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Covid, con le varianti sono più a rischio i giovani

Le varianti aumentano il rischio di ricovero anche fra i più giovani. L'attenzione degli epidemiologi si concentra sulle tre varianti del virus SarsCoV2 più diffuse in Europa, inglese, sudafricana e brasiliana e indica che tutte, in misura diversa, aumentano il rischio di ricovero anche fra i più giovani. Uno studio, pubblicato da “Eurosurveillance”, rivista scientifica online del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Massimo Clemente, virologo del “San Raffaele” di Milano, mostra le caratteristiche della mutazione indiana, individuata in Italia di recente. Variante individuata in India nel mese di ottobre scorso. "Non rappresenta una preoccupazione, dice Giovanni Maga, Direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Pavia. Non sembra possedere le caratteristiche per scalzare i ceppi già circolanti”.

📅 venerdì 7 maggio 2021 · 📰 CovidCilento

07052021 particelle coronavirus viste dal microscopio
Credits Foto E.L.G.Romano

foto autoredi Emilio La Greca Romano | Blog

Eurosurveillance è una rivista online. Non è una delle tante riviste. La testata sta per Euro sorveglianza. In sostanza è un accreditato Bollettino europeo sulle malattie trasmissibili, è una rivista medica ad accesso aperto che copre epidemiologia, sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie trasmissibili con un focus su argomenti rilevanti per l'Europa. E’ una pubblicazione senza scopo di lucro ed è pubblicata dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Principali tematiche affrontate sono eventi e tendenze delle malattie infettive in Europa, rapporti sugli sviluppi importanti per l'Europa.

E’ uno strumento che si rivolge a tutti coloro che si occupano di epidemiologia, prevenzione e controllo delle malattie trasmissibili, nonché professionisti della sanità pubblica e responsabili delle decisioni a tutti i livelli, medici, microbiologi, veterinari e scienziati in questo campo e membri delle organizzazioni sanitarie competenti. E' on line ad accesso aperto che non addebita commissioni per l'elaborazione degli articoli. Bene, fatta questa premessa qualitativa della fonte possiamo passare alla questio. In questo momento una peculiare attenzione è rivolta a uno studio della rivista datato 22 aprile u.s. L’argomento è coinvolgente poiché attiene all’impatto delle varianti Coronavirus e interessa vari Istituti di ricerca europei, specificamente i casi Covid-19 associati alle varianti di maggiore preoccupazione e di interesse. Gli epidemiologi, nello studio, focalizzano l’attenzione sulle tre varianti del virus SarsCoV2 più diffuse in Europa e indicano che tutte, in misura diversa, aumentano il rischio di ricovero anche fra i più giovani. La ricerca ha analizzato la diffusione delle varianti inglese (B.1.1.7), sudafricana (B.1.351) e brasiliana (P.1) in sette Paesi europei, compresa l'Italia, in tutte le fasce d'età, da 0-19 anni agli over 80. Il fatto che le varianti aumentino i ricoveri, in particolare nei giovani, è una ragione in più, si legge nell'articolo, per "raggiungere rapidamente livelli elevati di copertura vaccinale".

L'esigenza di un'analisi sistematica del peso che le varianti hanno sui ricoveri fra i giovani era emersa in seguito all'osservazione di maggiori tassi di infezione nei giovani in età scolare fatte in Gran Bretagna, all'aumento dei ricoveri nelle persone con meno di 60 anni visto in Germania e ai ricoveri più numerosi per la variante sudafricana segnalati in Danimarca. La ricerca è stata condotta su più di 23.300 casi provocati da varianti, selezionati fra i 3.2 milioni complessivi registrati in sette Paesi (Cipro, Estonia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lussemburgo e Portogallo) nel periodo compreso fra metà settembre 2020 e metà marzo 2021. Dei casi provocati dalle varianti (23.343), quasi 20.000 (19,995) erano dovuti alle varianti che destano preoccupazione, le 'Voc' (Variant of Concern). In tutti i Paesi considerati nella ricerca la variante inglese risulta essere la più diffusa ed è stata identificata in 3.730 bambini e ragazzi fra zero e 19 anni, pari al 19,4% dei casi, in 6.005 giovani adulti fra 20 e 39 anni (31,3%) e in 6.151 adulti fra 40 e 59 anni (32,0%). Inferiori i numeri relativi alle fasce d' età più avanzate: 2.538 casi in quella fra 60 e 79 anni (13,2% e 783 negli over 80 (4,1%). Il rischio di ricovero risulta essere tre volte maggiore nella fascia 20-39 anni e 2,3 volte più alto in quella 40-59 anni, mentre i ricoveri in terapia intensiva erano confrontabili.

Per le altre due varianti i numeri sono molti più bassi, con percentuali diverse nelle diverse fasce d'età. La sudafricana, per esempio, è più comune nelle fasce d'età 20-29 anni (147 casi, 33,7%), e 40 e 59 anni (139,31,9%), poi in quella 60-79 anni (62, 14,2%). nei giovanissimi fra zero e 19 anni (60, 13,8%) e infine negli over 80 (28, 6,4%). Con questa variante il rischio di ricovero è fra 3,5 e 3,6 volte maggiore per i gruppi d'età 40-59 anni (in questa fascia aumentano anche le probabilità di ricovero in terapia intensiva) e 60-79 anni. La variante brasiliana è stata rilevata soprattutto nella fascia 40-59 anni (107, 30,4%) e da zero a 19 anni (79, 22,4%), a seguire nelle fasce d'età 20-29 (66, 18,8%), 60-79 (58, 16,5%9 e over 80 (42, 11,9%). In questo caso il rischio di ricovero aumenta fra 3 e 13,1 volte nei gruppi d'età 20-39 anni, 40-59 e 60-79: i ricoveri in terapia intensiva aumentano da 2,9 a 13,9 volte nei gruppi 40-59 anni, 60-79 anni e negli over 80). Il Covid muta, non è sempre lo stesso. Il Covid di questa primavera non è più quello del periodo primaverile dell’anno scorso. I numeri del contagio in Inghilterra e in India sono una testimonianza indiscutibile di come le varianti facciano il paio con l’incremento dei contagi. Oltre alla VOC (Variante inglese, sudafricana e brasiliana) attualmente la scienza trova d’interesse quella indiana.

La stessa è oggetto di monitoraggio. Speriamo intanto che altre eventuali forme del virus non si rappresentino di elevata pericolosità. Al momento i ricercatori sono coinvolti nello studio delle tre riferite modificazioni della struttura del Coronavirus isolato per la prima volta a Wuhan. Al momento, purtroppo, chi si infetta di Covid “mutato” ha una maggiore probabilità di essere ricoverato in ospedale poiché le varianti sono non soltanto più trasmissibili, ma anche più violente. Nel caso della variante inglese, sostiene lo studio, la probabilità di essere ricoverati in ospedale è dell’11% superiore, mentre aumenta dell’1,4% il rischio che il paziente finisca in terapia intensiva. Nel caso della variante sudafricana, il rischio di ospedalizzazione aumenta del 19,3%, quello di terapia intensiva del 2,3%. Nel caso della variante brasiliana, il ricovero è tra le 3 e le 13,1 volte maggiore nei gruppi di età 20-39, 40-59 e 60-79. Anche nella nostra regione recentemente si sono registrati ricoveri e decessi di persone tra i 30 e i 50 anni.

Altra variante più contagiosa, al momento, è quella indiana. Massimo Clemente, virologo del “San Raffaele” di Milano, ci mostra caratteristiche di questa mutazione individuata in Italia di recente. In realtà non è nuova come può sembrare. Per la prima volta è stata individuata in India nel mese di ottobre 2020. La differenza della variante indiana rispetto alle altre varianti consiste in questo: “Include due mutazioni della proteina Spike, mutazioni che sono già state individuate in altre due varianti sequenziate nel mondo. Ma di fatto non ci sono grandi novità.

Qualcuno ha ipotizzato che la copresenza di queste due mutazioni, che già attribuivano una capacità replicativa alle rispettive varianti, potesse aumentare la capacità replicativa di questa nuova variante indiana e conferirle una particolare capacità di sfuggire agli anticorpi generati dalle vaccinazioni. Ma quest’ultimo aspetto non è stato ancora provato e ad oggi si ritiene che non sia così. E comunque va ricordato che se continuano ad emergere nuove varianti non è perché prima non esistessero, ma perché adesso ci siamo messi a rincorrerle”. Non è poi vero, chiarisce il virologo, che la variante indiana è più contagiosa rispetto alle altre varianti. Non proprio. “L’obiettivo del virus è di eludere l’immunità laddove ci sono molti vaccinati e molti guariti dall’infezione. Il coronavirus Sars-CoV-2 non ha la capacità di replicarsi in tutta la popolazione e per questo motivo deve ‘inventarsi’ qualcosa di nuovo per poter replicare sempre con la stessa efficienza. Così sviluppa queste varianti, per sfuggire alla pressione selettiva imposta dall’immunità. Ma si tratta di varianti talvolta problematiche perché come ci ha insegnato la variante inglese, la madre di tutte le varianti, questa riesce ad infettare di più l’uomo perché aggancia meglio il recettore presente nelle cellule dell’albero respiratorio umano. Però al di là di questo non c’è un pericolo maggiore” Allo stato attuale, aggiunge, “non esistono varianti che sfuggano in toto ai vaccini approvati”. La variante indiana presenta la stessa sintomatologia delle altre varianti. A dire di Giovanni Maga del CNR, la variante indiana è più contagiosa, ma non preoccupa «I vaccini esistenti sono più efficaci del Covaxin, che sembra funzionare anche contro il virus, quindi dovremmo sentirci tranquilli se la variante avesse il sopravvento. (..) "Non rappresenta una preoccupazione, dice il direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. Non sembra possedere le caratteristiche per scalzare i ceppi già circolanti. Non chiamiamola indiana. Le varianti non sono il prodotto di una popolazione, si distinguono in base al Paese dove sono identificate la prima volta".

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