Vallo della Lucania Teatro La Provvidenza Intervista ad Enzo Decaro
di Marisa Russo | BlogMaria Rosaria Verrone: Maestro Decaro, benvenuto a Vallo della Lucania. Lei è l'ideatore e il regista del L'AVARO IMMAGINARIO. mi piacerebbe conoscere ciò che maggiormente l'ha ispirato per questa ideazione.
Enzo Decaro: Intanto torniamo qui a Vallo della Lucania, dopo qualche anno. Ci siamo stati con NON È VERO MA CI CREDO, sempre con la Compagnia di Luigi De Filippo, come questa sera, insieme a Nunzia Schiano e qualche altro attore. Tutto è nato proprio per aver a che fare con i De Filippo che, ad un certo punto della loro carriera artistica, si sono imbattuti con Molière. Tutti e due, Peppino e Luigi De Filippo, hanno fatto Il Malato immaginario e L' Avaro e, seguendo le loro tracce, ci siamo messi anche noi sulle orme di Molière. In realtà ci è interessato di più seguire il percorso di questi viandanti che dal Sud, da Napoli, partivano verso la Francia, non tanto per motivi di conquistare il successo, quanto per sopravvivenza in quanto la dominazione spagnola non permetteva ai commedianti di cantare, eseguire quelle opere che poi hanno dato vita alla Commedia dell'Arte. Ci è piaciuto, idealmente, seguire questa 'Carretta dei comici", tanto cara a Peppino De Filippo, soprattutto seguire le loro storie, le loro vicissitudini, sulle tracce di Molière.
Maria Rosaria Verrone: il messaggio o i messaggi che si vogliono trasmettere?
Enzo Decaro: Ogni epoca, noi che ci lamentiamo di essere nell'epoca peggiore, ha i suoi lati oscuri ma anche le sue luci. Delle epoche vengono tramandate come secoli bui e, come il Seicento, anche giustamente perché è stata un'epoca di peste, carneficine ma è stato anche il tempo di Molière, di De Cervantes, di Giordano Bruno, un protagonista dello spettacolo. C'è Il desiderio di trasmettere che in tutti i tempi ci sono dei bui terribili ma l' importante è che ci sia sempre qualche luce a rischiarare tutto il resto.
Maria Rosaria Verrone: L' Avaro immaginario, come ha avuto modo di sottolineare, è un viaggio nel Seicento, un secolo difficile con epidemie, guerre, violenze, privazioni, ecc. ma anche un secolo pieno di tanta creatività. Ritiene che le difficoltà, le sofferenze siano da stimolo, siano essenziali per l' espressione artistica. Per essere più precisa si crea meglio vivendo la sofferenza o vivendo nella serenità e tranquillità?
Enzo Decaro: Più che altro mantenere un contatto con la propria vocazione, la propria natura. La creatività può sgorgare attraverso la sofferenza e una gioia. Importante che poi l' una e l' altra vengano in qualche modo, vissute, rielaborate e trasformate. Certo, è difficile, anche pensando a questi tempi, che si possa aspettare la creatività vivendo in modo passivo, la passività non ha a che fare con la creatività. Il fatto che vediamo, dal Nord al Sud, i teatri sempre pieni, è una buona indicazione per capire che fare teatro sia un atteggiamento attivo. Con tutta la bontà di queste piattaforme che ci sono dappertutto, magari bisogna fare un po' di attenzione a non abituarsi a diventare "oggetto di questi contenuti" ma essere "soggetto che li sceglie". Altrimenti, come diceva lei, la creatività andrebbe a farsi benedire.
Maria Rosaria Verrone: Ho letto da qualche parte che questo spettacolo è anche un viaggio nella storia, nella tradizione, nell'animo del teatro in continua trasformazione, il teatro si trasforma rispettando i tempi che cambiano. Secondo lei quanto è importante il teatro per la crescita e la formazione delle persone?
Enzo Decaro: Sono 2500 anni che il teatro è l'espressione della società, da quando i Greci l' hanno inventato e poi si è cercato sempre di renderlo vivo. Abbiamo avuto, durante l' esperienza del COVID, il tentativo di clonarlo, anche attraverso via Web ma il teatro lo si può vivere solo a teatro, per la sua unicità si ripete solo nel momento in cui esiste. Ne fa una cosa speciale, il pubblico partecipa e diventa parte integrante, crescendo insieme.
Maria Rosaria Verrone: Spesso ha detto che "ha avuto il privilegio di condividere alcuni anni con colui che è stato la maschera senza maschera più importante nel nostro teatro moderno". In poche parole, lo so quanto sia difficile in poche parole, ma qual è eredità che ci ha lasciato il grande Massimo Troisi? Un artista che rimarrà sempre nel nostro cuore!
Enzo Decaro: Ci sono due problemi. Il primo, non sarebbe possibile in due parole. L' altro problema, credo, non si può parlare di eredità. L' eredità prevede un erede che non c'è e non ci sarà. Come tutti personaggi unici, i prototipi, Massimo ha lasciato se stesso, la sua opera, dei semi di pensiero, delle riflessioni che potranno essere sempre contemporanee ai giovani di ogni tempo. Massimo apparterrà sempre a quelle persone pronte a mettersi in discussione, a guardare le cose belle che ci sono ma senza farsi il problema di denunciare gli aspetti che non piacciono e vanno cambiati.
Maria Rosaria Verrone: Maestro Decaro,io la ringrazio per la sua disponibilità e verrò, dopo lo spettacolo, a salutarla.
Enzo Decaro: Sono io a ringraziare e BUON TEATRO!
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