Il pericolo che incombe sul Mediterraneo
di Paolo Abbate | BlogNei giorni scorsi una tonnellata e mezza di catrame è stata raccolta sulle spiagge dell'isola di Favignana, si legge in un preoccupato articolo di M. Marini su Il Cambiamento del 21 febbraio 2013.
“Sulla costa nord-ovest di Favignana, tra punta Sottile e punta di Ferro (nell’area marina protetta delle Isole Egadi), a causa degli sversamenti degli idrocarburi e delle maree, diversi chilometri di riva vengono devastati da un catrame spiaggiato a macchia di leopardo su 5 chilometri di costa, quasi tutta a scogliera e molto frammentata”.
Però è l’Intero Mediterraneo, e specialmente le aree marine protette, che corrono questo rischio.
Infatti, praticamente ogni giorno, “il Mar Mediterraneo viene attraversato , in lungo e in largo, da 2.000 traghetti, 1.500 cargo e 2.000 imbarcazioni commerciali di cui 300 navi cisterna, – si osserva con preoccupazione nell’articolo - che trasportano ogni anno oltre 340 milioni di tonnellate di greggio. Non parliamo solo di incidenti tra imbarcazioni che possano provocare sversamenti in mare ma anche di pratiche illecite come il lavaggio delle cisterne in corso di navigazione”.

Nel Cilento vi sono due aree marine protette che rischiano però la chiusura, come tutti i 30 Parchi Marini italiani, perchè Il governo , a metà anno e in piena estate, ha assegnato finanziamenti ridicoli. Si è passati infatti dagli 8,5ml del 2001 ai 3,6ml di quest'anno, si spiega in un comunicato dell’ Associazione Italiana Direttori e Funzionari Aree Protette . "Dietro queste scelte non c'è solo la crisi, ma anche la miopia politica e strategica di chi non comprende che il mare, il territorio e l'ambiente sono tra le risorse più importanti del nostro Paese. Risorse che hanno sempre garantito turismo, ricchezza e posti di lavoro. Ma che ora rischiano di essere irrimediabilmente devastate con danni enormi per il presente e per il futuro".
Il comunicato è del giugno 2012 ma sembra per la sua urgenza fatto ad hoc per il pericolo che incombe sul Mediterraneo e le sue aree protette.
Servono infatti “strumenti più adeguati di prevenzione e repressione, quanto politiche energetiche che si rivolgano a modelli di sviluppo sostenibile, dove le ragioni economiche trovino un punto di equilibrio con le ragioni etiche. Solo che la natura non avrà pazienza ancora per molto”.
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