L’USO-ABUSATO DELLA PAROLA “EVENTI”
È sacrilego linguisticamente ed oltre, confondere gli “eventini” con gli “eventi”
di Giuseppe Lembo | BlogSuccede sempre più spesso, soprattutto in Campania e nel Cilento, dove piccole manifestazioni di piazza, vengono considerate "eventi".
Purtroppo, nel nostro Paese e soprattutto al Sud, in questo periodo di intenso caldo estivo, oltre alle tante negatività umane, cresce anche una sempre più diffusa confusione semantica.
Tanto, non per l’uso del linguaggio territoriale al posto della lingua italiana, ma soprattutto per un uso-abusato delle parole, dando ad esse e sempre più inopportunamente, un significato diverso da quello che effettivamente hanno in sé.
Un termine italiano oggi volgarmente stravolto nel suo intimo significato, è la parola “EVENTO”.
Per uscire dagli equivoci dell’uso-abusato della parola “evento”, basta consultare un qualsiasi vocabolario della lingua italiana; a chiare lettere e senza equivoci di sorta, possiamo essere informati che la parola eventi significa ed ha il solo preciso ed inequivocabile significato di avvenimento o iniziativa di particolare rilievo; tanto sul significato della parola “evento” leggiamo anche nel vocabolario della lingua italiana “Lo Zingarelli” edizione 1997.
Trattasi di una parola italiana, dal latino eventuum.
Senza disturbare l’Accademia della Crusca o leggere le copiose pagine dell’Enciclopedia Treccani, la parola “evento”, ha il significato senza equivoci, di “avvenimento o iniziativa di particolare rilievo”.
Se è così, non è assolutamente possibile farne un uso inopportunamente abusato, attribuendole un significato di altra natura e malamente rubricato come espressione di fatti e/o di manifestazioni che sono fatti e/o manifestazioni da rispettare, ma non certamente da considerare “eventi”.
Purtroppo nelle periferie italiane dal Nord al Sud dove regna sovrana una profonda subcultura di un quotidiano senza senso, c'è sempre più, un uso-abusato della parola italiana "evento", dal suo inequivocabile significato, così come soprariportato.
La parola “evento” ha il solo significato di “avvenimento o iniziativa di particolare rilievo”; l’uso-abusato in un crescente gergo da “italianuzzi”, proprio non va bene; trattasi di un uso-abusato, tutto da cancellare.
Crea, inopportunamente, solo confusione, con un significato del termine che di fatto non è il suo vero significato.
Non usando correttamente ed opportunamente le parole della nostra lingua, si corre sempre più il grave rischio di un’attribuzione di un significato assolutamente fuorviante.
Se lo spettacolo e/o spesso gli appuntamenti con le cosucce gastronomiche da popolo dello stomaco diventano eventi, allora abbiamo indecentemente fatto torto agli eventi, quelli veri che sono promossi per quello che realmente sono e rappresentano.
A chi giova usare strumentalmente la lingua italiana? Il cui prodest? Non ha assolutamente una risposta plausibile e convincente.
L’Italia della grande confusione umana e semantica ha proprio varcato i confini del possibile anche in senso linguistico.
Ricordo a tal proposito l’opportuna ed indignata reazione di Vittorio Sgarbi al Castello di Agropoli, dove si scagliò con forte veemenza contro un ospite di una manifestazione culturale, che usavo -abusandone, la parola “evento”; con un linguaggio fortemente aggressivo da parte di Sgarbi, il malcapitato partecipante, fu messo a tacere e fu, con forte veemenza di parola, diffidato ad usare il termine “evento” per manifestazioni che assolutamente non rispondono al significato di evento, in quanto non hanno in sé la buona caratteristica di quegli avvenimenti e/o di quelle iniziative di particolare rilievo che possono giustamente fregiarsi in modo nobile del tanto usato - abusato termine di "evento".
Usare-abusandone, l’importante parola italiana “evento” rappresenta, come dice Vittorio Sgarbi, una violenta ed inutile volgarizzazione di un assolutamente “altro” del pensiero e del fare, spesso mediocremente secondario e dalle caratteristiche di arte e di valore che non hanno niente da spartire con il vero significato del termine, purtroppo e sempre più spesso, usato in modo sbagliato ed inopportuno da italiani sbagliati che non sanno dare il giusto valore e l’altrettanto giusto significato alle cose dette e spesso scritte, soprattutto sul web, così violando un’etica linguistica che non può essere assolutamente violata da nessuno.
Sempre, condividendo Sgarbi, c’è un’altra importante parola italiana la “bellezza” che non è usata correttamente, ma in forte e grave violazione del suo vero significato.
Per come stanno le cose linguistiche italiane, non è solo uno sfogo pretestuoso contro chi fa un uso-abusato della lingua italiana; si tratta, piuttosto, di un intervento preoccupato da vero e proprio allarme rosso per i rischi sempre più gravi che corre l'italiano degli italianuzzi del nostro tempo; con un generale sistema comunicativo sempre meno autentico della società italiana, si va preparando a diventare un mondo di silenziosi, di balbettanti, di esterofili e di un uso insipido ed inconcludente dell’italiano che va così perdendo, per come lo si parla e lo si scrive, la sua nobile origine di lingua del pensiero, delle idee e del comunicare autentico, che sta venendo sempre più meno.
Purtroppo, di fronte a questi scenari tristi, c’è da essere allarmati; c’è da essere preoccupati per come i nostri figli, sempre più figli del mondo virtuale e silenzioso del web parlano e comunicano, comportandosi, come detto dal semiologo Umberto Eco, da veri e propri “imbecilli del web”.
C’è da riflettere; c’è da riflettere e da confrontarsi per invertire un’amara tendenza che porta e non solo, al solo disastro di un italiano non italiano; tanto, partendo dal significato sempre più sbagliato e senza senso che si dà ai termini italiani, usati abusandone, come la parola "evento" che deve continuare ad avere il suo vero significato di “avvenimento o iniziativa di particolare rilievo” e non di altri falsi significati, usati scorrettamente in un minestrone linguistico falsamente italiano, sempre più insipido e senza senso.
l'uso abusato del termine evento, cambiando il significato di “manifestazione” in “evento”, è un uso in violazione del suo originario significato linguistico; una violazione inopportuna che proprio non fa per niente bene alla nostra lingua dalle nobili origini e, purtroppo, sempre più lingua morta.
L’Italia degli italianuzzi non ha rispetto del suo passato ed ancor meno del suo passato linguistico, ormai indifferente ai più, per l’uso-abusato che se ne fa; se ne sacrifica la sua importanza di lingua un tempo importante, usando un linguaggio dal comunicare sempre meno autentico e sempre più affidato ad una virtualità comunicativa dove ognuno si sente protagonista come sostiene il semiologo Umberto Eco, nel proprio ruolo di “imbecilli del web”.
Il mettere il dito anche sulla piaga della lingua italiana in questo infuocato agosto italiano non è il solo capriccio di quell’essere italiano a cui è da tempo ormai indifferente tutto; tutto di se stessi; tutto nel proprio disarmato Paese; tutto del proprio comunicare; tutto del proprio uso linguistico, per cui è ormai normalissimo usare abusandone, la parola italiana evento.
E che ci fa? Quale grave reato si commette facendo un uso scorretto delle parole che appartengono alla lingua italiana?
Il che ci fa è ormai una parte diffusamente sconsiderata di una italianità del tutto italiana con una visione assolutamente normale; una visione, purtroppo e sempre più, ridotta al solo mondo dell’apparire che è indifferente all’essere e soprattutto è indifferente alle regole civili da rispettare, come presupposto e base per la Pace di un Paese che non vuole morire e che vuole guardare al futuro italiano, guardandosi bene dal ridurlo in futuro italiano con protagonisti dominanti gli italiani attenti al solo nulla.
Gli italiani attenti al proprio essere popolo dello stomaco indifferente al sapere ed al mondo dei valori della cultura dell'Essere, per la quale, come sta accadendo sempre più, l’Italia e le sponde del Mediterraneo, non sono Italia e tanto meno civiltà del mare nostrum, ma solo un confuso e sofferto insieme umano che, tra l’altro, tradisce il valore della diversità, anche linguistica, senza poi costruire niente di buono nel mondo dell’universalità possibile dove ciascuno deve continuare ad essere se stesso; dove ciascuno non deve mai smettere di essere se stesso, anche nell’uso della propria lingua, per evitare quello scadimento umano che porta tanti nel mondo a chiedersi “ma io chi sono?” e ad essere considerati sempre più dagli altri del mondo, gli “italianuzzi” del nostro tempo.
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