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L’UOMO E LA TERRA. COME IL PASSATO, IL PRESENTE, ANCHE IL FUTURO, HA BISOGNO DELLA TERRA

📅 mercoledì 15 aprile 2015 · 📰 AttualitàCilento

15042015 mani nella terra
Credits Foto dnapoli.it

foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

Il futuro dell’uomo è intimamente legato alla madre Terra; alla Terra che in tante parti del mondo è sempre più ammalata di UOMO, che egoisticamente e con superficiale indifferenza, la maltratta, mutandone gran parte delle sue caratteristiche genetiche.
Tanto, a tutto danno di se stesso, costretto a vivere, in condizioni di sfasciume e degrado, abitando sempre più in luoghi disumanamente innaturali, riducendo così ovunque anche le opportune potenzialità del vivere insieme per rifugiarsi in mondi separati nei quali al vivere reale si preferisce la vita virtuale ed il nutrirsi di cibo sempre più avvelenato, con caratteristiche di cibo spazzatura, funzionale non alla buona salute della gente, ma al solo godimento del proprio stomaco, che si sente appagato di una sazietà che non ha in sé i presupposti del gusto e tanto meno della buona salute.
Il mondo, così come si comporta, va irrimediabilmente verso il disastro annunciato; un disastro che parte dalla Terra maltrattata ed inevitabilmente comprenderà la vita dell’uomo che non avrà più le condizioni necessarie per vivere, mancandogli, tra l’altro, anche il cibo spazzatura, necessario ad un sopravvivere che sarà sempre più maledettamente difficile.
Ha ragione Pierre Rabhi, un naturalista che è tornato a coltivare la Terra, proprio come si coltivava una volta, quando nel suo film testimonianza “Au nome de la Terra”, conversando con un interlocutore ospite, afferma “quando mi siedo a tavola non dico buonappetito, ma buona fortuna”.
Sono parole di un disperato messaggio antropico, che fa ben capire le gravi condizioni della vita dell’uomo sulla Terra; una vita, tra l’altro, avvelenata nelle coscienze degli uomini ed in modo tragico in quel che mangiamo, un cibo sempre meno naturale, sempre meno biologico, fortemente avvelenato dall’uomo che lo produce, pensando unicamente alla quantità a tutto danno della qualità di quel che si produce; di quel che si mette a tavola, purtroppo, sempre più estraneo alla buona salute.

Nei decenni passati con comportamenti umanamente sbagliati, tutt’ora insieme, l’uomo a capofitto, dimenticandosi dell’essere, si è buttato nel mondo fantastico dell’apparire e del consumare comunque, creandosi dentro i dannati presupposti della propria autodistruzione.
Il cibo, un bene di tutti gli uomini della Terra, è diventato bene di consumo sottoposto violentemente alle sole leggi di mercato, con possibilità concrete di acquisto solo per gli aventi le risorse monetarie necessarie ad acquistare ed a consumare, facendo così degli acquisti e dei consumi, il paradiso terrestre del falso piacere umano, tra l’altro, egoisticamente inteso come il tutto per sé.
In questo particolare momento storico, l’uomo, il povero uomo della Terra, complice e vittima di se stesso, si fa male, facendo così male agli altri e facendo altrettanto male alla natura di cui diventa nemico ad un punto tale da doverla considerare ammalata grave di uomo.
Nella sempre più diffusa pazzia del nostro tempo, si fa sempre più strada il libero convincimento di dover concentrare le risorse di cui ha bisogno l’uomo della Terra, nelle mani dei pochi che egoisticamente ne possono disporre l’uso per propri fini materiali di arricchimento fatto sulla pelle dei più deboli; degli esclusi, soprattutto per il rifiuto del cibo che ancora oggi interessa ben circa un miliardo di uomini, a cui viene innaturalmente negato il naturale diritto alla sopravvivenza, così garantendo a tutti il “pane della vita”; purtroppo, nelle mani violente degli sfruttatori dell’umanità, non è più un diritto, ma un solo privilegio di chi ha; di chi ha risorse e può egoisticamente pensare a spenderle, pensando sempre più, solo a se stesso.
La materialità del mondo, assunta come valore unico, è basata sulla centralità del denaro; ha in sé un valore universalmente condiviso e per il quale si accentuano i contrasti umani ed i conflitti, individuali e tra i popoli della Terra che, purtroppo, diventano sempre più conflitti insanabili; conflitti sempre più, aggressivi e violenti.
Bisogna che l’uomo della Terra, la smetta di imporre il suo egocentrismo deviante e deviato; la smetta con la centralità egoistica del tutto per sé, assumendo, per questo disumano ed inopportuno obiettivo, atteggiamenti di grande indifferenza per la vita ed il mondo degli altri.
Non è più tollerabile che tanto succeda nella più assoluta indifferenza umana; l’uomo della Terra non è nato per vivere egoisticamente solo per sé; deve vivere e saper vivere rapportandosi opportunamente agli altri; aprendosi e collaborando con gli altri, nel cui insieme c’è anche una parte di sé che rappresenta quell’insieme sociale a cui, dobbiamo, tutti noi della Terra, ricordarci di appartenere.
Tanto, al fine di creare le condizioni umane per garantire la vita a tutti gli esseri umani, nessuno escluso, permettendo a ciascuno l’accesso al pane della vita ed a quei diritti umani da garantire, al fine da evitare che una parte dell’umanità, sia umanità esclusa e senza diritti; sia, inopportunamente, una parte di umanità dai diritti negati, contravvenendo così alle leggi naturali che vogliono l’uomo portatore di pari dignità e di pari cittadinanza, universalmente intesa, di fronte alla dignità umana dei diritti dell’uomo che, altri uomini, padri-padroni, si sentono autorizzati a negare; si sentono autorizzati a cancellare, per effetto della sola forza di una prepotenza cieca e disumana che, oggi più che mai, non si ferma di fronte a niente ed a nessuno.
Ma in che mondo viviamo? Perché l’uomo della Terra sa sempre meno rispettare i suoi simili e la Terra che usa, abusandone? Così facendo non fa forse male prima di tutto a se stesso?
Non riduce la propria vita ad un vero e proprio inferno terreno da cui non uscirà vincitore, ma vittima sacrificale di un disastro senza ritorno, con vinti senza vincitori?
L’uomo, soprattutto i potenti che si sentono padroni del mondo, devono fermarsi a riflettere; non possono pensare di andare avanti sfidando sempre più, l’impossibile; così facendo, non fanno altro che compromettere irrimediabilmente la vita sulla Terra e quindi la loro stessa vita.
Siamo ad un punto senza ritorno; se ci si affida alla saggezza e si sa guardare all’umanità dei sapienti, ricchi dei saperi della Terra, ci si può anche salvare; se non si farà questo, così come da tempo annunciato, sarà la fine di tutto e per tutti.
Tanto, per quella profonda crisi del pensiero e dei valori; tanto, per quel disastroso vuoto di idee; tanto, per quel rapporto sempre più rovinoso uomo-ambiente, uomo-natura, uomo-Terra.
Tutto quanto sopra è determinato dal sempre più insufficiente e basso livello di cultura che caratterizza l’uomo del nostro tempo, soprattutto in determinate aree critiche del mondo, dove, purtroppo, in modo sempre più prevalente, avanza quel rovinoso vuoto di cultura e dei saperi che non promette niente di buono per l’umanità, oggi in condizioni di forte crisi, perché è fortemente in crisi l’uomo del nostro tempo.
C’è, negli scenari del mondo, un rapporto sempre più squilibrato tra il passato con il suo carico di tradizioni ed il presente, con la sua crescente ed a volte eccessiva domanda di modernità.
La modernità non deve né può significare annullamento del passato delle tradizioni che comprende, tra l’altro, il rapporto con la madre Terra, da rispettare, non snaturandone il legame e da conservare per evitare una crisi di futuro conseguente al cattivo rapporto passato, presente, futuro.
L’uomo del nostro tempo in modo sempre più suicida è indifferente al passato ed alle sue tradizioni; così facendo, certamente non agevola il cammino dell’umanità.
Tanto, sia nel rapporto uomo-uomo, sempre più indifferente all’unità d’insieme, sia nel rapporto uomo-Terra, un rapporto sempre più violentemente squilibrato per la pretesa umana di usare la Terra, in quanto se ne sentono padroni assoluti e quindi naturali dominatori, a cui è consentito di fare tutto, abusandone senza limiti.
Questi scenari tristi sono parte viva del nostro presente; rappresentano la nostra modernità che continua a cancellare inopportunamente le radici delle nostre tradizioni, fatte da un rapporto equilibrato ed armonico con la nostra madre Terra, una madre saggiamente benevola che l’uomo egoisticamente si ostina a maltrattare, facendo così male, prima di tutto, a se stesso.
È un grave e rovinoso errore assumere comportamenti umanamente ostili nei confronti della madre Terra, sempre più abusata, sempre più violentata, sempre più usata per produzioni poco naturali e con scarse caratteristiche salutistiche, in quanto geneticamente modificate e/o avvelenate da prodotti chimici estranei a quel mondo naturale che va protetto e conservato per garantirsi umanamente nella tradizione, senza la quale proprio non c’è futuro per la modernità.
Tutto questo ci viene dal saggio comportamento dei tanti che hanno conservato sapientemente un buon rapporto con la Terra.
In nome della Terra pensano sapientemente ad un mondo nuovo; ad un mondo che per vivere bene deve sapersi rapportare alla cultura rurale utile al buon rapporto umano e prima ancora al buon rapporto con il cibo e la propria tavola, da cui dipende la buona salute e l’altrettanto buon vivere umano.
È importante saper riconoscere i limiti propri della possibilità umana; sono tanti oggi che, nonostante la modernità cercano di andare sempre più oltre, indifferenti ai confini delle “Colonne d’Ercole” che nella tradizione venivano rispettati, evitando quell’inopportuno accanimento di andare oltre i limiti del possibile umanamente consentito.
Un buon viatico per riscoprire i valori della buona Terra è nell’esperienza umana e culturale di Pierre Rabhi; un’esperienza che, se ben capita entusiasma oltre ogni limite e fa ben capire quanto sia importante la Terra, la buona Terra, così come per il passato, anche per il futuro dell’uomo.
È la Terra al centro della vera vita dell’uomo; è la Terra che fa dire a Pierre Rabhi che non c’è modernità, né futuro possibile, se l’uomo non torna virtuosamente a coltivarla, amandola, rispettandola, mettendo nelle sue zolle naturalmente a dimora i semi naturali, per poi raccogliere i buoni frutti, che diventeranno poi il sano cibo della tavola dei sapori antichi e della buona salute.
Grazie Pierre Rabhi per gli esempi che riesci a dare al mondo attraverso il tuo pensiero ed il tuo instancabile fare quotidiano, producendo quel cibo sano e genuino che può, sedendosi a tavola, far dire a tutti “buonappetito” e non più e sempre più “buona fortuna”, per i sempre più dannosi alimenti di un cibo spazzatura, un prodotto non più della buona Terra, ma dell’insaziabile mondo economico che oggettualizza tutto e tutto diventa solo busines economico-finanziario.
La mia cultura di provenienza fortemente radicata nel vecchio mondo contadino, mi ha accompagnato amorevolmente nel corso della vita in quel sacrale rispetto per la mia madre Terra, intesa come Terra da amare, da rispettare, da usare senza abusarne e senza pensare che vada usata come se ciascuno di noi fosse l’ultimo ad abitarla ed a viverla. Non è assolutamente così.
Gli uomini che vivono sulla Terra sono custodi e non padroni della Terra; per questo, va usata con saggio rispetto, senza abusarne, in quanto, oltre ad essere un bene del presente, come ci insegna la storia millenaria è, anche e soprattutto, un grande bene per il futuro dell’umanità.
Con grande forza antropica e culturale ho sempre pensato a costruire un rapporto saggiamente armonico tra il sapiente passato e la modernità, purtroppo, frettolosamente impegnata in cambiamenti fatti del solo apparire sempre più indifferenti all’essere ed alla saggezza dell’essere che interessa sempre meno; tanto, soprattutto da parte dell’indifferente umanità dell’Occidente, sempre più attenta al solo vivere terreno della materialità sempre più spinta.
Convinto dell’importanza delle testimonianze, ho pensato all’importante mia funzione nel ruolo di operatore culturale attento conservatore della storia materiale del vecchio mondo contadino; a partire dagli anni sessanta, mi sono attivamente adoperato ad Ortodonico Cilento, per una concreta raccolta museale degli oggetti abbandonati del vecchio mondo contadino.
Si tratta di oggetti, sempre più indifferenti ai più e prossimi a scomparire, pur rappresentando testimonianze della tradizione assolutamente necessarie alla modernità ed al saggio suo cammino nel futuro, da costruire insieme nel rispetto del passato.
Sono contento di questo mio impegno prevalentemente antropico, realizzato ben oltre le mie caratteristiche professionali di sociologo, ma sicuramente nella mia giusta dimensione umana, dell’identità, dell’appartenenza e delle radici profonde che da sempre mi legano alla madre Terra.
In questa stessa dimensione di rispetto per il passato, inteso come tradizioni, come storia e come testimonianze, ho attivamente impegnato più e più anni della mia vita nel progetto di restauro e di recupero alla modernità di un’importante testimonianza del medio evo cilentano; la Torre Medievale di Ortodonico che, grazie al mio impegno unitamente a quello di mia moglie e della mia famiglia, fortemente contagiata dalla mia instancabile passione per la conservazione di importanti testimonianze del passato, oggi è un bene restaurato e ben conservato anche per il futuro di quelli che verranno.
Il futuro del nostro Paese è, prima di tutto, nelle idee; nelle idee sia individuali che di insieme, finalizzate al fare.
Se questo saggiamente accadrà, salveremo il Cilento, il Sud, l’Italia, l’Europa ed il mondo.
Se questo accadrà come saggio impegno ed atto d’amore per la Terra, salveremo la Terra e non solo la Terra, ma anche l’uomo, anche quel suo fragile uomo che la abita, sentendosene inopportunamente padrone assoluto e maltrattandola con abusi che possono irrimediabilmente comprometterne il futuro ad un punto tale da farlo diventare negato per quelli che verranno.

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