L’erosione della Cala del Cefalo è irreversibile?
di Paolo Abbate | BlogChiusa la “stagione” sono ritornato alla foce del Mingardo dove, come ogni anno malgrado le denuncie e sequestri, si costruisce una spiaggia artificiale e si naviga il fiume in barba a tutte le norme, nazionali ed europee.
Ebbene, Ia Cala del Cefalo, che si estende per circa 4 km da l’Arco Naturale di Palinuro e che rappresenta una delle spiagge più belle e naturalisticamente interessanti del Mediterraneo, è da qualche decennio in una fase di probabile irreversibile arretramento causa l’erosione marina.
Alla fine del 1800, cioè alla fine del periodo freddo e piovoso plurisecolare chiamato Piccola Età Glaciale – si spiega in uno studio di Ortolani – la spiaggia, nei pressi dello Scoglio del Mingardo, era più ampia di circa 180 m. Nella seconda metà dello scorso secolo si è aggravato il fenomeno erosivo essenzialmente in relazione alla progressiva diminuzione delle precipitazioni piovose e all’eccessivo emungimento alla sorgente del Mingardo per uso domestico. Con la diminuzione della portata del fiume è diminuito pertanto il rifornimento di sedimenti.
Ma la causa forse più importante dell’erosione della Cala sta nella costruzione lungo il corso del Mingardo di gradini in cemento armato, chiamati briglie, in modo da diminuire la velocità della corrente e di conseguenza anche l'asportazione di materiali sotto i ponti e lungo i margini del fiume. Nel tratto vallivo esistono infatti molti appezzamenti coltivati, le ische, che tenderebbero a sparire con l’erosione.

“Si è valutato – spiega ancora Ortolani - che rispetto al 1954-55 sono stati erosi circa 1.200.000 metri cubi di sedimenti dalla Cala in maniera irreversibile. In relazione all’attuale evoluzione climatica l’erosione perdurerà per oltre un secolo riducendo sempre più la spiaggia, la pineta retrostante (area protetta) e creando ulteriori problemi di stabilità alla strada che collega Palinuro con Marina di Camerota. Anche la precaria stabilità dell’Arco Naturale sarà sempre più accentuata”.
Così, mentre la spiaggia della Cala del Cefalo sta progressivamente scomparendo per insufficiente alimentazione fluviale di sedimenti, poco a monte a causa delle briglie si stanno accumulando enormi quantità di sedimenti che dovrebbero alimentarla. A peggiorare la situazione, già così precaria, contribuisce la spiaggia artificiale costruita alla foce per servire i campeggi esistenti lungo il fiume. Per cause antropiche il Mingardo non riesce così a veicolare fino al mare i sedimenti necessari al ripascimento della spiaggia della Cala del Cefalo. La progressiva erosione farà pertanto sparire questo ecosistema prezioso per l’economia del territorio e per l’ambiente.

Ma cosa propone il geologo Ortolani?
“Considerata l’importanza ambientale e socio-economica dell’area in esame proponiamo ai responsabili delle istituzioni che hanno competenza sull’ambiente, di effettuare un restauro geoambientale della zona ricostruendo la morfologia esistente alcune decine di anni fa, sulla base di approfondite indagini e valutazioni multidisciplinari. I sedimenti che si sono accumulati e che non giungeranno mai a mare, con l’attuale condizione climatica e le sistemazioni fluviali, possono essere prelevati meccanicamente e trasportati a mare riproducendo la morfologia fluviale e della spiaggia di alcune decine di anni fa.
Quindi niente realizzazione di barriere soffolte con immancabile ripascimento con sabbia di natura e colore diverso, come è stato già proposto per la spiaggia di Pioppi dai soliti “benpensanti” istituzionali e tecnici”.
Se, come è ampiamente dimostrato, si va verso un inaridimento del clima, è sicuramente utile realizzare il ripascimento, come propone Ortolani. Ma, secondo il mio modesto parere, sarebbe anche necessario ripensare al problema della crescita della popolazione umana e, soprattutto, alla sua crescita economica fatta di consumi aggressivi del territorio non più sostenibili, specialmente in un parco nazionale come quello del Cilento. Occorre quindi intervenire, per quanto riguarda la Cala del Cefalo, a monte del problema, cioè alla sorgente, lungo l’asta fluviale e alla foce del Mingardo. Tre aree tutelate da norme precise previste dalla Legge Quadro n.394/91, dalle Direttive europee e dall’ articolo 9 della Costituzione italiana.
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