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NEL PASSATO LE RADICI DEL FUTURO

L’importanza umana e territoriale del “ricordare” dicendo sempre la verità.

Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante.
Ci aiuta ad essere coraggiosi. (Aldo Moro)

📅 giovedì 7 gennaio 2016 · 📰 AttualitàCilento

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foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

È importante ricordare; è assolutamente importante non dimenticare.
Il passato con tutto il patrimonio che lo comprende, ci appartiene; è parte di Noi.
Spesso nel passato ci sono anche importanti tracce dell’Io che sa diventare Noi, proponendosi come condivisione utile al fare umano e sociale di insieme.
Ricordare il passato è un fatto importante per tutto e per tutti; è un raccontare per raccontarsi e così riaccendere la speranza di cambiamenti possibili nell’umano e nel sociale, soprattutto se trattasi di un umano e di un sociale in cui ci si identifica e di cui ci si sente parte, come forte espressione della propria territorialità e del proprio mondo attentamente osservato, studiato e ricercato per conservare radici ed appartenenza da tramandare al futuro.
Tutto questo è stato il mio forte impegno per Montecorice e soprattutto per Ortodonico, un’importante testimonianza del passato al quale ho dedicato il mio grande fare di conservazione etno-antropologica attraverso le testimonianze di vita contadina oggi conservate nel Museo della Civiltà Contadina a cui ho profuso un saggio impegno di realizzazione ed un altrettanto saggio impegno di iniziative e percorsi del fare che ne hanno fatto un importante luogo della memoria, studiato e conosciuto da tanti studiosi della cultura e della storia popolare di cui il Museo, anche per le sue importanti conservazioni materiali ed immateriali, è un prezioso scrigno.

Un luogo da amare, da rispettare e da considerare fortemente proprio, per tutto quanto rappresenta; per tutto quanto esprime e soprattutto, per tutto quanto di importante potrà significare per il futuro che va intelligentemente accompagnato proprio attraverso le tante vie della memoria del suo passato.
Ho ritenuto di riproporre brevemente un percorso delle cose fatte, solo al fine di evitarne la dimenticanza e/o peggio ancora la cancellazione dalla memoria; sarebbe un grave ed inopportuno danno per tutto e per tutti.
Sarebbe un danno per Montecorice, per Ortodonico, per il Cilento, per la Campania ed il Sud più in generale, se non si sa capire da dove partire per costruire, come prodotto d’insieme, un mondo nuovo, per un futuro umanamente nuovo anche a Montecorice ed ad Ortodonico, realtà purtroppo, sempre più marginalizzate, soprattutto, per effetto di una crisi crescente delle risorse umane cancellate dall’indifferenza di chi non ha saputo e forse neanche voluto trattenerle come risorse umane (cervelli e braccia) utili a costruire percorsi territoriali di un diverso futuro; di un futuro ancora oggi possibile da costruire se si sa capire l’importanza dei saperi territoriali (soprattutto quelli velini), un importante patrimonio dell’umanità conservato proprio nel Cilento.
Un patrimonio-risorsa che può mettere ordine nel forte disordine umano e sociale, dove per effetto di un grave e diffuso nanismo culturale, deviando il giusto corso, si pensa ancora che il solo futuro possibile, sia quello del solo avere-apparire, purtroppo e sempre più, parte di un devastante patrimonio comune del pensiero e del fare.
È, partendo dal pensiero dell’Essere parmenideo e dai valori suoi propri, che si può pensare di cambiare il mondo, invertendone il corso, anche nel Cilento, dall’avere-apparire all’Essere.
Tutto questo è necessario ed ha la prima, saggia pietra proprio nel Cilento e nella sua Terra Velina, dove Parmenide e la sua Scuola studiò l’ESSERE ed il suo insostituibile ruolo nella vita dell’uomo; nella vita dell’uomo di tutti i tempi, non esclusi quelli carichi di negatività umana a causa di un forte e sempre più diffuso nanismo culturale vissuto da un’umanità sempre più indifferente e distante dall’Essere e dai valori dell’ESSERE, propri dell’UOMO in quanto “È”.
Anche se la mia può apparire una voce fuori dal coro, soprattutto in contesti paesani dove c’è un diffuso clima di “grandezza umana”, con le radici profondamente radicate nel falso avere-apparire, non mi sottraggo al dovere di farla sentire, sottolineandone l’importanza per pensare insieme a costruire un futuro possibile, diversamente cancellato, da un futuro maledettamente negato.
Il possibile umano e sociale che può dare la spinta ad un altrettanto possibile sviluppo economico e territoriale ha la sua forza insostituibile nella cultura; nella cultura con alla base le idee confrontate e condivise ed un insieme umano capace di essere attivamente protagonista del proprio sviluppo; del proprio futuro, conservando ed innovando, anche nella Terra dei padri, in cui bisogna assolutamente fermare la devastante emorragia delle fughe umane dei cervelli e delle braccia da lavoro dei giovani, senza i quali c’è sempre più, il solo radicamento del futuro negato che proprio non giova a nessuno se non si vuole, in modo suicida, cancellare mondi umanamente importanti, ma necessariamente da rigenerare, attraverso la cultura, i saperi, la conoscenza per un Progetto Sud, partendo dai paesi dell’anima, che può intelligentemente pensare al futuro conoscendo e mettendo insieme le sue risorse, con menti pensanti capaci di utilizzarle al meglio e costruendone per questo, i percorsi possibili.
Tanto, partendo dal mondo antropologico ancora carico di sofferenza familistica e di un individualismo cieco che proprio non giova al cambiamento possibile e riproduce sempre più consolidate situazioni di sottosviluppo che hanno le loro radici in una feudalità mai sconfitta e che si è andata riproponendo, anche se con diverse caratteristiche, da una generazione all’altra, tenendo ben fermo il principio assolutamente dominante del potere e dei privilegi.
È assolutamente giunto il tempo di cambiare! Nel Terzo Millennio con le sue caratteristiche globali e con un’umanità in cammino, perché non più stanziale, al fine di cercarsi, ovunque nel mondo, prima di tutto, il diritto alla vita, proprio non è permesso né agli uomini, né ai territori, di rimanere indietro e di considerarsi ancora eredi di un passato che non c’è più, di un passato però fortemente utile da ricordare e da richiamare alla memoria per cambiare le proprie condizioni di vita, confrontandosi con gli altri, le cui diversità sono una risorsa importante per il futuro di insieme di tutta l’umanità in cammino alla ricerca di una dignità umana che nessun uomo della Terra può negare all’altro di qualsiasi altra parte del mondo, sempre più attento a costruirsi una società-mondo in una Terra-Stato.
Questi miei pensieri sulla mia Terra non sono pensieri peregrini e tanto meno inventati.
Sono pensieri dominanti che vengono da lontano; tanto, come può dimostrare il contenuto di questo allegato documento dal titolo “Manifesto della Cultura” datato 2007 e da me sottoscritto, nel quale al centro del cambiamento e dello sviluppo per la nostra gente c’è la cultura; ci sono i saperi e la conoscenza, fattori umanamente insostituibili per pensare a crescere insieme, diventando protagonisti di futuro, un ruolo importante per garantire condizioni di vita possibile per la gente e per i territori purtroppo poco considerati per quello che realmente potrebbero essere anche per quelli che verranno, se intelligentemente utilizzati con un coinvolgente Progetto di idee e di un fare saggiamente condiviso.
Sul Manifesto che è in sé un documento su cui riflettere, non mi soffermo; lo lascio così com’è alle attente ed intelligenti riflessioni della nostra gente che, purtroppo e questo lo devo sottolineare, è ieri come oggi, continuando a farsi male, del tutto indifferente al futuro da costruire a più mani; è, facendosi male, ancora maledettamente distratta dal proprio egoistico mondo dell’avere e dell’apparire che fa dimenticare a tutti quanto sia importante l’ESSERE ed i valori dell’ESSERE, assolutamente necessari per cambiare e così garantire un futuro nuovo anche ai nostri territori da sempre, dal futuro negato.
Il Manifesto della Cultura anche se datato 2007, è attuale come non mai.
È, per questo che, raccontandomi per raccontare, ho ritenuto opportuno riproporlo, sperando che possa essere uno stimolo ed un “saggio” momento di riflessione per tutti; per tutta la gente di buona volontà che deve capire a fondo l’importanza della cultura per tutto e per tutti noi.
È l’anima dell’insieme umano e territoriale; è la guida del pensiero e del fare condiviso.
Non ci può essere un laboratorio territoriale delle idee alla base di un utile Progetto di futuro, se non c’è la cultura; se non c’è dinamismo culturale; se non ci sono cervelli attenti ai saperi, alla conoscenza ed alle innovazioni che, con le radici nel passato, innervano il presente di un futuro possibile, con protagonisti, prima di tutto, i “cervelli” che si sanno nutrire di cultura per poi tradurla, applicandola, in un “saggio” modello di vita che, nel particolare del piccolo territoriale, sappia avere una visione allargata del proprio fare, considerata la dimensione diffusamente globale del Terzo Millennio, un tempo in cui l’uomo deve cambiare e capire a fondo dove andare, non potendo assolutamente isolarsi e/o rimanere indietro.
Perché tanto accada, bisogna partire dalla cultura; a nessuno sul nostro territorio e da parte della nostra gente, deve essere consentito dire, parlando di cultura, “a che serve!”.
Si tratta di una frase di vilipendio da cancellare, ben ricordandosi che serve; che serve tanto, per rigenerare e rigenerarsi in un mondo nuovo; in un mondo che, dal futuro negato, con la “saggia” forza dei cervelli da conservare ai territori, riesca a diventare il percorso di un mondo umanamente nuovo e sviluppato, permettendo così ai figli di poter continuare a vivere nella Terra dei Padri.
Bisogna saggiamente saper pensare positivo; bisogna con fiducia, rimboccarsi le maniche e diventare insieme attivi protagonisti di un mondo nuovo anche nelle Terre dimenticate del povero Cilento, da sempre sedotto ed abbandonato che può da “Terra dei saperi eleatici” essere, come già scrivevo nel Manifesto del 2007, elemento di forza per le nuove generazioni, sia sul piano umano che dei valori che legano il presente al passato, proiettandolo nel futuro.
Per fare questo è, necessario, prima di tutto e soprattutto, che non si dica mai più “Non è un Paese per giovani”, “Non è una Terra per giovani”.
Mancando la presenza giovane ed i loro “cervelli”, manca il futuro della vita; si continua così, maledettamente, ad essere una parte di un mondo non sviluppato; ad essere una “Terra dal futuro negato”.

manifesto


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