Marina di Camerota: Musica e fuochi per San Domenico
A Marina di Camerota lo scorso week end spettacoli pirotecnici splendidi a chiusura di due concerti bandistici di livello discutibile
“C'era la banda di Pignataro
che suonava il "Parsifallo"
e il maestro, sul piedistallo,
ci faceva deliziá...”
Due giorni di concerti bandistici a Marina di Camerota, lo scorso week-end, per la sentita festività di San Domenico, che ha richiamato l’intero popolo di appassionati del genere. Il primo giorno il comitato organizzatore della festa che, ha quale referente l’onnipresente sig.Pantaleo, ha proposto la formazione di Corato, guidata dalla ventitreenne Raffella Nunziante, un prodotto del nostro conservatorio e in particolare della trimurti di docenti composta da Luigi Avallone, Vincenzo Cammarano e Franco Cardaropoli. Marcia sinfonica di prammatica che, in verità, ci ha fatto ben sperare per il prosieguo, speranza immediatamente svanita con l’ouverture dell’ Italiana in Algeri, un Rossini, che deve essere un rapimento veloce, come in un frullatore mentale, che ha perduto i freni, il tutto, naturalmente ben sostenuto, pulito, intonato e calibrato, possibilmente con qualche colore, che abbiamo invano atteso. Ben diceva il saggio Haly in quest’opera “Le femmine d’Italia/ son disinvolte e scaltre” ma crediamo lo siano maggiormente coloro i quali affidano l’immagine di una banda, o di una qualsivoglia formazione, non alla qualità esecutiva quanto piuttosto alla meraviglia che può suscitare nel pubblico una ragazzetta con una lunga bacchetta sinfonica nella mano mancina, sbacchettare fuor di tempo con gesto immaturo e assoluta inesperienza di lettura della partitura e di concertazione. Problemi evidenziati anche nel brano successivo, una fantasia sul Rigoletto, in cui si sono presentati al pubblico i solisti il flicornino Bruno Botta, la sua spalla Giuseppe Amabile, il flicorno soprano Vito Princigalli, il flicorno tenore Alberto Barba, e un ottimo Gennaro Crozza, flicorno baritono già della formazione delle guardie carcerarie. “Verdi ignora le parafrasi, s’intromette furiosamente, taglia i nodi con la roncola, e fa scorrere lacrime e sangue esilaranti, piomba sul pubblico, lo mette tutto in un sacco, se lo carica sulle spalle e lo porta a gran passi entro i rossi, vulcanici domini della sua arte”, scriveva Barilli, ma nulla di ciò si è potuto ascoltare da una banda che ha davvero poca amalgama, sezioni disassate, ma che porta anche qualche buon elemento, condannato, naturalmente, a sparire nell’assieme. Il pout pourreè sul Barbiere di Siviglia ha messo in luce il bel flicorno baritono di Crozza, interprete di un Figaro che è riuscito a farci passare sopra allo scioglilingua, che è la caratteristica della cavatina più conosciuta della storia dell’opera “Largo al factotum”. Non possiamo dir lo stesso del flicornino che ha da “gorgheggiare” con decisione e precisione, ponendo molta attenzione all’articolazione e senza troppe concessioni sentimentali. In Rossini il ritmo ha sostanza fonetica, è “parola” sussurrata da strumento a strumento che si personalizza, circola, deve acquistare voce “borghesemente” umana e la direttrice della banda di Corato non è riuscita a comunicarlo, così come il suo massimo solista. Finale con una rapsodia napoletana ottocentesca iniziata con la Spagnola, con cui la formazione si è congedata dal pubblico, ma senza “mossa”. Il giorno successivo, sulla mirabile cassa armonica montata sull’affollatissimo lungomare del porto del paese, si è esibita la banda di Fisciano, diretta da Mario Ciociano, una famiglia musicale di Camerota. Banda particolare questa, poiché il repertorio lirico è affidato ai cantanti.. Quartetto veramente scadente, composto dai soprani Eloisa Perrino e Valentina Iannone, dal baritono e presentatore Massimo Rizzi e dal talentuoso tenore Ivan Lualdi, che ha affrontato interpretando molto liberamente” lo spartito, arie dal Barbiere di Siviglia, da Turandot, un canzoniere napoletano, il tutto sostenuto da una banda esecutrice di arrangiamenti volti più a dar spettacolo che a produrre musica. Una barca senza timone è risultata questa formazione che, voci di corridoio, danno per il futuroGran concerto bandistico “Città di Camerota”, in particolare nella parte finale del concerto, in cui il rullante ha improvvisato liberamente, quasi a far volontariamente rumore, su melodie immortali della tradizione musicale partenopea. Cosa pensare di un paese con fortissima tradizione musicale classica e bandistica che ingaggia formazioni di questo livello che screditano così il suo nome costruito in decenni di riconosciuta produzione musicale? E’ che forse stiamo andando in contro ad un mondo alla rovescia, se dobbiamo vedere talenti quali il flautista Simone Mingo della banda di Corato o il tenore Ivano Lualdi, fare esperienza e rovinarsi in progetti beceri diretti da persone che ne sanno meno di loro, o addirittura docenti di conservatorio e strumentisti di chiara fama, svendersi per raggranellare qualche soldo (!?), o addirittura spettacolari maestri della bacchetta, veri virtuosi del gesto plateale, (ma unicamente di quello) assidersi immeritevolmente e ignominiosamente su cattedre prestigiose che appartennero a compositori che hanno scritto la storia della musica e quella della composizione e strumentazione per banda. Amare riflessioni in un giorno di festa, dissolte dagli splendidi fuochi d’artificio offerti dal comune di Camerota, che hanno illuminato la zona di transito del porticciolo colorando la notte tutta d’a(amare) della perla della costa cilentana.
Olga Chieffi







