CONORTO
          
di Paolo Abbate | BlogCono e famiglia da tempo hanno preso in affitto un terreno della Curia a Rofrano e vi coltivano pomodori, peperoni, melanzane, patate, zucchine fagioli. Questo largo appezzamento di terreno si estende in un altipiano, circondato da castagni tra il monte Gelbison e il Cervati. L’acqua viene presa con un lungo tubo da una fonte sorgiva, quindi non manca niente se non le braccia per lavorarlo.
Cono quindi ha avuto una pensata originale e divertente perchè, per la prima volta nel Cilento, ha dato vita ad un orto solidale e condiviso. Nasce, cioè, da una rete di persone che condividono l’amore per la terra e si scambiano tra loro la collaborazione e il “mutuo soccorso”. E’ rinata così quella cultura solidale della civiltà contadina quando le famiglie di contadini si scambiavano il lavoro della fatica dei campi come mietere e raccogliere il grano, le olive, le castagne: fatiche che altrimenti non sarebbero state possibile realizzare in modo autonomo da una sola famiglia, anche se numerosa.
   

L’ originalità consiste, a mio avviso, non solo nel curare il lavoro nel campo ma nel godere del prodotto ottenuto. Ogni filare viene così adottato da una coppia che verrà a raccoglierne il frutto maturo. La semina e la messa in dimora delle piantine vengono festeggiate con una festa, dove si mangia si beve e si canta.
Si riprende così una tradizione contadina antica dove la solidarietà e la convivi abilità si intrecciavano strettamente anche con il desiderio molto carnale dei partecipanti alla festa. Carnalità che ancora vive nelle strofe delle canzoni accompagnate dall’organetto e tamburello.
Tutta pelosa me la promettisti/ porca futtuta te la carosasti/tutti chiri pili che ne facesti/ na coppula allo cazzo n'cè cacciasti.
Ancora si cantano alla festa queste canzoni. Ma allora i suonatori (maschi) la cantavano a gran voce, mentre le fanciulle mostravano vergogna tra le risatine e gli ammiccamenti. Quello che succedeva poi lo possiamo immaginare e ancora si racconta sommessamente.

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