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CONTEGGIAMO L'ECCELLENZE DEL CILENTO NEL PIL

📅 sabato 9 febbraio 2019 · 📰 AmbienteCilento

09022019 grani antichi
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foto autoredi Paolo Abbate | Blog

Il Pil è uno degli indicatori maggiormente utilizzati per quantificare la produttività di un paese e la sua capacità di produrre ricchezza. Non misura quindi la ricchezza in sé, ma è il “valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese, da residenti e non, in un determinato periodo”.

Ovvero, “Misura tutto – dichiarò Bob Kennedy – eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.

Ma adesso si constata che in Italia il Pil soffre, è anemico, si affloscia, e con lui la vita del Paese, Cambiamo allora indicatore, cominciando a conteggiare anche e soprattutto i prodotti ricavati dalle attività così dette “iniziative dal basso”.

Il cambiamento sociale ed economico del secondo Dopoguerra ha determinato un forte impatto sulla biodiversità, interessando anche le varietà agricole locali. Quante varietà di frutta e verdure dal sapore antico, dimenticate e sparite pertanto poco a poco dal mercato. Sostituite da prodotti ottenuti con il supporto della chimica, pericolosi per la salute umana e dell’ambiente.

Ma, grazie a dio e a coltivatori lungimiranti, importanti attività produttive, piccole e nascoste ai più, si sono conservate e risultano presenti in Italia e anche nel Cilento, quali agricoltura biologica, produzione di eccellenze di olio extravergine , ortofrutta, miele, cereali antichi, vino e prodotti zootecnici. Si sono conservati Inoltre gli antichi semi e antiche varietà di ortofrutta tramandate dalle precedenti generazioni che molti produttori custodiscono. Prodotti biologici venduti anche nei mercatini dei paesi, sempre frequentati da “nostalgici” dell’antico “brutto ma buono”, senza concimi di sintesi, pesticidi e fertilizzanti; ovvero non come quelli belli e lucidi, senza ospiti, ma pericolosi alla salute dell’ambiente e nostra.

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Ma ancora: esiste una tutela del territorio portata avanti da comuni virtuosi, che hanno vietato l’uso della plastica e adottato la strategia “rifiuti zero”, le energie alternative, la raccolta dei rifiuti abbandonati nell’ambiente Che dire poi delle tante associazioni di volontariato presenti sul territorio, che si occupano di tutelare e curare i bisogni sociali e dell’ambiente.

Il nostro Paese e il Cilento non sono, come vorrebbero dimostrare, un territorio in sofferenza. Producono eccellenze che dovrebbero essere conteggiate in un diverso indicatore di tutti i beni e servizi prodotti, ovvero di un valore di mercato del territorio.

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Nel Cilento è nata la Comunità del Cibo del Pomodoro giallo del Cilento, che già conta circa 40 aderenti. L’entusiasmo dei produttori è sfociato nell’istituzione di questa Comunità e nella decisione di incrementare la produzione di questo ortaggio, molto diffuso un tempo.

Ma oltre al Pomodoro giallo, ogni aderente produce le tante eccellenze citate, che da sempre caratterizzavano quest’area geografica ( da Slowfood Campania).

Si potrebbe citare le varie cooperative sociali. Una delle quali è Effetto Rete che si apre allo scenario della qualità sociale di educazione storico-culturale ed ambientale.

Vi operano guide ambientali, archeologi, esperti di pedagogia, di scienze turistiche, di educazione teatrale, di filosofia e arte contemporanea.

Originale e creativa, Pecora Nera è un atelier che nasce all’interno della Cooperativa Effetto Rete : produce accessori, borse e gioielli utilizzando materiali di riciclo, “riassemblando e reinventando oggetti nuovi, unici e contemporanei utilizzando come materiale base la camera d’aria dei pneumatici”: oggetti venduti dovunque.

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Ma quante altre eccellenze potrei citare, come i molteplici musei, piccoli ma interessanti: di archeologia, della civiltà contadina, dell’olio, della fauna del territorio, di paleontologia, e aziende agricole presenti nel Cilento.

Mi limiterò a citare un esempio di azienda agricola cilentana: l’Azienda Agricola Lovisi di Torraca, a conduzione familiare, che rappresenta un caso emblematico. Creata da un gruppo di 7 persone, padre , madre e quattro giovani dei quali una ragazza laureata, che hanno scelto di riscoprire l’agricoltura tradizionale, quella dei nonni novantenni, dove il contadino era il custode della Natura.

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Con sacrifici economici hanno pertanto rilevato 10 ettari di terreno da 30 anni abbandonato e divenuto bosco. I due nonni hanno tramandato non solo l’amore per la natura ma conservato gelosamente anche semi antichi di varietà di ortaggi e di frutti.

Ecco quindi che ritornano in vita il “pomodoro costolato” e quello “a borsetta”, i fagioli striati senza filo. Nonché gli alberi di “pero cioccolato” e la mela annurca, brutta ma buona. Si precisa subito che la loro agricoltura non si deve definire biologica , ,ma strettamente “naturale”. Rapporto uomo-natura è la costante di questa agricoltura, tanto è vero che non si uccidono né gli scoiattoli grigi e le gazze, ai quali anzi si riserva una parte dei frutti della terra.

Queste realtà non costituiscono forse “un valore di mercato”? Solo per fare un esempio: la difesa e tutela degli ecosistemi naturali, combattere l’inquinamento dell’aria, del cibo che mangiamo, dell’acqua, che causano malattie, o peggio la morte, non rappresentano beni e servizi essenziali all’economia di una società e dell’ambiente?

Occorre , pertanto, gettare alle ortiche urgentemente questo indicatore inutile e scorretto, introdotto dagli Americani dopo la seconda guerra mondiale, quando occorreva produrre ricchezza ad ogni costo. Ma talmente forte è l’abitudine e l’attaccamento al PIL che i politici, e non faccio distinzione,.continuano a pensare che l’unico sistema per farlo crescere sia quello di puntare sulle grandi opere, grattando il fondo del barile del Paese. Ecco quindi oleodotti, buchi nelle montagne, trivelle, consumo di suolo per seconde case e villaggi turistici, uso dei combustibili fossili, costruzione di termovalorizzatori per eliminare i rifiuti, eccetera, eccetera.

Quanto ancora potrà durare questa miope politica?

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