Aprendo il frigo e lo sportello della dispensa mi sono spaventato. Barattoli di cibo aperti e ammuffitosi per il lungo tempo rimasto lì senza essere consumato. Pasta scaduta (era quella integrale Misura), pacchi di farina integrale, confezione di uova, biscotti senza zucchero (per diabetici?), perfino fagioli e lenticchie secchi, eccetera, ma tutti “compri tre paghi due”, formula che frega tanti consumatori. Infatti, chi compra è in genere incoraggiato a comprare più cibo di quello di cui ha in realtà bisogno.
Dimenticavo: non era naturalmente casa mia ma quella di mio fratello.
Si legge (il Cambiamento di agosto) che in particolare, “ogni anno nei Paesi industrializzati vengono buttate 222 milioni di tonnellate di cibo: una quantità che sarebbe sufficiente a sfamare l'intera popolazione dell'Africa Sub Sahariana”. L'Italia rappresenta circa il 10% con 8,8 milioni di tonnellate: 27 Kg pro capite che corrispondono ad un costo di 454 euro all'anno per famiglia. E’ quindi il terzo paese sprecone del mondo, dopo Inghilterra e Stati Uniti.
Inoltre, il rapporto FAO evidenzia come, in generale, il consumatore non programmi l'acquisto di generi alimentari in modo corretto: ciò significa che, spesso, viene buttato il cibo inutilizzato quando la data “da consumarsi entro” è appena passata. Insomma “dovrebbero anche essere informati che data la limitata disponibilità delle risorse naturali a disposizione è più efficace ridurre le perdite di cibo, che incrementare la produzione alimentare per riuscire a nutrire la crescente popolazione mondiale”.
Un altro dei suggerimenti proposti è quello “di vendere i prodotti della terra direttamente, senza dover conformarsi alle norme qualitative dei supermercati. Ciò potrebbe avvenire tramite negozi e mercati gestiti direttamente dai produttori”. Si dovrebbe inoltre trovare un buon utilizzo del cibo che altrimenti finisce nel bidone. Per esempio, “con le alte temperature estive volano gli acquisti di frutta e verdura fresche ma si verificano anche maggiori problemi nella conservazione con fino al 25 per cento che rischia di finire nel bidone per l'eccessiva maturazione, nel percorso dal campo alla tavola.”
È quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che si tratta di perdite che rischiano di rendere salato il conto del grande caldo per le famiglie in aggiunta a gelati, acqua e spese energetiche per ventilatori e condizionatori.
La crisi economica ha comunque contribuito ad una riduzione del fenomeno dello spreco alimentare e ad una maggiore attenzione a ciò che buttiamo nella spazzatura. Dallo studio inedito sullo spreco del cibo, curato dal Barilla Center e presentato il 23 maggio scorso a Milano, “emerge infatti che in Italia, le famiglie hanno ridotto gli sprechi alimentari del 57% grazie a una spesa più oculata (47% degli intervistati), alla riduzione negli acquisti (31%), all'utilizzo degli avanzi dei pasti (24%) e una maggiore attenzione alle date di scadenza (18%)”.
Eppure, anche in tempi di crisi, secondo dati Ue, il 43% del cibo viene sprecato. Lo ha sottolineato il presidente di Last Minute Market Andrea Segrés
Insomma non compriamo più cibo di quello che possiamo consumare.