L'arrivo di don Carlo Grangetti ad Acciaroli e le prime timide intuizioni turistiche nel secolo scorso
Il territorio cilentano, negli anni ‘50 del secolo scorso, si caratterizzava territorio rurale e prevalentemente agricolo. L’economia della fascia costiera ovviamente si differenziava rispetto a quella delle aree interne; sulla costa l’attività della pesca predominava e si rappresentava importante fonte di sostentamento. L’economia del Cilento, nella metà del Novecento, si attestava di tipo tradizionale. Disagiata era l’esistenza, malgrado la riconfermata fatica sulla terra e sul mare. Le difficoltà diffuse e l’assenza delle opportunità lavorative sul territorio, obbligò all’esodo verso altre regioni. In tanti dovettero trasferirsi altrove in cerca di lavoro. Il tempo era lento e legato al territorio, con un forte attaccamento alle tradizioni locali. Don Carlo capitò nella marina di Acciaroli l’anno successivo all’apertura del primo Club Med, il primo evento chiave sulla fascia costiera cilentana. Proprio a Marina di Camerota, a un tiro di sasso da Acciaroli, si registrò, infatti, il primo significativo e coraggioso intervento in ambito turistico balneare. Il mare era una ricchezza, qualcuno sin d’allora, guardandolo con occhi diversi, riuscì a coglierne lo spessore. Il Club Med nel 1956 portò una ventata nuova; iniziò una trasformazione che sposava il potenziale turismo nella zona, malgrado la scarsità di infrastrutture. Anche il missionario piemontese fu rapito dalla poesia del mare. Le verdeggianti colline cilentane, come gli appezzamenti terrieri interni, contavano folti uliveti; l’economia agricola si caratterizzava specialmente per questa specifica coltivazione. La vita rurale era scandita dai cicli della natura e dalle tradizioni locali. A Don Carlo, mentre guardava il mare come fonte potenziale di crescita, toccò assistette a un massiccio flusso migratorio verso città del nord e altri paesi in cerca di lavoro, soprattutto a causa della povertà e delle limitate opportunità economiche. La zona era ancora poco urbanizzata e con infrastrutture limitate, soprattutto nelle zone costiere più remote. Mentre era iniziata l'avventura del Club Med in un ambiente selvaggio e poco popolato, un'esperienza che portò a trasformazioni graduali, (tanto che in seguito il villaggio si spostò nella vicina Palinuro), le piccole borgate marinare cominciavano a dare i primi segni propositivi di una economia differenziata coi timidi stabilimenti balneari.
Erano gli anni di un turismo embrionale. Acciaroli cominciava a caratterizzarsi, grado a grado, di un turismo balneare di nicchia. Si offriva per le sue attrattive naturali marine e paesaggistiche. Tranquillità e autenticità erano i punti di forza del paese. Era quello di Acciaroli un turismo di mare e per gli amanti della natura, con una costa caratterizzata da spiagge sabbiose e tratti più rocciosi. Su questi fattori bisognava scommettere. A cavallo fra gli anni ‘50-’60 cominciavano a sorgere le strutture ricettive. Aprirono le prime locande o piccole pensioni, ma non certo alberghi moderni. Allora era un turismo di pace che cercava la pace, un turismo che prediligeva il relax e il contatto con la natura e la cultura locale. . Le vacanze cominciavano, pian piano, a divenire accessibili a un numero sempre maggiore di persone grazie all'aumento dei redditi e alla diffusione di trasporti più economici, come il treno e l'automobile. Acciaroli, con la giusta cura, si svelava destinazione emergente. Era tutto il Cilento ancora una destinazione emergente.
Negli anni '50, la pastorale sociale si concentrava sulla promozione dei principi della dottrina sociale della Chiesa in risposta ai cambiamenti, con un forte orientamento verso il mondo del lavoro. Don Carlo Grangetti era un missionario formato e convinto intorno a questa dottrina. Sotto la guida di Papa Pio XII la Chiesa tutta si mostrò impegnata a guidare il progresso della società attraverso una cultura del lavoro personalista e solidale, sottolineando la dignità umana. Don Carlo sposò questo suggerimento della Pastorale sociale e incoraggiò in lungo e in largo l’opera e la crescita del popolo di Dio. L'enfasi del piemontese era posta anche sul lavoro. Don Carlo, insieme all’auspicio delle trasformazioni, era fattivamente orientato verso un autentico progresso umano, ispirato a una cultura del lavoro personalista e solidale, aperta al trascendente. Tutto ciò, di fatto, si rappresentava dettato di Pio XII.
Don Carlo sposò con entusiasmo i dettati del Santo Padre. La sua opera fattiva nella borgata marinara acciarolese si rappresentò preziosa, basilare e a garanzia di una più serena crescita locale. Le sue prediche, diffuso monito battuto a pugno chiuso, richiamavano al bene e alla corresponsabilità del valore morale. Nella Chiesa locale di Vallo della Lucania, insieme all’operosità delle associazioni laicali, erano iniziate diverse opere, la Chiesa apriva i cantieri per edificare il nuovo e rinnovare il vecchio. Si registravano anche nel territorio cilentano i naturali riflessi dell'azione ecclesiale più larga. Giungeva nella "terra dei tristi", a cavallo fra gli anni 50 e 60 del secolo scorso, quella stessa ventata di cambiamento di tutta la Chiesa italiana. I preti dai pulpiti tutelavano i lavoratori, promuovevano il dialogo politico, l'impegno laicale. Soffiava vento di rinnovamento, tutto ridestava alla luce del dettato dell'enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII (1961) e del Concilio Vaticano II (1962-1965). L'eco giungeva anche nelle plebi diseredate del Mezzogiorno, nei piccoli centri urbani abbandonati fino ad allora alla propria povertà e bellezza. Il rinnovamento dell'impegno sociale toccò, con giuste proporzioni, anche alla diocesi di Vallo della Lucania. Qui, infatti, iniziavano le dinamiche pragmatiche assistenziali ai lavoratori, l'intesa politica a tutela della classe operaia, l'azione laicale e l'organizzazione di associazioni come le ACLI. La pastorale sociale rinnovata non si rappresentò novità per don Carlo Grangetti, prima dell'incardinazione nella nostra Diocesi, come ampiamente narrato in passato, era stato un missionario in Oriente. Era già convinto, sin dal suo arrivo ad Acciaroli, della bontà del rinnovamento del pensiero sociale e dell'importanza dell'azione laicale. A suo modo sollecitò per un rinnovato impegno verso le questioni del lavoro, della giustizia e dello sviluppo turistico locale. Don Carlo era animato da spirito missionario. Nella quotidianità, col suo garbo, mostrava quell' atteggiamento di apertura e servizio verso gli altri che affonda le radici nella vocazione della Chiesa a essere "missionaria". Nella sua opera di fede era carico di una dimensione speciale, quella che anima i cristiani e che si manifesta attraverso azioni di evangelizzazione, solidarietà e promozione umana; azioni guidate dall'amore e dallo Spirito Santo, come un vero "motore" di fede e di carità.
Emilio LA GRECA ROMANO

© RIPRODUZIONE RISERVATA







