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Una chiacchierata d'altri tempi con Amedeo Pasca, memoria vivente del Cilento

📅 giovedì 25 settembre 2025 · 📰 CronacaCilento

25092025 amedeo pasca e giorgio mellucci
Credits Foto

Ad agosto, una telefonata mi ha trasportato in un altro tempo. Dall’altro capo della linea c’era Amedeo Pasca, insegnante in pensione, originario di Cosentini Cilento, ma per me molto di più: uno zio, un compare, un custode di memorie. La sua voce, calma e lucida, aveva il sapore di antichi caffè e di pomeriggi assolati passati tra libri e racconti. Dopo quella telefonata, sentendo forte il desiderio di continuare a respirare quell’atmosfera di memoria viva, mi sono recato a casa sua.

Entrando in casa, ho sentito l’eco dei passi di chi, come lui e il mio bisnonno Angelo, aveva attraversato il tempo con occhi attenti e cuore aperto. Tra vecchie fotografie, sorrisi impressi nel bianco e nero, e racconti che sembravano respirare, ho visto mio nonno Vittorio, segretario comunale, come se stesse lì con noi, testimone silenzioso di storie che non volevano svanire. Mi ha riportato ai giorni in cui, da ragazzo, insieme a coetanei come Amoresano Vittorio, Funicello Benito, e tanti altri giovani dei borghi limitrofi, varcava la soglia della casa del mio bisnonno Angelo, detto “lo speziale”.

Quella casa era un cenacolo letterario, un luogo sospeso tra studio e amicizia, dove le parole si mescolavano alla curiosità e dove ogni libro custodiva un segreto da scoprire. Non si trattava solo di studio: Angelo, con la sua esperienza di direttore della farmacia Crespo in Argentina, dispensava consigli pratici, saggezza e cura, diventando un punto di riferimento prezioso per ragazzi e abitanti dei borghi affidati a lui dal medico condotto Piccirilli.

Tra i racconti, anche il ricordo del sarto Giuseppe Damiani, maestro di mani e cuore, dal quale tutti i giovani imparavano il mestiere, assorbendo non solo tecniche, ma dignità, passione e amore per ciò che si crea con le proprie mani. Poi è arrivato il tema del teatro, il primo popolare di Cosentini. Lo spettacolo, che si svolgeva ogni 16 agosto, partiva dalla casa del bisnonno Angelo, e si snodava tra le strade del paese, con ogni famiglia che dava vita a un personaggio e l’intera comunità che rideva e si emozionava insieme.

Tra i fondatori e organizzatori c’era lui, insieme a un signore di Serramezzana. Non era un teatro qualunque: era il primo del comune e forse di tutto il Cilento, un’esperienza viva e immersiva, che trasformava case e vicoli in palcoscenici di vita. Non poteva mancare il ricordo del carnevale, con i suoi colori vividi, le maschere, il calore di una comunità che si ritrovava unita.

Oggi, grazie all’associazione Euphória, queste tradizioni rivivono, portando luce e allegria nei cuori delle nuove generazioni. Quella chiacchierata non è stata solo memoria: è stato un viaggio nell’anima del Cilento, un tuffo in un tempo dove le radici erano forti e i legami indissolubili. Ho percepito il filo invisibile che unisce le generazioni, il rispetto e l’amore per chi custodisce la storia con delicatezza, come si custodisce un gioiello antico.

E mentre ascoltavo la sua voce, calma e piena di saggezza, ho compreso che la vera ricchezza di un territorio non sono i luoghi, ma le persone che ne custodiscono l’anima.

Oggi voglio dire grazie, zio Amedeo: grazie per aver condiviso i tuoi ricordi, per avermi fatto sentire parte di una storia più grande, per aver mantenuto viva la memoria del nostro Cilento. La tua passione, la tua lucidità, il tuo cuore generoso restano un faro, un dono prezioso e un abbraccio che attraversa il tempo.

Giorgio Mellucci

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