PADULA: SCOPERTO UN NUOVO “CAMPO DI STERMINIO”?
Viaggio semi-serio nell’Italia dei miracoli... antifascisti
Il lettore benpensante, quello politicamente corretto, liberale e democratico, borghese in poche parole, ci accuserà certamente di essere maliziosi, dei polemici di professione. Gli imprenditori dell’industria dell’olocausto – come l’ha definita Norman Finkelstein – ci accuseranno di “lesa maestà”.
Ai primi non è necessario rispondere, ai secondi diciamo subito che, per noi, la vita umana è un valore in sé, e rispettiamo tutte le vittime di tutti i genocidi che si sono verificati nel corso dei secoli, sia quello che ha colpito le popolazioni autoctone delle Americhe, sia quello del popolo armeno, sia quello degli Italiani dell’Istria e della Dalmazia, ecc. senza speculazioni di sorta, senza “classifiche”, senza omissioni.
La settimana scorsa, per ragioni di studio, mi sono recato nella zona del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Data la vicinanza, non potevo sottrarmi a due visite d’obbligo per chiunque passi per queste terre: il cippo commemorativo di Carlo Pisacane e la Certosa di Padula.
Poco prima dell’abitato di Sanza, quasi di sorpresa, si erge solitario un monolite triangolare indicante il luogo dove morì il Comandante della spedizione di Sapri. La zona è ben tenuta, recente è un intervento conservativo.
Quello che subito mi è saltato agli occhi è l’assenza di qualsiasi bandiera nazionale, di solito prevista nei monumenti di così alto valore storico-patriottico. Del resto, il vessillo tricolore ben scarsa fortuna gode in questa Repubblica e alle bandiere lacere, bruciate dal sole, stinte dalle piogge e strappate dal vento – che siamo soliti osservare su questi monumenti – è ben preferibile il nulla.
Passeggiando intorno al cippo mi sono accorto di una lapide infissa sul muro da una “scolaresca” – o, meglio, da alcuni Professori – che ricordava come “in terra di briganti” i patrioti avessero portato la “libertà”: un componimento “poetico” che mi ha lasciato a dir poco interdetto.
Era questo che Pisacane si proponeva? Le popolazioni di “briganti” (!?) del Meridione erano anche “schiave”? Di quale “libertà” si andava cianciando su quella lapide?
Tutte domande che mi sono fatto leggendo questa “insegna pedagogica”, dove, naturalmente, i valori della Patria e della Nazione, sempre presenti in Pisacane, non avevano trovato posto… un caso?
Beh, certamente, se l’intenzione del Comandante della spedizione di Sapri era quello di portare la “libertà” in casa altrui, ha ricevuto la “lezione” che di solito è riservata ai presuntuosi “esportatori” di tali valori…
Possiamo, comunque, affermare che le popolazioni del Meridione non erano composte né da “schiavi”, né da “briganti”, come ben altri ideali muovevano il socialista nazional-rivolzionario Pisacane. Lui, che sul sostegno di quelle popolazioni fece estremo – quanto illusorio – affidamento, alla fine fu scambiato per un brigante, con tutto quello che drammaticamente ne seguì…
Lasciata Sanza con le mie perplessità, mi sono recato a visitare la straordinaria Certosa di S. Lorenzo a Padula, magnifica costruzione dell’Ordine Certosino risalente al 1306, quando la Chiesa si espandeva sul mondo con la sua “volontà di potenza”.
Dopo secoli di splendore, il monastero fu depredato dai soldati di Napoleone – quelli della “libertà”, dell’“uguaglianza” e della “fraternità”, tanto per intenderci – fatto che ne segnò profondamente il destino. Pochi decenni dopo, infatti, i Certosini abbandonarono il complesso che fu nazionalizzato dal Regno d’Italia e… “dimenticato”.
Ancor oggi, lo scempio dei soldati napoleonici che, in odio alla fede, asportarono tutto ciò che era possibile asportare è evidenziato dai pavimenti in maiolica divelti e dagli enormi spazi bianchi lasciati sui muri, ove un tempo v’erano degli straordinari dipinti, oggi ammirabili… al Louvre di Parigi!
La guida ha ben evidenziato che tutto ciò che venne rubato non sarà mai restituito dalla Francia, in quanto considerato “bottino di guerra” legalmente detenuto… Mah! E noi che pensavano che i razziatori erano solo quelli della “croce uncinata”… Gli attuali democratici francesi non sono certo da meno!
L’Italia non ha mai denunciato la Francia, anzi, ricordiamo quando il Governo Berlusconi II (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega), nel 2002, in un sussulto di “dignità” nazionale, “restituì” la stele di Axum all’Etiopia…
Ma non è di questo che vogliamo parlare.
Durante la sua esaustiva spiegazione, la guida aveva accennato alla triste storia contemporanea della Certosa di S. Lorenzo, il suo abbandono e l’essere stata un campo di concentramento… tedesco!
La cosa ha provocato in noi sdegno. Perché il monastero fu, in realtà, un campo di concentramento alleato, ove vennero rinchiusi più di duemila fascisti e alcuni partigiani comunisti che, dopo l’arrivo degli Angloamericani, avevano continuato a giocare alla rivoluzione… Ma anche ignari cittadini italiani, a cui nulla poteva essere addebitato, per un totale di quasi 3.000 persone.
La memoria di tutto ciò non solo è stata cancellata – notizie sul campo non si trovano da nessuna parte – ma, adesso, anche stravolta. Certo, si è trattato “solamente” di una frase buttata lì, senza alcunché di provocatorio e – siamo sicuri – senza malafede. Ma ciò non toglie la gravità dell’affermazione. Pensiamo alle centinaia di turisti e alle centinaia di studenti che sentiranno questa castroneria. Dopo aver visto lungometraggi del calibro de La vita è bella o di Schindler list – fondamentali per i programmi scolastici – immagineranno che sadici tedeschi si dilettavano a linciare ebrei nel prato della certosa, sul quale sorgevano le immancabili camere a gas e, naturalmente, gli onnipresenti forni crematori. “Il gioco è fatto”, direbbe qualcuno.
No, questo non è accettabile. Sia in sede storica, sia per rispetto dei caduti di quel campo di concentramento e di tutti gli altri campi “dimenticati”.
Gli studi di James Bacque che dimostrarono come gli Alleati franco-anglo-americani, nei loro Lager, perpretarono una politica di sterminio dei prigionieri di guerra sono ignorati da tutti. Del resto, quando si parla di “sterminio”, guai a parlare di verifica delle fonti, guai a esibire un solo documento, guai a scomodare le scienze storiche, meglio prefabbricarsi “la Verità” per Decreto Legge.
La lapide ricordo del campo di concentramento alleato di Coltano è stata più volte profanata tra l’indifferenza generale.
Il film Texas ’46, prodotto nel 2002, che parlava del campo di concentramento americano di Hereford per i prigionieri della RSI, non è mai andato in onda, censurato dal sistema democratico, nonostante la presenza di un “salutare” falso storico che aveva trasformato i fascisti repubblicani detenuti in… fedeli del Re e di Badoglio!
Lo sappiamo, alla certosa non ci saranno mai scolaresche in visita d’istruzione a cui sarà detto delle violenze subite da Italiani da parte degli Alleati; qui non si andrà in gita scolastica per conoscere il “male assoluto”… quello è da tutt’altra parte, vero?
Benigni e compagni, tanto attenti alle sofferenze degli “altri”, non faranno un filmone strappalacrime, né “Qualcuno” chiederà il carcere per chi nega le violenze angloamericane sugli Italiani, presentandosi in doppiopetto al cospetto del Ministro degli Interni.
I sopravvissuti di questo campo non avranno mai voce, tanto sono tutti morti.
Qui non ci sono state “liste dei salvati”, ma solo liste di proscrizione, liste di accuse politiche, di odio di classe, compilate dagli stessi paesani, dai Sacerdoti, dai Vescovi, dai “notabili” esclusi dal potere durante il Regime, da chi – dopo aver vissuto una vita di compromessi con il Fascismo – cercava una “verginità” democratica, barattandola con la propria dignità e con la vita dei propri connazionali, venduti, per poche Am-Lire, allo straniero.
Eppure, noi, Padula la vogliamo ricordare come il campo di concentramento degli Alleati. Lo dobbiamo alle decine e decine di caduti italiani dimenticati.
A nome di tutti ricordiamo il Prof. Paolo Orano, vittima dell’odio antifascista. A lui nulla poteva essere imputato, se non l’essere stato un uomo di pensiero. Questo per gli Alleati era pericoloso quanto il fascismo clandestino che si organizzava in tutto il Meridione e gli Agenti Speciali della RSI che si infiltravano oltre le linee con compiti informativi e di sabotaggio.
Il Prof. Orano aveva un curriculum da far impallidire i maldestri censori del pensiero.
Giornalista e scrittore, sindacalista rivoluzionario, socialista interventista, Volontario di Guerra, Deputato del Partito Sardo d’Azione, nel 1923 aveva aderito al Partito Nazionale Fascista. Fu Vicedirettore de “Il Popolo d’Italia”, Direttore e fondatore della Scuola di giornalismo fascista, Rettore dell’Università di Perugia, iniziatore e teorico della demodossalogia, Senatore del Regno.
Nel Giugno 1944, senza che nulla potesse essergli imputato, con la generica accusa di “essere un fascista”, venne arrestato dagli Alleati e deportato nel campo di concentramento di Padula: aveva 69 anni. Qui le sue già precarie condizioni fisiche peggiorano sensibilmente, giorno dopo giorno. Il 7 Aprile 1945 spirò tra l’indifferenza generale dei gendarmi a stelle e strisce.
In ricordo del Prof. Paolo Orano e di tutti i caduti italiani di quel campo di concentramento dimenticato, di coloro che senza colpa alcuna finirono stritolati dal sistema di repressione angloamericano, ci batteremo perché sulla facciata principale della Certosa di S. Lorenzo sia affissa una eloquente lapide:
Campo di concentramento angloamericano per internati civili
Qui, tremila Italiani, colpevoli solo di essere rimasti tali,
soffrirono un’ingiusta prigionia, trovarono un’oscura morte,
per mano di coloro che – come i Francesi di Napoleone –
si arrogarono il diritto di portare la “libertà”,
seminando terrore, morte e misera.
Quando avremo fatto ciò, ci saremo incamminati sulla strada della giustizia e della dignità nazionale.
Pietro Cappellari
Ricercatore Fondazione della RSI
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