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Il campo di concentramento di Padula, intervista a Giovanni Bartolone

📅 martedì 22 novembre 2011 · 📰 CulturaCilento

Foto GIOVANNI BARTOLONE

Giovanna Canzano intervista GIOVANNI BARTOLONE


“Alla Certosa furono rinchiusi prigionieri di guerra austro-ungarici durante la Grande guerra; e fino all’Armistizio dell’8 settembre 1943 quelli anglo-americani, vigilati da militari italiani.
Dalla fine del 1943 cominciarono ad arrivare i fascisti ritenuti “pericolosi” per lo sforzo bellico angloamericano, qualche comunista, molte donne che non si erano piegate alle voglie dei “liberatori”, e tanti sventurati che vi finirono per sbaglio o perché probabilmente non vollero cedere una bicicletta a un militare alleato.

Vi furono rinchiusi anche diversi tedeschi, comprese alcune donne e un omosessuale che divenne molto apprezzato nel campo”. …”E’ un’ottima idea la provocazione di Piero, di mettere una lapida alla Certosa in ricordo degli “ospiti” di S. M Britannica là detenuti. Serve a smuovere le acque e rompere il muro del silenzio”. (Giovanni Bartolone)

Canzano 1- Piero Cappellari, ha scritto un articolo sulla Certosa di Padula, quali sono le sue osservazioni?

BARTOLONE - Ho letto con interesse l’articolo dell’amico Pietro Cappellari su Padula. E’ una realistica immagine dell’Italia a 150 anni dalla proclamazione del Regno. Fa male leggerlo. Ma è così. Con le bandiere assenti o stinte, gli studenti che non conoscono la storia patria e le guide che dicono castronerie. Alcuni anni addietro partecipai a un corso d’aggiornamento alla Certosa di Padula. Tra l’altro fu organizzata una visita alla Certosa. Era la quarta o quinta volta che la vedevo. La guida era preparata per quanto riguardava la parte artistica della Certosa, ma ignorava quanto successo nel 900. Non so se Cappellari ed io parliamo della stessa guida. Io in quel periodo mi stavo occupando del campo di Padula. Avevo letto in pratica, dedicandovi molti mesi della mia vita, tutta la memorialistica dei “padulini”, gli “ospiti” del Campo di concentramento di Padula, 371° Camp P.W., poi diventato «A» Civilian Internee's Camp, rinchiusi nella Certosa. Volevo scrivere un capitolo sui siciliani reclusi a Padula dal 1944 al 1945. Scrissi poi un capitolo di una quarantina di pagine sul tema. Il capitolo farà parte di un libro che conto di pubblicare tra uno o due anni sui crimini alleati in Sicilia, mentre è quasi pronto per la stampa un volume sui governi militari d’occupazione. Chiamai a parte la guida e le manifestai quanto da me appreso. Poi me ne andai a vedere, scavalcando un muro, i graffiti che i reclusi “fascisti” fecero per lasciare traccia del loro passaggio e a salutare un conoscente, un esperto di storia locale per un proficuo scambio d’idee sulle tristi vicende della Certosa. I disegni si vanno inesorabilmente deteriorando e sono preclusi alla visita dei normali e ignari visitatori. Alcuni si sono perduti e ne rimane traccia solo in poche fotografie.

Canzano 2- La Certosa era stata trasformata in un vero e proprio campo di prigionia?

BARTOLONE - Alla Certosa furono rinchiusi prigionieri di guerra austro-ungarici durante la Grande guerra; e fino all’Armistizio dell’8 settembre 1943 quelli anglo-americani, vigilati da militari italiani. Dalla fine del 1943 cominciarono ad arrivare i fascisti ritenuti “pericolosi” per lo sforzo bellico angloamericano, qualche comunista, molte donne che non si erano piegate alle voglie dei “liberatori”, e tanti sventurati che vi finirono per sbaglio o perché probabilmente non vollero cedere una bicicletta a un militare alleato. Vi furono rinchiusi anche diversi tedeschi, comprese alcune donne e un omosessuale che divenne molto apprezzato nel campo.
Agli inizi il campo fu “attrezzato” con paglia per terra nei gelidi cameroni ventilati da ampi finestroni senza vetri. Anche in pieno inverno giovani e vecchi dovevano aspettare senza pietà, completamente nudi all’aperto, il turno per sottoporsi a un’obbligatoria doccia fredda. Gli inglesi non si vergognarono di alimentare i prigionieri nei primi tempi esclusivamente con ghiande e un po’ di tè. Alcuni reclusi dovettero trascorrere lunghi mesi nelle tende, montate nel patio.

Canzano 3- Chi fu recluso nel campo di Padula?

BARTOLONE - Nel campo, che poteva ospitare duemila reclusi, si alternarono tanti sfortunati; considerati gli avvicendamenti in altri campi e carceri, potremmo parlare di almeno ventimila internati passati nel campo di Padula in vari turni e poi smistati altrove. Lì, insieme a tanti poveri diavoli, furono ospitati fra i tanti, il principe Valerio Pignatelli, capo del Fascismo clandestino al Sud - che, durante la sua permanenza, fu considerato il capo spirituale dei fascisti lì concentrati - Nando Di Nardo suo vice e tanti loro camerati; i fascisti clandestini del MUI (Movimento Unitario Italiano) di Catania e tanti altri civili arrestati preventivamente. Lì fu pure internato Salvatore Ruta, animatore del gruppo di fascisti clandestini di Messina, con alcuni suoi camerati. Nel reparto femminile spiccavano le figure della principessa Maria Pignatelli e dell’inesauribile Elena Rega del Fascismo clandestino di Napoli. Tra i “padulini” noti troviamo tra gli altri, Paolo Orano, Achille Lauro, Giorgio Nelson Page, Valentino Orsolini Cencelli, Gaetani Zingali. A Padula furono rinchiusi ex generali- Nicola Bellomo, poi fucilato dagli inglesi, Ezio Garibaldi - ex senatori, ex consiglieri nazionali, ex federali, ex professori, ex avvocati celebri e il ministro Polverelli. Finì alla Reggia del silenzio anche Cesare Rossi, il memorialista del tempo della Quartarella, il periodo seguito al delitto Matteotti. Ciò nonostante avesse passato lunghi anni nelle prigioni mussoliniane, per le sue dichiarazioni contro il Duce. La logica avrebbe voluto che fossero classificati come meriti antifascisti. Gli angloamericani non ci andavano tanto per il sottile. Tra i prigionieri leggiamo i nomi di Carlo e Renato Guggenheim, ricchi israeliti di Napoli, che nessuno sapeva perché non si trovassero invece tra i liberatori.
Forse i soli prigionieri morti alla Certosa furono i fascisti. Alcuni pagarono per la mancata o ritardata assistenza sanitaria prestata dai carcerieri britannici, come Paolo Orano; altri furono uccisi durante sfortunati tentativi d’evasione come il giovane Migliavacca; alcuni impazzirono a causa della reclusione.

Canzano 3- Quale è la proposta di Piero Cappellari?

BARTOLONE - E’ un’ottima idea la provocazione di Piero, di mettere una lapida alla Certosa in ricordo degli “ospiti” di S. M Britannica là detenuti. Serve a smuovere le acque e rompere il muro del silenzio. Io penso che si dovrebbe organizzare un convegno scientifico sul tema. Per il quale do la mia disponibilità a partecipare come relatore, per quanto di mia conoscenza. Sono passati 65 anni dalla chiusura del campo di concentramento. E’ tempo di stabilire la verità dei fatti. Un rilevante contributo in tal senso potrebbe arrivare dalle Istituzioni, in primo luogo dalla civica amministrazione di Padula, non nuova a simili iniziative che riguardano la storia della Certosa nel 900.
Non vorrei, che per ignoranza e/o malafede, fosse compiuto un falso storico e che alle vittime fosse imputato un fatto che non hanno commesso.


Giovanni Bartolone, nasce a Palermo nel 1953, ove insegna Diritto ed economia nelle Scuole Superiori. Vive a Bagheria (Palermo). E’ laureato in Scienze Politiche, indirizzo Politico Internazionale, con una tesi sul Referendum istituzionale Monarchia – repubblica del 1946. Ha conseguito un Master sul Medio e Vicino Oriente presso l’Istituto Enrico Mattei di Roma, con una tesi dal titolo Le operazioni di stabilizzazione. I governi militari d’occupazione in Sicilia, a Napoli, in Germania e in Iraq. E' da molti anni impegnato in ricerche sulla Seconda guerra mondiale, il Fascismo, il Nazionalsocialismo, il fenomeno della Mafia, la Sicilia dallo sbarco Alleato alla morte di Salvatore Giuliano. Ha pubblicato nel 2005 il libro Le altre stragi, Tipografia Aiello & Provenzano, Bagheria, dedicato alle stragi alleate e tedesche nella Sicilia del 1943/44 e il saggio Luci ed ombre nella Napoli 1943-1946, in AA. VV., ISSES, Napoli, 2006. E’ attualmente impegnato in studi sui crimini commessi dagli anglo-americani in Sicilia nel 1943, durante l’occupazione della Sicilia. Ha collaborato a Candido, Historica Nova e Storia del Novecento. Può essere
contattato al seguente indirizzo di posta elettronica: gbartolone1@alice.it

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