RILEGGENDO, PER CAPIRE
di Paolo Abbate | BlogEcco che riappare a grandi titoli il problema della posidonia spiaggiata su articoli in rete. I cittadini protestano per l’odore “nauseabondo” e le amministrazioni (vedi di Agropoli) si apprestano ad eliminarle con le ruspe, considerando anche il periodo estivo alle porte. Come faranno i turisti a prendere la tintarella sulla spiaggia piena di posidonia? Scapperanno senza dubbio verso altri lidi. Che fare allora? Si convoca una riunione con il Parco e comuni vicini dove si decide di chiedere al Ministero e ISPRA la possibilità che la stessa possa essere rigettata in mare. Ma si è previsto che la pianta galleggiante finisca con le correnti proprio sulle spiagge dei comuni rivieraschi vicini?
Premetto che lo spiaggiamento della poseidonia è un fenomeno naturale, comune sugli arenili di questa stagione e che la sua presenza certifica un ecosistema marino sano. E’ indice, srcondo l’ISPRA, di alta qualità ambientale e di mare pulito Non solo, le sue foglie esercitano infatti una funzione attiva nel trattenere enormi quantità di sedimento che rimane intrappolato tra gli strati sovrapposti di foglie: si calcola che un metro cubo di banquette sia in grado di trattenere circa 40 kg di sedimento sciolto, sedimento utilizzabile per un ripascimento naturale della spiaggia.
Che “l’alga”, infine, costituisce il fertilizzante naturale utile alle piantine pioniere delle dune; e che la sua presenza in mare vicino alla costa mitiga l’erosione della spiaggia provocata dalle onde. Tanto è vero che a ad Acciaroli , comune di Pollica, già nel giugno 2015 si portò avanti il progetto di ripiantumazione della posidonia per combattere l’erosione costiera in atto.

Ma ecco che si dimenticano queste soluzioni del problema, raccomandate dagli specialisti, e si sbatte in prima pagina la notizia come fosse un fatto nuovo, solo per solleticare l’interesse del lettore disgustato, immemore della storia passata. Storia che racconta che ad Agropoli, come su tutta la costa italiana, esiste da tempo un altro grave problema che riguarda gli arenili (altro che posidonia maleodorante!): ovvero l’erosione marina inarrestabile.
E’ un problema cronico su cui si dibatte da anni. Ed ogni anno si sbatte il problema in prima pagina promettendo soluzioni miracolose. A febbraio 2015, infatti, l’Unione europea dà via libera al piano della provincia di Salerno contro l’erosione di 37 km di litorale a sud di Salerno. “Il grande affare” titola un giornale. E di fatti di affare si tratta, considerati i fondi per 70 milioni di euro concessi per 45 pennelli, 5 celle, barriere di massi e sabbia per il ripascimento.

Due anni, si promette, per realizzare questo progetto, subito bocciato dagli ambientalisti e geologi. Ma a maggio 2017 appare la notizia sul Mattino che quel “progetto è un errore”, perché “trasforma in modo irreversibile un territorio con operazioni a forte impatto ambientale”. E’ l’Ente Riserve Naturali Foce Sele Tanagro che parla, e come dargli torto? Basta considerare cosa hanno prodotto la barriera, il pennello e il Porto di Policastro a sud della costa cilentana, realizzati da inesperti per dare l’impressione di efficienza .
Dunque, consideriamo questi fatti citati – e non sono certo tutti – nel loro tempo storico se vogliamo cercare di capire e progettare iniziative valide per far fronte ai cambiamenti che avanzano, alcuni naturali, altri di origine antropica. Inutile e controproducente sparare un problema su i mass media solo per far titolo. Purtroppo è abitudine del giornalismo nostrano, e non solo nostrano. Troppe testate, cartacee e in rete, alle quali occorre ogni giorno il “cibo” per sopravvivere tra la concorrenza feroce sul mercato.
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