficit del 21%. In Italia il 51,88% dei pazienti italiani ritiene che il proprio medico comprenda appieno l’impatto che la psoriasi esercita sulle loro vite, mentre il 47% non si sente compreso. Più della metà (54%) non pensa di essere stato informato a sufficienza. Il 64,96%, contro il 52,93% globale, non ha fiducia nel fatto che il sistema sanitario abbia come obiettivo principale quello di migliorare la loro condizione di salute.

A tutto questo si aggiunge la percezione dei pazienti che vi sia in generale scarsa sensibilizzazione sulla patologia. Il 74,13% dei pazienti intervistati a livello globale crede che non ci sia abbastanza consapevolezza pubblica rispetto alla psoriasi e alle sue conseguenze. Questo valore è direttamente collegato con i gap di felicità: chi non crede che ci sia una buona consapevolezza da parte della società, sperimenta un abbassamento della felicità di circa l’11,3%.

«LEO Pharma è da sempre impegnata nel far conoscere questa patologia, che spesso porta con sé stigma sociale, solitudine e problemi relazionali nella vita privata e professionale. Il nostro intento è quello di scardinare la disinformazione e i falsi miti che, ad esempio, la vedono come contagiosa e impossibile da gestire, diffondendo la corretta informazione validata dal mondo scientifico», afferma Paolo Pozzolini, Country Lead di LEO Pharma. «Questa ricerca ci aiuta a capire quali azioni mettere in campo per aiutare chi soffre di psoriasi a vivere una vita più “felice”. Vogliamo continuare ad essere partner di riferimento dei dermatologi, delle istituzioni e dell’associazione dei pazienti per fare in modo che negli anni a venire i pazienti italiani con psoriasi, che oggi dichiarano livelli così bassi di felicità, possano veder migliorare sensibilmente la propria qualità di vita».


La psoriasi

La psoriasi è una malattia della pelle, ad andamento cronico e recidivante, che si manifesta con la comparsa di chiazze rossastre e rotondeggianti, ben delimitate da margini netti. Con il progredire della patologia, le chiazze possono confluire e sono ricoperte di squame di colore bianco-argenteo. La psoriasi può interessare tutta la superficie corporea, ma le aree classicamente colpite sono: gomiti, ginocchia, cuoio capelluto e regione sacrale.
L'evoluzione di questa malattia, per la quale non esiste ancora oggi una terapia risolutiva, è imprevedibile e può procedere attraverso riacutizzazioni, miglioramenti e talvolta anche persistenti remissioni.
È importante rilevare che anche una minima estensione della malattia sulla superficie corporea può essere associata a comorbilità. Numerosi studi hanno dimostrato che non solo vi è un’associazione tra psoriasi e artrite psoriasica, depressione e abuso di sostanze, ma anche che i pazienti affetti da psoriasi presentano una maggior incidenza della sindrome metabolica, e quindi obesità, diabete, patologie cardiovascolari1.

Tipi di psoriasi
La severità della psoriasi è misurata in base all’estensione delle lesioni, al grado di eritema, desquamazione e infiltrazione, alla risposta alle terapie e al grado di disabilità sociale e psicologica2.
Le varie forme cliniche sono:
• psoriasi a placche: è la forma più comune. Le lesioni compaiono a livello del cuoio capelluto, del tronco e sugli arti. Anche le unghie possono essere coinvolte;
• psoriasi guttata: colpisce prevalentemente i bambini e si manifesta con piccole chiazze su tutto il corpo; spesso è correlata a faringite streptococcica;
• psoriasi pustolosa: si presenta sotto forma di piccole pustole che ricoprono aree delimitate (palmi delle mani o piante dei piedi), oppure tutto il corpo;
• psoriasi inversa: è comune nelle persone anziane e colpisce le pieghe (regione ascellare, inguinale e pieghe sottomammarie). Le lesioni possono essere umide;
• psoriasi eritrodermica (detta anche psoriasi esfoliativa): interessa tutta la superficie cutanea che si presenta uniformemente arrossata con desquamazione intensa3.

La psoriasi lieve-moderata
La maggior parte delle persone affette da psoriasi (circa l’80%) soffre di psoriasi a placche, nella forma lieve o moderata. La psoriasi si definisce:
• lieve, quando interessa meno del 10% della superficie ed è controllata con successo dalla terapia locale;
• moderata, quando interessa dal 10 al 20% della superficie corporea o meno del 10% ma con localizzazioni importanti (viso e mani) che pesano sulla qualità di vita del paziente, ed è ben controllata con la terapia locale.
Molto spesso la psoriasi lieve-moderata non viene riconosciuta e adeguatamente trattata. Inoltre, sono soprattutto i pazienti affetti da queste forme a manifestare il maggior grado d’insoddisfazione riguardo alla gestione terapeutica e clinica della malattia, dal momento che le terapie sistemiche, anche in considerazione del profilo di sicurezza per svariati aspetti non ottimale, sono riservate a forme di psoriasi moderata-grave.
La psoriasi può inoltre presentarsi di livello moderato-grave, quando interessa più del 10% della superficie corporea ma non risponde alla terapia locale, o che interessa meno del 10% della superficie corporea ma è presente in aree “problematiche” (cuoio capelluto, mani e piedi); è grave quando coinvolge più del 20% della superficie corporea o meno del 20% ma è instabile, rapidamente progressiva e interessa parti importanti come le superfici palmo-plantari e il cuoio capelluto.

Epidemiologia
La psoriasi colpisce in egual misura gli uomini e le donne, anche se studi sull’incidenza della patologia suggeriscono che tende a manifestarsi più precocemente nella popolazione femminile4.
Nel mondo ne sono affette circa 125 milioni di persone5, pari al 3-4% in occidente, e al 3,1% nella popolazione italiana6.
L’incidenza è intorno ai 6 casi per 10.000 abitanti ogni anno, e appare più alta nei Paesi sviluppati, mentre si riduce tra Neri e Asiatici e in alcuni gruppi etnici, come gli Aborigeni australiani, ed è del tutto eccezionale nei Nativi americani. Tuttavia, le minoranze sono soggette ad ammalarsi nella forma grave e a soffrire di un maggiore distress sociale ed emozionale5.
La patologia può insorgere a qualsiasi età, ma nelle forme dell’adulto è più comunemente diagnosticata ai 20 e ai 50 anni d’età.

Fattori scatenanti
La psoriasi è una malattia a carattere genetico: circa il 30% dei soggetti con psoriasi ha una storia familiare nei parenti di primo grado. La probabilità di ammalarsi con entrambi i genitori affetti da psoriasi è di circa il 40%7.
Molti possono essere i fattori ambientali scatenanti. Tra questi:
• i traumi fisici, come il grattamento, le ustioni, le cicatrici chirurgiche o i traumi accidentali;
• lo stress emotivo;
• l’aumento dell’indice di massa corporea, correlato all’incremento del rischio di manifestare la malattia;
• le infezioni delle alte vie respiratorie, causate prevalentemente dallo streptococco betaemolitico, soprattutto nei pazienti pediatrici;
• alcuni farmaci, ad esempio sali di litio, beta-bloccanti, antimalarici, FANS;
• l’etilismo e il fumo, che spesso accompagnano le forme gravi di psoriasi e sono maggiormente correlati all’insorgenza di psoriasi pustolosa3.

Ripercussioni sulla qualità di vita
La psoriasi incide su gran parte degli aspetti del vivere quotidiano del paziente, dalla scelta dei vestiti alle attività sportive, come ad esempio il nuoto, dove l’esposizione di aree cutanee affette comporta emarginazione ed esclusione. L’impatto negativo della patologia si ripercuote anche sulle attività lavorative e scolastiche e sulle relazioni affettive. La compromissione dell’aspetto estetico può dar luogo a disturbi a livello psichico, affettivo e professionale. Il peso psicologico e sociale che essa impone spesso oltrepassa la gravità del disturbo in sé: più del 60% dei pazienti associa alla malattia una diagnosi di depressione e, di questi, il 10% ha idee di suicidio8.
Le manifestazioni cutanee della malattia, oltre al dolore e al prurito, provocano disagio, frustrazione e vergogna, da cui deriva la perdita di autostima e un senso di stigmatizzazione. I pazienti provano insicurezza e cercano di nascondere agli altri il proprio problema, spesso isolandosi per paura del rifiuto sociale. Questo forte disagio è ulteriormente esacerbato dal pregiudizio, purtroppo ancora diffuso nella maggior parte degli italiani, che la patologia sia contagiosa e questo fa sì che molte persone con psoriasi frequentino esclusivamente persone affette dalla stessa malattia.
La psoriasi può dunque essere considerata a tutti gli effetti una patologia invalidante, per via dell’impatto fortemente negativo sui pazienti che ne soffrono, che può arrivare a condizionare anche i progetti lavorativi e di carriera.

Note
1 Gisondi P. Tessari G., Conti A., et al. Prevalence of metabolic syndrome in patients with psoriasis: a hospital-based case control study. British Journal of Dermatology 20007, 157:68-73
2 Chimenti S., Psoriasis. Firenze: SEE Editrice, 2005
3 Harrison, Principi di medicina interna, 9/2005, ed 16ma
4 Naldi L., Gamini D. The clinical spectrum of psoriasis. Clinics in Dermatology 2007, 25: 510-518
5 National Psoriasis Foundation. Statistics. www.psoriasis.org (03/12)
6 Naldi L., Drug targets inflamm Allergy, 2004, 3:121-5
7 Cfr. http://psocare.agenziafarmaco.it
8 Esposito M., Saraceno R., Giunta A., Maccarone M., Chimenti S. An Italian study on psoriasis and depression. Dermatology 2006, 212 (2): 123-127

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