DIMENTICARE NOTO
di Paolo Abbate | BlogCerto non invidio coloro nati molto prima di me, i giovani cioè: non hanno visto come era bella l’Italia prima del così detto “miracolo economico”.
Sono tornato a Noto e Ibla, rimaste impresse nei miei ricordi, immagini indimenticabili di allora. Volevo quindi rivedere le due città barocche che nel 2002, a Budapest, il Comitato Scientifico Internazionale riconosce patrimonio dell’Umanità.
Nel 1603 1693 vi fu nella Valle di Noto un terribile terremoto che distrusse otto città del sud-est della Sicilia tra cui Noto. Esse furono ricostruite nello stesso luogo o vicino alle città esistenti al tempo del terremoto.
Ebbene, nel riconoscimento si legge: “Esse rappresentano una considerabile impresa collettiva, portata con successo ad un alto livello di architettura e compimento artistico. Custodite all'interno del tardo Barocco, esse descrivono pure particolari innovazioni nella progettazione urbanistica e nella costruzione di città".
Vi sono 6 criteri affinché un sito possa essere considerato di "valore universale eccezionale". Quattro di questi sono stati riconosciuti a Noto e Ibla, insieme in verità ad altre 6 città siciliane:
- rappresentare un capolavoro del genio creativo dell'uomo;
- aver esercitato un'influenza considerevole in un dato periodo o in un'area culturale determinata, sullo sviluppo dell'architettura, delle arti monumentali, della pianificazione urbana o della creazione di paesaggi;
- offrire esempio eminente di un tipo di costruzione o di complesso architettonico o di paesaggio che illustri un periodo significativo della storia umana;
- costituire un esempio eminente di insediamento umano o d'occupazione del territorio tradizionale, rappresentativi di una culturale (o di culture) soprattutto quando esso diviene vulnerabile per effetto di mutazioni irreversibili.

Insomma, la strada dei palazzi e delle chiese, la via barocca frutto del genio creativo umano, quella strada che avevo percorso folgorato dalla bellezza, è divenuta una caotico bazar dove si vendono ricordini, dove si aprono bar e ristoranti con tavolini e sedie nel mezzo della via.
Attrazioni turistiche, queste, che vogliono catturare i desideri dei visitatori, riuscendoci in verità, distogliendone però lo sguardo dallo splendore delle architetture.
Colpa del riconoscimento Unesco, oppure del crollo della cupola che colpì l’attenzione del mondo intero come per l’Aquila? Avvenimenti che attirano certamente un turismo di massa e innescano quel distorto concetto di sviluppo e crescita economica che portano, secondo loro, benessere. Sviluppo rappresentato da i due grattacieli cresciuti a ridosso della città barocca, che deturpano il paesaggio e rappresentano un “esempio eminente di costruzione architettonica”.
A questo punto sarebbe auspicabile la costituzione di un comitato per chiedere all’Unesco di togliere all’umanità questo patrimonio, come è avvenuto a Dresda dopo la costruzione di un ponte sul fiume che attraversa la città tedesca.
Le Dolomiti, riconosciute nel 2009 patrimonio dell’Unesco, stanno correndo un grosso pericolo per un progetto di impianti sciistici, fra San Vito di Cadore e Pescul (Selva di Cadore) che taglierebbe migliaia di abeti tra le montagne e che, se realizzato, la zona interessata potrebbe cozzare con il riconoscimento dell’Unesco. Per questo già alla fine del 2013 migliaia di cittadini si sono seriamente mobilitati per difendere l’integrità e la bellezza del paesaggio.

Ibla, a cui si riferiscono le tre foto del testo, si difende ancora, se così si può dire, anche perché il comune versa un contributo del 70% a chi ristruttura la propria casa , pagabile però in dieci anni. Questo permette a molti di non costruire nuovi edifici nella città. Il pericolo tuttavia si nasconde nelle ristrutturazioni che niente hanno a che fare con il paesaggio urbano antico (la casa verdolina nella foto è di un medico).
E nel parco del Cilento, patrimonio anch’esso dell’umanità, cosa avviene? Da quel che mi risulta è in abbandono. Abusi e illeciti sono all’ordine del giorno: tanto è vero che nel 2006 due associazioni ecologiste chiesero, ottenendolo, un procedimento d’infrazione alla commissione europea. Una zona del parco, la Cala del Cefalo,dove esistono cinque Sic e una Zps per l’alto valore naturale e storico, era stata aggredita con stabilimenti balneari posizionati sulla duna protetta.
300 mila euro al giorno per 4 anni ha dovuto pagare lo Stato per l’infrazione di alcuni!
Ma non è tutto, perché maxi discariche con rifiuti pericolosi punteggiano argini di fiumi, boschi, spiagge. Il fiume Mingardo, che sfocia all’arco naturale di Palinuro, inquinato e divenuto un porto fluviale, in barba alle leggi vigenti. Posteggi auto sotto la rupe della Cala davanti a grotte preistoriche le più antiche della Campania, area altamente protetta da direttive europee. Ma ancora: bracconaggio e abusi edilizi scoperti quasi quotidianamente, mentre un patrimonio edilizio storico sta crollando in quasi tutti i paesi del Parco.
Ce n’è per chiedere di cancellare il riconoscimento dell’Unesco. E probabilmente qualche associazione o comitato ci farà molto presto un pensierino.
© RIPRODUZIONE RISERVATA







