IL RUOLO DEL SUD NEL FUTURO DELL’ITALIA NELL’ATTUALE CRISI ECONOMICA E SOCIALE
di Giuseppe Lembo | BlogIl Sud non è assolutamente una realtà geografica sussidiaria e/o del tutto secondaria rispetto al resto del Paese.
Chi ha pensato questo facendo apparire il Mezzogiorno d’Italia come solo paradiso terrestre dell’assistenzialismo diffuso, ha commesso un grave errore di prospettiva; ha commesso un vero e proprio crimine nei confronti del Paese che, oggi senza ulteriori deroghe, ha assolutamente l’obbligo morale di cancellare la falsa immagine di un Sud appendice dell’Africa da assistere usando malamente le risorse del Paese prodotte altrove.
Se si è pensato così, se da parte di politici maledetti che così facendo, hanno cancellato il futuro possibile del Sud, è stato fatto purtroppo un errore gravissimo; si è commesso un abuso che ha fortemente e prima di tutto, danneggiato il futuro del Sud, fatto apparire come piagnone, come accattone dalla mano sempre tesa in attesa di ricevere da altri l’obolo della sopravvivenza per vivere da assistiti.
Purtroppo siamo di fronte ad errori gravissimi; siamo a leccarci le ferite sanguinanti, soprattutto al Sud per le condizioni diffuse di un sottosviluppo inventato perché così doveva essere; perché così doveva essere fatto per depauperare al massimo il mondo meridionale, soprattutto e prima di tutto, dal punto di vista antropico e poi conseguentemente dal punto di vista economico-sociale.
E così in decenni di default meridionale, fortemente complice il potere di rappresentanza politica del Sud, si è assistito ad una vera e propria cancellazione identitaria del povero ed abbandonato Mezzogiorno d’Italia, con una crescente fuga biblica dei tanti giovani in cerca di pane e lavoro altrove; conseguente a tutto ciò è stato lo scivolamento a valle dei territori, ormai privi dei suoi guardiani naturali del vecchio mondo contadino che nella loro semplicità di vita, nella loro povertà diffusa, avevano avuto da sempre un grande amore per la propria madre Terra; un amore che veniva trasmesso in eredità da una generazione all’altra, diventando così parte del proprio DNA e di quella mutazione di cui si ritrovano gli elementi caratterizzanti dei codici genetici nel passaggio da padre in figlio.
Oggi è arrivato il momento di dire basta.
Il Sud con dignità deve riprendersi come si conviene il ruolo di protagonista, cancellando dal proprio DNA quella sussidiarietà imposta e quindi in silenzio subita dalla gente meridionale, che tanto male ha fatto al mondo meridionale e più in generale all’Italia con una palla al piede di una sua realtà territoriale in condizioni diffuse di mancato sviluppo, perché così e solo così doveva essere; perché così avevano deciso quelli della politica e dei poteri forti che vedevano la sussidiarietà del Sud funzionale al governo del Paese fortemente espresso dal Nord politicamente importante, in quanto economicamente importante e primo della classe rispetto al resto del Paese.
È ora, è assolutamente ora, di dire basta; è ora di invertire le condizioni imposte che hanno fatto tanto male all’umanità meridionale, purtroppo inopportunamente sottomessa e priva della forza di pensiero e di azione per diventare protagonista di se stessa.
Niente di tutto questo! Altri erano gli obiettivi!
Mentre si decidevano altrove i destini meridionali, dal suo interno che faceva mai il Sud e la sua gente? In silenzio e ben allineata contribuiva al bel capolavoro di un disastro annunciato di cui oggi si è costretti a leccarsi le sanguinanti ferite ed a gridare a viva voce, basta, basta, basta.
Bisogna urgentemente cambiare; bisogna, prima di tutto, ridare al Sud la sua dignità perduta.
Bisogna rimettere ordine al disordine, partendo prima di tutto, dalle condizioni antropiche dove è crescente la volontà a volte inconsapevole di fare male per farsi male.
La prima grave sofferenza del Sud è di tipo antropico; occorre mettere un punto fermo e stopparla.
È necessario mettere in moto le leve del cambiamento possibile e ridare al Sud l’orgoglio dell’appartenenza; tanto, restituendo alla gente una forte carica di autostima per se stessi ed una necessaria fiducia nel futuro che non c’è perché non c’è più la speranza di una vita umanamente, socialmente ed anche economicamente diversa.
Occorre partire da qui; occorre darsi, costruendolo insieme, quel modello di vita che non c’è; un problema grave come ha recentemente denunciato in un suo libro “Mappa mundi” il sociologo Domenico De Masi. Un danno per l’Italia e per il Sud in particolare.
Basta quindi con la falsa sussidiarietà meridionale; basta con i falsi stereotipi meridionali che non portano a niente.
Continuando a farli propri non si fa altro che allungarne l’agonia e ridurre il Sud in un deserto di falsi miti e di sempre più false presenze di protagonismi paesani che tanto male fanno ad un possibile Progetto Sud tendente a cambiare; tendente a dare quel protagonismo che non c’è, perché non c’è assolutamente sviluppo, ma solo un diffuso scenario di sottosviluppo dei territori, radicato tra l’altro, nelle coscienze abbandonate della gente che gode a farsi male; gode ad assumere un ruolo talebano delle “cape toste”, ostinatamente in prima linea a darsi ferocemente battaglia degli uni contro gli altri; tanto, in difesa del proprio tribale spirito paesano.
Mentre dall’esterno i mali meridionali sono dovuti a combriccole di poteri che, operando da monarchi assolutistici, sono di fatto i veri padroni d’Italia, nell’interno dell’inferno meridionale che ancora qualche solo fanatico con i paraocchi proclama paradiso del bel vivere, si agisce maledettamente contro le varie stratificazioni sistemiche della società meridionale; così facendo i meridionali si fanno sempre più male e fanno male, tanto male agli altri.
Fa sicuramente male chi irresponsabilmente avvelena ed inquina; la realtà della Terra dei fuochi è purtroppo una realtà di gran parte del Sud, mare compreso.
Chi produce tutto questo? È homo faber di tanta irresponsabile umanità d’insieme prima di tutto la famiglia che si è del tutto delegittimata nel ruolo fondante di primo e fondamentale impianto, presupposto e base di ogni società.
Oltre al mal funzionamento o addirittura per niente funzionante, il ruolo della famiglia non è più centrale e tanto meno di riferimento al vivere solidale d’insieme; tra l’altro, c’è il mancato ma importante ruolo della Scuola che, con superficialità di intenti, oltre all’ordinarietà delle poche cose da apprendere, non produce quei saperi e quella conoscenza senza la quale l’uomo e la sua società di riferimento è nel culo del sacco.
Purtroppo è un’agenzia sempre più vuota di contenuti culturali; sempre più priva di stimoli formativi e conoscitivi.
Stancamente funziona affidandosi al miracolo delle tecnologie (lavagna luminosa, tablet) utili strumenti per arricchire le proprie conoscenze, ma assolutamente non sostitutivi di quel sapere della mente che appartiene come sempre, al solo pensiero umano.
E così dalla famiglia alla scuola, la sofferenza antropica del nostro tempo meridionale, un tempo sempre più privo della scrittura, del comunicare scrivendo una delle più antiche tecnologie, universalmente condivise, si consuma nell’incertezza e nella precarietà di una società in un continuo divenire, sempre più silenzioso ed indifferente ai saperi, una società dal sociologo Bauman definita società liquida, con un fare liquido che entra sempre più a grande velocità nei meandri di una profonda crisi umana, con un comportamento antropico, in forte sofferenza, con influssi crescenti sugli ambienti di vita sempre più degradati e sempre più abbandonati a se stessi. Al Sud dove si produce male e poco, consumando tra l’altro, soltanto cibi spazzatura di cui abbondano oltre che gli scaffali dei supermercati meridionali le stesse dispense e le stesse cucine della gente del Sud, Terra della tanto pubblicizzata dieta mediterranea di cui purtroppo non è rimasto altro che la sola suggestione, mancando del tutto la produzione delle materie prime come il grano per la buona farina (proviene dai silos dove è scaricata da navi container di tutto il mondo) che non ritroviamo più nel buon pane del Sud e della Campania in particolare.
E così pure l’oro rosso, un tempo legato al tipico soprattutto campano; tante aziende del settore preferiscono lavorare le passate cinesi, con false filiere di solo scatolamento.
Povero oro rosso! Povero oro bianco! C’è, purtroppo, da dover anche dire, povero oro verde!
La buona Terra del Sud, scarsamente coltivata, pur conservando le sue caratteristiche e le sue potenzialità per prodotti di grande qualità e per questo, con riconosciuti valori salutistici, è sempre più maltrattata dall’uomo dei nostri giorni che, così facendo, si fa male, pregiudicando tra l’altro, al massimo il futuro dei propri figli che, oggi più che mai, vogliono vivere non da straccioni assistiti, ma da cittadini protagonisti ed attori di crescita e di sviluppo nelle Terre dei loro padri, Terre per altro magiche e ricche di un fascino antico che ti prende e non ti lascia più; che prende, senza lasciarti l’animo di ciascuno che le abita e che vuole viverle nel rispetto della natura per poi trasferirle come eredità ricevuta in consegna dai padri al fine di trasferirle ai loro figli, senza inopportunamente abusarne.
E così il tradimento umano interno ed esterno verso il Sud di questo inizio di Terzo Millennio non conosce limiti; in tale percorso c’è da registrare anche la negativa scomparsa dei tanti antichi mestieri fortemente legati al mondo della civiltà contadina; un mondo che nessuno intende ricordare nostalgicamente per farlo tornare così com’era, ma solo per le sue tante positività ed i suoi tanti buoni insegnamenti umani per l’uomo, per le famiglie e per le comunità di appartenenza che hanno ormai perso la propria identità, le proprie radici, i propri valori antichi, facendo precipitare l’uomo, in questo caso l’uomo del Sud d’Italia in una condizione da vero e proprio disastro, per altro annunciato, da cui è difficile se non impossibile uscirne.
Povera Italia nostra! Povero Mezzogiorno abbandonato a se stesso!
Occorre, correre da subito ai ripari; occorre pensare alla rinascita, tanto per non morire; tanto per non creare disperazione e crisi esistenziale sempre più diffusa, dove un se stesso in solitudine non ha più la forza e tanto meno la capacità di sfidare la grande rivoluzione di una inarrestabile globalizzazione con una interconnessione planetaria che ha ormai cancellato i contesti locali con le loro tradizioni e le loro forme di vita, senza dare l’alternativa di nuovi e possibili modelli del proprio vivere all’uomo in tutti i contesti che oggi sono sempre più virtuali; sempre meno reali e capaci di produrre in ciascuno il legittimo diritto all’autodeterminazione, una condizione umana purtroppo, sempre più negata.
Il Sud per salvarsi deve assolutamente sapersi rigenerare; il faticoso percorso di una possibile rinascita meridionale passa attraverso la rigenerazione umana che comprende sia le comunità che la società più in generale.
Attraverso questo processo antropicamente costruttivo si può pensare a costruire le necessarie ed assolutamente insostituibili istituzioni capaci di favorire quelle concrete dinamiche di solidarietà e di tutela della dignità della persona, senza le quali viviamo di sole negatività, come per le attuali condizioni di sofferenza umana e di malessere antropico-sociale diffuso, da cui bisogna assolutamente uscirne per non morire; da cui bisogna liberare il Sud per evitargli una morte sicura da profondo appiattimento e da sudditanza nella perversa logica dell’uomo mondializzato sempre più schiavo dell’apparire al posto dell’essere e dell’avere come principio unico, un feticcio ideologico che segna sempre più la persona umana in tutti i luoghi della Terra, nessuno escluso.
Meridionali se ci siete battete un colpo!
Costruitevi insieme quel percorso di vita virtuoso da cui dipende non solo il vostro presente, ma soprattutto il futuro dei vostri figli che, con il vostro fare carico di negatività, diventa purtroppo un futuro sempre più negato.
Meditate gente! Meditate!
La determinazione della vostra saggia umanità presente e futura è nelle vostre mani; è nei vostri cervelli; è nei vostri cuori.
Non è possibile tradire le attese di futuro di un futuro di pace.
Questo è un dovere cilentano imposto dalle proprie lontane origini; da quel mondo dei saperi dell’essere di cui noi tutti dobbiamo renderci attivi protagonisti per evitare che l’invadente mondo dell’apparire possa compromettere il futuro del mondo, disumanizzandolo al massimo, o peggio ancora distruggendolo, attraverso la distruzione della sua specie umana che cammin facendo e da troppo tempo, si è ormai spogliata, decidendo di suicidarsi, del bene dell’intelletto, un bene di cui l’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi non può fare assolutamente a meno.
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