Il Papa, Mosè, il popolo nel deserto, i serpenti e l’incapacità del popolo di ringraziare chi cerca di trarli fuori dai guai
di Bianca Fasano | BlogLa messa officiata da Papa Francesco questa mattina, aveva lo scopo di parlare della Croce e dell’importanza salvatrice di questa, che assume come simbolo. Per farlo, il Papa si è rivolto alle scritture, come solitamente si fa in Chiesa durante la messa. Ha letto questo passo:
L’ascolto su di me ha avuto anche un altro effetto, ossia mi ha fatto riflettere, ricordando in quante occasioni il popolo di Israele, salvato, secondo le scritture, da Mosè, che lo ha liberato (sempre secondo le scritture), dalla soggezione al Faraone d’Egitto, si sia scagliato proprio contro l’uomo che li aveva salvati e li guidava.
Certo: la strada verso la “Terra promessa” (che il povero Mosè non vedrà mai perché ha dubitato delle parole di Dio) (1) non era delle più facili. Anche oggi, volendo fare un paragone forte, la strada per noi italiani, allo scopo di uscire dalla prigionia del virus e raggiungere la “terra promessa”, della liberazione da questi, non è facile.
Il racconto mi ha fatto pensare a quanto sia difficile per chi detiene un potere (per cui detiene anche la responsabilità di prendere delle decisioni, specialmente senza essere “un Mosè” e senza l’ufficiale aiuto di un dio), essere ascoltato e anche compreso, apprezzato, seguito con fiducia costantemente, dalla cittadinanza.
Intanto: affidiamo la salute dei nostri cari a personale medico ed infermieristico che non conosciamo. Sappiamo che anche loro sono colpiti ogni giorno da “serpenti brucianti” e che nessun Mosè può innalzare un serpente di bronzo sul proprio bastone per mostrarlo loro e neutralizzare il morso omicida.
Però un serpente ce lo offre la scienza: quello che è il simbolo della medicina: Il bastone di Asclepio, l’antico simbolo greco che consiste in un serpente attorcigliato intorno ad una verga.
L’altro simbolo di salvezza ce l’offre la Chiesa: ed è l’immagine di Gesù sulla croce.
Intanto facciamo ognuno di noi la nostra parte cercando di essere più pazienti, nell’attraversare il nostro deserto virale, di quanto facessero gli Ebrei nei racconti biblici.
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