Un percorso da “homo sapiens”, per “futuro possibile” della Terra cilentana
Con la pretesa di cambiare tutto, di fatto non si cambia niente; ma proprio niente
di Giuseppe Lembo | BlogIl Cilento, proprio non la smette di sorprenderci. Tanto, non per le cose positive, assolutamente necessarie, ma soprattutto per il suo nanismo umano, culturale e politico, fonte di un malessere profondo dalle radici lontane; nonostante le ripetute belle promesse, che ormai si vanno ripetendo nel tempo, tutto è in una condizione di grave crisi che non trova, né può trovare soluzioni umanamente possibili, per l’indifferenza umana ed istituzionale che ha sofferto nel tempo, un grave danno antropico - territoriale di cui ancora e sempre più, soffre ancora oggi.
Il Cilento sedotto ed abbandonato al suo triste destino, nonostante le promesse dei tromboni sfiatati abituati a parlare a vanvera, purtroppo, il suo appuntamento con il futuro possibile se l’è malamente giocato da tempo e comunque in quegli inizi degli anni novanta del secolo e millennio scorso quando, con l’istituzione del Parco, la “saggia” gente cilentana sperò in modo diffusamente positivo, maturando la convinzione-certezza che era l’ora della riscossa cilentana; che, era giunta l’ora di poter finalmente credere al futuro possibile, vincendo così il fare negativo di un destino nemico che tanto male aveva fatto alla gente cilentana, da sempre miseramente abbandonata a se stessa e sradicata dai propri territori per terre lontane e non sempre amiche, con un’emigrazione di massa che aveva svuotato gran parte dei territori cilentani soprattutto collinari, dove i tanti Paesi dell’anima, belli da vivere, si andavano cammin facendo, trasformando in Paesi senz’anima dove, come adesso, è sempre più difficile vivere; dove è sempre più difficile anche il solo sopravviverci.
Tanto per una condizione di crescente sofferenza antropica, con abbandoni senza ritorno, causa di diffusa desertificazione e di un invecchiamento che andava cancellando le sempre più precarie condizioni di vita.
Nel Cilento, siamo a condizioni di vita precarie e sempre più negate, prima di tutto, dal punto di vista umano; ma non solo, in quanto con l’assenza dell’uomo, amico della Terra cilentana ed intelligentemente guardiano del territorio, si sono andate compromettendo anche le condizioni fisico-naturali dei territori che, per abbandoni e mancanza di presenza umana, hanno subito in modo incontrovertibile, un devastante degrado con scivolamento a valle per frane e smottamenti per acque non più regimentate, ma sempre più abbandonate a se stesse.
Il Cilento, purtroppo, è dal fare confuso e proprio, non riesce a liberarsi della sua condizione di solitudine umana.
Questo, proprio, non succede nel Cilento, fortemente ammalato di uomo; purtroppo, non ci si fida del vicino; pur vivendo a fianco l’un l’altro, si resta oltre che umanamente separati, assolutamente indifferenti, cancellandone così, l’opportunità condivisa di un insieme umano necessario e funzionale al bene comune.
Purtroppo, il Cilento è fortemente ammalato di uomo; vive in una condizione di sofferenza antropica che non gli permette di alzare la testa e di darsi il giusto cammino di umana civiltà, inopportunamente cancellata da un fare disumano e sbagliato che, per un diffuso vuoto di valori e di cultura, proprio non riesce a capire, facendone tesoro, l’importanza dell’altro, in quanto uomo, funzionale e necessario ad un insieme condiviso che vuole anzi deve assolutamente garantirsi il futuro, vivendo umanamente bene, il proprio presente.
Il Cilento, come gran parte del Sud, proprio non riesce a capire ed a ricercare l’importanza dell’insieme condiviso; tanto, prima di tutto, utile e funzionale a se stesso, ma non solo, in quanto la condivisione è il primo necessario passo per il protagonismo partecipato e quindi per la partecipazione alle scelte che diventano, così facendo, scelte di insieme e non imposizioni di soli decisori occulti, spinti, tra l’altro, da interessi non sempre trasparenti e tanto meno saggiamente funzionali al bene comune.
Il Cilento è una Terra di nessuno in quanto a protagonismo ed a partecipazione attiva; con un fare indifferente, sbagliando, c’è in modo diffuso, la poca saggia abitudine di vita della delega in bianco, affidata a mani non sempre affidabili che, abusandone, ne fanno l’uso che meglio credono, indifferenti agli interessi veri di chi li ha chiamati a rappresentarli, rappresentando al meglio gli interessi del territorio e della società di insieme che li vive, purtroppo, da rassegnata e nell’indifferenza umana dell’uno per l’altro.
Nel Cilento e del Cilento sono tante le negatività diffuse; prima di tutto, in quanto è la più tragica, c’è una grave condizione di profondo malessere umano e territoriale.
L’uomo cilentano è sempre più indifferente a tutto; legge poco o niente e tra l’altro, se legge, dà poca attenzione a quel che legge, con una comprensione assolutamente minima delle cose lette (meno del 30%); tanto e per effetto di quel fenomeno di analfabetismo funzionale, comune all’Italia di tutte le sue diversità umane, sociali e culturali.
Il Cilento, unitamente a gran parte del Sud, è rimasto indietro, soprattutto, per gravi sofferenze antropiche; tanto, da poter dire che, il primo male del Sud e del Cilento in particolare è, in sé, un male fortemente antropico.
Un male grave che non ha permesso al Cilento di svilupparsi e di guardare avanti al proprio futuro di un assolutamente possibile sviluppo.
L’uomo cilentano, fortemente familistico e solo con se stesso, ha saputo poco o per niente fare rete associandosi e mettendosi insieme, per così mettere insieme le idee condivise, al servizio della società cilentana, in una comune condizione di forte e diffusa solitudine umana e culturale, un grave gap per una società che funziona e che deve assolutamente funzionare se si propone come protagonista di un futuro possibile.
Tutto questo non c’è stato e non c’è nel Cilento che, nonostante sia la Terra dei saperi dell’Essere, è in una grave condizione di diffusa sofferenza antropica e culturale.
Una sofferenza che, purtroppo, oltre a fare male, al presente, fa tanto, ma tanto male, al futuro possibile che diventa futuro negato, non essendoci alla base una società con un suo insieme che funzioni per dinamismo di vita e per idee espresse e condivise e per quella necessaria partecipazione umana allo sviluppo, senza la quale è assolutamente difficile, se non impossibile, costruire percorsi umani e territoriali di sviluppo possibile.
Nel Cilento c’è, purtroppo e sempre più, un tragico spreco di risorse umane; quelle più dinamiche e professionalizzate, ossia i cervelli, pensanti e creativi, dopo lunghi anni di formazione, vedendosi rifiutati dal territorio, se ne vanno, cercando altrove percorsi di vita possibile per quel futuro che dovrebbe altrettanto essere possibile sui territori in cui si è nati. Ma, purtroppo, non è così; anzi è sempre meno così.
A rimanere sui territori cilentani di appartenenza per nascita, sono sempre più le risorse residuali e rassegnate a vivere senza speranza e senza attese di cambiamenti possibili, non sapendo né volendo investire niente delle proprie risorse umane di cui preferiscono svuotarsi, non tenendone conto.
E così, il Cilento sempre più umanamente depauperato con la sua popolazione fortemente invecchiata ed indifferente al futuro, vive sui territori cilentani continuando ad abusare ed a poco opportunamente consumare in modo sbagliato suoli ai soli fini residenziali, sottraendoli alla loro naturale destinazione d’uso agricolo; così facendo, va purtroppo, perdendo le sue buone caratteristiche di Terra da coltivare, trasformata com’è in altro e modificata o meglio alterata nel suo insieme ambientale poco opportunamente appesantito da case, non sempre utili e necessarie e quindi in sé, un grave ed inutile peso per i territori su cui sono state costruite.
C’è sui territori cilentani senz’anima, soprattutto quelli collinari, un falso buonismo umano; un buonismo di sola facciata che ha in sé una componente di vita funzionale a fottere il prossimo che, da rassegnato e senza speranza, in silenzio subisce tutto, non avendo la forza e la volontà umana di agire e reagire, facendo capire a chi di dovere, il “ci sono anch’io”, nel ruolo di cittadino di questo territorio che “lo vivo e mi appartiene”.
Se nel Cilento si continua così, sarà veramente la fine. Purtroppo, si va tristemente abbandonando la qualità della vita che si va abbassando; chi se ne deve accorgere, fa finta di niente, ad un punto tale, da rendere difficile non solo vivere, ma anche semplicemente sopravvivere.
C’è, nell’umanità cilentana, tanta profonda solitudine; c’è tanta diffusa sofferenza; c’è, tra l’altro, tanta disumana rassegnazione in quelli che ancora giovani, decidendo di restare, non chiedono né si aspettano niente dalla vita che, tradendo tutto e tutti, diventa sempre più, una vita negata.
Il pensiero dominante è quello dell’indifferenza;di un’indifferenza disumanamente diffusa.
Nella nostra società cilentana, abbiamo un orizzonte di vita veramente basso.
Per quello che vado scrivendo, per i più, sono un inopportuno provocatore; uno di quelli che va disturbando il prossimo (i cani che dormono), non facendosi, dicono per idiotismo umano, i fatti propri.
A tanto rispondo che scrivo quel che penso e che è giusto pensare e scrivere soprattutto sul mio e per il mio Cilento, perché sono un uomo libero; un uomo che sente il dovere umano e del libero pensiero di esprimere le proprie idee; le proprie opinioni, come fatto di impegno e di utilità per i tanti silenziosi che, indifferenti a tutto, vivono tristemente la loro vita, facendosi calpestare non solo i loro diritti, ma anche la loro dignità di uomini.
Sono un pensatore; mi appello al diritto, intellettualmente onesto, soprattutto in difesa del mondo silenzioso, da sempre sedotto ed abbandonato a cui appartengo e mi sento fortemente legato. Un mondo umanamente offeso da tutto e da tutti e di più e prima di tutto, dal silenzio di cui è circondato in modo assordante; un silenzio complice che abbassa gli orizzonti civili della nostra società, dove regna sovrano il principio, “se non stai con me, non hai assolutamente il diritto di esistere”.
È una minaccia da vero e proprio pregiudizio umano usata dai prepotenti del quartierino, che va assolutamente ed al più presto cancellata; tanto, per ridare dignità ad un’umanità cilentana che merita un diverso destino e non può assolutamente e più oltre, con il suo silenzio complice, rendersi responsabile di un immobilismo indifferente che uccide il futuro possibile, permettendo solo ai prepotenti del territorio di autoperpetuarsi nel potere paesano e nei privilegi che spesso passano di mano da una generazione all’altra, cambiando tutto per non cambiare niente.
Questo è, purtroppo, il sistema Cilento; un sistema che si rigenera nella sua crisi di sempre; un sistema a cui i cilentani non credono, in quanto non credono, tra l’altro, nelle istituzioni, da cui sono governati.
Anche tantissimi cilentani fanno, purtroppo, parte di quel 70% di italiani che si sentono traditi ed abbandonati a se stessi; che si sentono tragicamente parte di un teatrino-farsa che spettacolarizza il falso cilentano, senza pensare di cambiarlo, ridando necessariamente vita ad un mondo che ormai sta morendo in senso fisico-territoriale e soprattutto in senso antropico-sociale.
Sta ormai morendo nell’abbandonata solitudine cilentana dove sono in pochi e sempre meno, a viverci, in condizioni crescenti di grave disagio e di disumane difficoltà di vita.
Sta morendo nel suo bel paesaggio e nella bellezza di un territorio terrazzato del Parco, sempre più abbandonato alla furia devastante dei cinghiali che ormai non ne permettono la coltivazione.
Ma la morte che fa più male è quella antropica; una morte quasi violenta e lontana da generazioni sradicate, costrette a cercarsi altrove una nuova vita.
Non voglio addentrarmi più oltre nell’analisi dei tanti e ben conosciuti mali del Cilento. C’è da dire, anzi da gridare forte, affinché tutti i cilentani possano sentirlo che, questo Cilento, così com’è, proprio non va; così com’è, è destinato rovinosamente a morire, senza lasciare traccia.
Così com’è, non ha futuro; è un mondo abbandonato a se stesso e dal futuro sempre più negato, perché fortemente ammalato di UOMO, che vive nel dannato e devastante ruolo di “suddito sottomesso” in un Cilento che proprio non sa amare il protagonismo e la partecipazione per un insieme umano che funzioni e che viva bene in un rapporto di un insieme condiviso, capace di idee altrettanto condivise, per il bene comune, ma non sempre opportunamente considerate tali.
Purtroppo le sofferenze del Cilento, nonostante lo sforzo di amplificarne le positività inventate, sono veramente tante e tutte fortemente pregiudizievoli per lo sviluppo ed il futuro possibile dell’area, fortemente ammalata di UOMO.
Nei tristi scenari cilentani, vanno evidenziate in particolare, la condizione antropica, con una popolazione invecchiata ed assolutamente senza prospettive di futuro ed il territorio sempre più abbandonato a se stesso, per cui poco sicuro, poco utilizzabile e poco vivibile nel presente, ma oltre ancora, in prospettive future sempre più, da futuro negato.
Oltre a tutto questo c’è anche la rassegnazione umana di sempre con alla base una forte negatività familistica di diffusa indifferenza per tutto.
C’è sul territorio cilentano un’organizzata (si fa per dire organizzata) condizione di insieme umano che, purtroppo, non sa vivere facendo rete e tanto meno sa pensare positivo, attrezzandosi alle tante possibili forme di un futuro sostenibile che, volendo se saggiamente sostenuto, può rappresentare il nuovo Cilento; rappresentare una vera e propria svolta tale da garantire ai cilentani di vivere sui propri territori, non più da rassegnati, ma da attivi protagonisti.
Tanto, basta volerlo! Tanto, basta cambiare comportamento umano! Tanto, basta che le istituzioni territoriali, cancellando il loro fare nanistico, assumano un ruolo nuovo con alla base una forte azione di insieme, attivamente partecipata necessaria per cambiare il Cilento; per costruire il futuro possibile di un nuovo Cilento, un obiettivo per il quale tutti devono saper fare la loro parte, utilizzando al meglio, le tante risorse oltre che territoriali, soprattutto umane di cui è ricco il Cilento; risorse da saper utilizzare, nel rispetto dei tempi in cui vive.
Un primo intelligente passo deve essere quello di studiare da vicino le risorse umane disponibili e considerarne l’uso umano partecipato ai fini dello sviluppo possibile.
Tanto, come mi auguro, deve essere pensato e rappresentato, in un PROGETTO CILENTO, con alla base tutte le strade umanamente percorribili, al fine di cambiare questo nostro Cilento e farlo guarire dal terribile male oscuro che si chiama UOMO che per ragioni spesso innominabili e da cancellare, ha fatto tanto, ma tanto male, al CILENTO NOSTRO, una grande Terra che, per il suo futuro, i cilentani di tutte le età e di tutte le condizioni, devono imparare ad amare, sapendola diversamente considerare e rispettare, al fine di renderla felicemente vivibile, con un insieme umano capace di partecipare attivamente e da protagonista, alla vita del Cilento nel mondo in cammino del Millennio globalizzato, dove niente è e sarà assolutamente come prima e dove tutti devono sentirsi ed essere protagonisti di una saggia e giusta vita di insieme.
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