TURISMO SOSTENIBILE E OSPITALITA’ DIFFUSA, PAROLA D’ORDINE NEL CILENTO
di Paolo Abbate | BlogSono arrivati i finanziamenti europei 2017 – 2020 ed è diciamo normale che fioriscano progetti più o meno fattibili ed utili per attingere a questi fondi.
Nel gennaio del 2000 scrissi un dossier ( associazione VAS ) in cui indicavo, accompagnato da molte foto, una vasta presenza di caprili sulle pendici del Monte Bulgheria, tutti in pietra locale, ormai abbandonati e cadenti, ma bellissimi nella loro utilità e funzionalità . Furono ripresi – credo - dal Parco del Cilento per il suo progetto di “ospitalità diffusa”, per restaurarli evidentemente e inserirli in un percorso turistico che non prevedesse le sole ambite spiagge balneari. Non se ne è saputo più niente e sono là in attesa di rovinare del tutto, se qualcuno non è già scomparso.
Siamo nel 2017 e riparte un progetto ambizioso di giovani che intende trasformare “ricoveri di animali in alloggi suggestivi”. Questo progetto, denominato “cantierejazzi” (progetto condiviso di rigenerazione dell’area del Monte Bulgheria ), sembra proprio che abbia preso il via dopo numerosi incontri.

Tale progetto ambizioso altro non è che il recupero delle dimore degli animali da pascolo nell’area di Licusati a ovest del Monte Bulgheria. Ovvero di “dare una seconda vita ai rifugi con un'operazione ecosostenibile, attraverso progetti che prevedono la trasformazione in rifugi di montagna per escursionisti, e realizzare, in futuro, un albergo diffuso per rilanciare l’ospitalità turistica nella zona, ma anche percorsi composti da installazioni e opere d’arte, realizzate con materiali e risorse locali ” . A leggerlo, questo programma è veramente ambizioso e , mi si perdoni, un pochino visionario. Si parla tanto stupire.
Quel turismo nel Cilento, compreso il suo parco nazionale pluri blasonato, così richiesto ed ambito da amministratori e cittadini ( che lo sognano simile a quello di Rimini e Riccione), sembra proprio non decollare. Colpa, secondo loro, dei tanti vincoli che lo bloccano sul nascere: tanto è vero che molte amministrazioni (la prima fu Ottati) minacciano di continuo di uscire dal Parco.
Ma perché il progetto rivolge l’attenzione ai territori interni del Bulgheria che appaiono marginalizzati e penalizzati dal flusso turistico (ecosostenibile per carità) ? I paesi rivieraschi, vedi Camerota e la sua parte costiera, sono un’ esplosione “ di un attivismo socio-culturale in svariati campi: musica, arte, enogastronomia, sport, nautica, escursionismo, tutela ambientale ”. Ecco allora che occorre rivolgersi a quel bellissimo massiccio del Bulgheria, territorio di cinghiali e lupi, ma anche di jazzi.
Per far decollare un simile progetto di ricupero di questi caprili abbandonati occorre tuttavia volare alto.
Ecco dunque che I turisti viaggiatori dovranno trovare luoghi di accoglienza eccezionali, che ripropongano “l’esperienza diretta della convivialità e ospitalità cilentana creando un laboratorio che risponda al bisogno d’ incontro e scambio per scoprire un nuovo modo di abitare la natura e il territorio”. Addirittura si immagina nel progetto che gli jazzi, fatti rivivere, saranno come luoghi dove “prendersi il tempo e vivere per intero i cicli della giornata, del dì e della notte, osservare le stelle e le albe”. I pastori di sicuro vivevano questa magia sostando stanchi in questi luoghi “dell’indugio, della sosta, del giaciglio (Jazzo da iacere)”.
A questo punto, davanti alla possibilità di rivivere la magia, vengo anch’io! E’ sempre stato il mio sogno vivere così, come i pastori della transumanza, mangiando pane, cacio pecorino, olive e bere vino ammirando ogni tanto la via lattea, che adesso non è più possibile ammirare. Era il sogno di D’Annunzio e di Leopardi (mi si scusi l’accostamento) quando cantano nelle loro poesie i pastori e la loro esistenza, immersi nella natura.

Ma veniamo al dunque: esiste una realtà passata di progetti falliti miserabilmente, realizzati nel Parco con pubblici denari. La vetta del Bulgheria trasformata in luogo dove ospitare un turismo amante della natura e dell’escursionismo, attraverso la costruzione di piattaforme per le tende, gabinetti, immensa cisterna per l’acqua, rifugio, tutti in pietra portata dalla valle del Mingardo. Dopo un certo tempo la cooperativa incaricata di curare il progetto sembra non esistere più e il luogo è in abbandono. Altro progetto per attirare turismo giovanile e creare “sviluppo e crescita economica” risulta essere l’ostello della gioventù in fondo valle del Mingardo, ma dopo tanti anni deve ancora partire. Il censimento delle vecchie case in pietra nei paesi cilentani, che dovevano ospitare turisti , è rimasto senza seguito. Non cito, per carità di Dio, il laghetto sul Mingardo con casotto per l’osservazione degli uccelli, ingoiato dallo steso fiume in piena e il così detto “Centro di osservazione e studio della avifauna migratrice”, posto sulla cima della rupe del Mingardo, ancora là in balia dei vandali e schifato dagli uccelli. Nascono invece come funghi case e villette a schiera per vacanze in orti e oliveti a Vibonati , Pioppi, Valle Di Natale, eccetera, vere e proprie speculazioni edilizie, delle quali non ne sentivamo l’utilità e il bisogno, ma che consumano solo suolo.
Considerati dunque questi progetti falliti , ma costati bei soldini comunitari, mi sorge un dubbio: restaurati, speriamo bene, questi antichi caprili saranno conservati e utilizzati come il progetto prevede? Oppure , incassati i soldi , saranno lasciati al loro destino, cioè al degrado?
Qualcuno che non sogna e non aspetta fondi europei, ma vive realmente un’economia alternativa, fatta di agricoltura di qualita', di pastorizia, dell'uso delle energie rinnovabili e... del turismo naturalistico e culturale, esiste nel Cilento. Senza un recupero di queste iniziative che partono dal basso, vissute e sostenute con convinzione, non c'e' futuro per i paesi del Cilento.
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