QUANDO I LIDI STAVANO SULLA DUNA DELLA CALA DEL CEFALO
di Paolo Abbate | BlogIn una News del 16 agosto 2002, intitolata “la nuova tutela del blu”, stampata in due fogli per l’occasione forse della prima bandiera blu d’Europa, troviamo notizie veramente interessanti sulla duna litorale della Cala del cefalo a Marina di Camerota. Ad esempio, dopo aver trattato l’importanza ecologica delle dune sabbiose e della loro vegetazione tipica, divenuta sempre più rara a causa della rarefazione continua del loro habitat, si sottolinea che la Cala (lunga 3500 metri) conserva ancora intatte le sue caratteristiche proprie di duna sabbiosa e in particolare presenta una popolazione numerosa di giglio di mare.
Fortuna ha voluto che conservassi ancora foto fatte alla Cala dal 2001. Era già iniziata l’erosione della spiaggia diventata catastrofica dopo qualche anno (2008-9 ). Ma la spiaggia e la duna conservavano ancora la loro bellezza e integrità nelle varie stagioni dell’anno.

I primi lidi però venivano montati sulla duna , evidentemente per mantenere l’arenile libero per le attrezzature, ed erano ancora modesti, distanti l’uno dall’altro e costruiti per lo più da ampi tendoni bianchi. Siamo nel 2002, e le foto ci dicono che il Parco cerca di tutelare la flora della duna con le prime recinzioni e ponendo tabelle con il giglio di mare animato, che invita a “difendi la tua duna e rispetta la mia casa”. Ma la tutela e la sorveglianza previste dalla legge quadro 394 del 1991 non sono state evidentemente applicate correttamente: si passa sulla duna per montare e smontare i tendoni con mezzi meccanici, si dotano di gabinetti chimici proprio sotto la duna alberata , si scavano lunghi canali attraverso la duna per portare acqua ed elettricità ai lidi, si sfrutta la base della falesia protetta per deposito di materiali . E se non bastasse si usa la duna e l’arenile per la festa annuale“La Notte del Mito” organizzata in agosto dalla discoteca Ciclope: festa che vede migliaia di giovani passare la notte sulla Cala. Questa iniziativa durerà fino al 2007, soppressa dopo esposti delle associazioni ecologiste. Fino allora questa festa distruttiva era tollerata dal Parco.

Intanto l’erosione continua inesorabile per mancato apporto sedimenti del fiume Mingardo privato di acqua per emungimento ad uso umano e per le briglie poste lungo il suo corso. L’erosione marina colpisce principalmente i campeggi che hanno le strutture nella pineta a ridosso dell’arenile privo di duna. Risultano inutili i vari tentativi di proteggerli dalle onde. Anzi vengono all’aperto tubi di plastica insabbiati, provenienti dalle attrezzature interne . Sarà questo uno dei motivi, oltre all’istallazione abusiva di lidi sulla duna protetta che nel 2003 le associazioni VAS e Wwf chiederanno un procedimento d’infrazione alla Ue per il degrado nella Cala del Cefalo: infrazione che viene attivata nel 2005 e che costerà cara allo Stato. Ma è costata cara anche la mancata sorveglianza del sito protetto dalle Direttive europee: specie psammofili tipiche, calpestate da piedi umani e ruote di mezzi meccanici, sono diminuite di numero, alcune scomparse per sempre come Helichrysum litoreum Guss, specie endemica della Cala, mentre il giglio di mare è ormai difficile da rinvenire.
Il Parco deve finalmente varare il Piano del Parco (dic 2009) e il piano di gestione della Cala (dic. 2010), Sito di importanza comunitaria . Sulla duna, recintata lato mare e lato strada, si pongono passerelle di legno che conducano alla spiaggia, si stabiliscono i tre posteggi auto sotto la rupe protetta, proprio là dove si aprono le grotte preistoriche, eccetera. I lidi balneari vengono adesso allestiti sull’arenile, ai piedi però della duna.
Intanto la spiaggia retrocede sempre più, mangiata dal mare. E’ forse colpa della natura matrigna, del destino cinico e crudele? Secondo i geologi, veri esperti della materia, la causa non sono solo i mega porti e i pennelli costruiti lungo la costa, del mancato apporto di sedimenti e delle briglie lungo il Mingardo, ma anche soprattutto della fascia dunale non protetta come si dovrebbe. Il piede dunale, dove nascono le specie pioniere infatti viene spianato per insediare i lidi. Si toglie e si brucia il materiale organico trasportato dal mare , dove si nascondono i semi e dove si accumula la sabbia portata dal vento. Ricordiamo che la duna è un serbatoio di sedimenti che vengono restituiti alla spiaggia con un ripascimento naturale.
Sono passati 16 anni da quando si montava abusivamente stabilimenti sulla duna (definita dal Parco “integra e completa”) danneggiandone la ricca biodiversità. Si constata tuttavia che i pali posti dal Parco per delimitare la fascia dunale da proteggere sono stati in molti punti divelti, molto probabilmente per aver più spazio dove poggiare le strutture balneari (foto scattate al proposito lo dimostrano).
Pioggia di esposti dunque non sono serviti a far comprendere alle autorità preposte che l’ecosistema dunale è protetto dalle leggi nazionali ed europee. E’ necessario quindi ristabilire la legalità troppo spesso disattesa.

Foto 2001 - 2004
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