Natale nella tradizione popolare cilentana
di Nisia Orsola La Greca Romano | BlogIl Natale è, per molti, la festa più attesa dell’anno e, senza dubbio, la festa per eccellenza, forse la più antica. Le tradizioni natalizie hanno origini molto remote, ben prima della vera e propria nascita di Gesù, intrecciandosi anche a culti pagani. In realtà non esistono fonti storiche che attestino che la nascita di Gesù avvenne proprio il giorno del 25 dicembre. La prima volta in cui venne menzionata tale data fu nel Chronographus del 336 redatto da Furio Dionio Filocalo, un letterato romano. Nei vangeli di Luca e Matteo è raccontata la nascita di Gesù a Betlemme, a partire dall’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria fino all’adorazione dei pastori e alla visita dei Re Magi.
Le origini pagane, invece, attestano che la data del 25 dicembre va ricondotta alla festa del Dies Natalis Solis Invicti, che i Romani erano soliti celebrare durante il periodo del solstizio d’inverno in onore del dio Mitra. La festa pagana del Sol Invictus fu istituita dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, quasi certamente un tentativo di creare un’alternativa pagana ad una data che già godeva di una certa importanza per i cristiani romani. Aureliano promosse l’istituzione della festa del Sol Invictus come tentativo di unificare i vari culti pagani dell’Impero Romano attorno ad una commemorazione della “rinascita” annuale del sole. Ostile al cristianesimo, Aureliano guidò un impero che stava avanzando verso il collasso, a causa di sconvolgimenti interni, ribellioni nelle province, declino economico. La sua scelta cadde sul 25 dicembre, quando la luce del giorno comincia ad allungarsi e l’oscurità ad accorciarsi, un simbolo profetico della “rinascita” o dell’eterno ringiovanimento dell’Impero Romano, favorito dalla perseveranza nel culto degli dei la cui tutela (come credevano i romani) aveva portato Roma alla gloria. Se la nuova festa poteva anche sovrapporsi alla celebrazione cristiana, ancora meglio.
Tra il 17 e il 24 dicembre, gli antichi Romani celebravano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura. Questi festeggiamenti prevedevano lo scambio di doni e l’allestimento di banchetti. Inoltre, volendo considerare altre teorie, bisogna ricordare che il 25 dicembre è anche la data in cui, in Egitto, veniva festeggiata la nascita di Osiride e di suo figlio Oro, oppure, in Babilonia, il dio Tammuz, figlio della dea Istar. Proprio la dea babilonese, infatti, è rappresentata con il bimbo in braccio e un’aureola a 12 stelle. Per quel che riguarda le tradizioni pagane legate soprattutto ai popoli latini, molte sono state assorbite dal Cristianesimo, quindi mescolate ad altre credenze di altre culture, ed hanno assunto un nuovo significato.
È opinione concorde degli studiosi che la Chiesa, per contrastare l’affermarsi di questi festeggiamenti pagani, decise di celebrare nella stessa data la nascita di Gesù. Non va inoltre dimenticato che Gesù è la "Luce del mondo", il “Sole di giustizia”. Così il 25 dicembre fu sanzionato ufficialmente come Natale di Gesù da Papa Liberio nel 354. Il Natale costituisce probabilmente l'esempio più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal Cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato. Il Natale commemora la nascita di Gesù, ma inaugura anche un periodo di cambiamento e di rinnovamento, caratteristiche che si adattano perfettamente alla religione cristiana. Nell'antichità, la festa inaugurava la fine dell'anno e l'avvento di un nuovo periodo, in cui ci sarebbe stata serenità e prosperità. Nel mondo cristiano non è il passaggio dall'anno vecchio al nuovo, ma la nascita di Cristo stesso che porta e inaugura un nuovo tempo, un periodo di pace.
Tra i riti tipici della notte di Natale, nel Cilento, ricordiamo le fòcare, grandi fuochi densi di significato che diventano momento aggregativo nelle piazze dei vari paesi cilentani. Ogni comunità conserva la sua tradizione: ai piedi del Cervati, a Piaggine, la Notte Santa si illumina al chiaror delle fòcare: i rioni ‘a tempa, i coste, i monaci e a chiazza accendono i loro grandi falò. A Mandia, invece, nell’entroterra di Ascea, arde la ‘fochera’.
La tradizione culinaria dei pranzi natalizi prescriveva che, alla Viglia, era d' obbligo l' astinenza dalle carni ed inevitabilmente si finiva col mangiare pietanze a base di verdura e pesce. Pur tuttavia molte erano le diversità tra un paese ed un altro, perchè se, per esempio, a Pollica si usava esclusivamente a pranzo baccalà cu i vruocculi, ad Altavilla si mangiavano spaghetti cu alici o i làane cu u' latte. A cena, invece, i zeppule e arènghe arrustute (condite con limone), baccalà fritto e scaurato. A Laurino era usanza, invece consumare ben 13 cibi: zèppule, struffoli, fagioli, baccalà, ceci, lenticchie, e frutta secca e ,per ultimo, pinoli. Tredici pietanze, come tredici sono i giorni da Santa Lucia a Natale, cominciando a contare all'uso dei Romani, dal giorno di partenza. E' da ricordare ,infatti, che anche per il mondo agro- pastorale questo giorno è importante: i contadini paragonano ognuno dei giorni dal 13 al 25 dicembre ad un mese dell'anno; e come è quel giorno dal punto di vista climatico, così sarà il mese cui quel giorno corrisponde. Infine, a Trentinara, i cibi sono nove e rappresentano i nove mesi in cui il bambino è portato in grembo.
Spaghetti cu alici 'mbuttunate: 6 alici a persona, prezzemolo, uova, pepe, formaggio grattugiato. " Si puliscono le alici, si aprono, e si riempiono con un impasto formaggio e prezzemolo; ciascuna si ricopre con un'altra alice aperta. Si fanno cuocere in salsa per circa 30 minuti; con questa si condiscono gli spaghetti".
Al suono delle campane la famiglia era riunita intorno alla “buffetta”, l’immensa tavolata che accoglieva i commensali. In quasi tutto il Cilento il primo piatto del giorno di Natale era costituito dai maccaruni re casa( fusilli) , cioè la pasta fatta in casa; il condimento è sempre il ragù ricavato da una lunga cottura della carne di maiale o di capra. Nei giorni di festa un vecchio girava per le piazze dei paesi e col suo carretto andava vendendo la carne di magliato (castrato).
I fusilli cu u magliato: 1 kg farina, 3 uova, acqua. "Si fa l'impasto e poi si manipola, finchè si affina e si tagliano i fusilli di 15 cm. Poi un ferro quadrato si appoggia sui fusilli, con le mani si gira su se stesso fino a trovarsi in mezzo alla pasta, si tira via il ferro e rimane il fusillo bucato. Si mettono ad indurire su una tovaglia e poi si cuociono". La donna che allunga la pasta e stacca i fusilli si chiama "la 'ngiringulatrice"; quella che incava i fusilli si chiama "cavatrice": "na bona 'ngiringulatrice porta ddoie cavatrici!"

Dopo i fusilli ed il castrato, era la volta delle zeppule cu baccalà e cu alici e poi degli scauratieddi, accompagnati da altri dolci natalizi presentati di seguito:
Pastorelle di Cuccaro Vetere: 1 kg castagne, 300 gr di cioccolato, vanillina, 100 gr zucchero , cannella, frutta candita, caffè, 1 bicchiere di latte, 1 bicchiere di rum, cacao, buccia grattugiata di arancia. Per la sfoglia: 1 kg farina, 100 gr strutto, 3 uova, 250 gr zucchero, vino bianco, miele. " Si scioglie il cioccolato grattugiato, il cacao e lo zucchero con il caffè e il latte; poi si aggiungono le castagne lessate, pulite e schiacciate. La crema non deve essere nè troppo densa nè troppo liquida e servirà per riempire la sfoglia tagliata col piattino. Questi tondini ripieni di crema si coprono con altri tondini, vengono lavorati a forma di stella con le mani e si friggono. Vengono, poi, ricoperti di miele o zucchero".
Bocconotti di Sicignano. Tipici di Sicignano degli Alburni, nel Vallo di Diano, hanno la caratteristica forma a mezzaluna e la loro preparazione inizia già a ottobre per la Sagra della Castagna e prosegue fino a Natale, occasione in cui sono consumati maggiormente. La sfoglia è composta da farina, olio, uova, caffè e vino bianco. Al ripieno, oltre alla purea di castagne, cioccolato fondente e zucchero, si aggiunge cacao, caffè ristretto, cannella, aroma di vaniglia, liquore Strega. Insomma un tripudio di profumi. Possono essere sia fritti che al forno. Una volta raffreddati sono spolverizzati con zucchero a velo.
Scauratielli : "Si metteva sul fuoco una pentola con acqua e un pò d'olio, poi si versava direttamente la farina e si rimestava. Quando la specie di polenta si era attaccata al bastone con il quale si girava, si versava sullo scannaturo (spianatoio) e si lavorava ancora la pasta. Si facevano le forme allungate , si friggevano e si ricoprivano di zucchero e miele"
Fichi impaccati: i fichi, dopo la raccolta , vengono fatti essiccare al sole su grate per poi essere farciti con noci, mandorle, scorze di agrumi, semi di finocchietto e passati al forno. Spesso sono ricoperti di cioccolato fondente.
Pastuccelle: 1 kg farina, 5 cucchiai di zucchero, 5 uova, 1 bicchiere di vino bianco, 200 gr strutto. Per il ripieno: fette di pere secche, zucchero, mandorle tostate, cacao, vino bianco. " Si prepara la sfoglia impastando tutti gli ingredienti; si stende col mattarello; se ne ricavano tante forme rotonde usando un piattino da caffè, su ciascuna viene poggiata una porzione di ripieno così precedentemente realizzato: lessate le fette di pere secche, scolate e schiacciate, si amalgamano con zucchero, mandorle tostate e macinate, cacao e vino bianco; il tutto ricoperto da un altro tondino di sfoglia. Le forme vengono,poi, sagomate a corolle di fiori e fritte in abbondante olio caldo. Appena fredde, vengono cosparse di miele con un rametto di rosmarino".

Struffoli: 1 kg farina, 1 bicchiere di olio, 2 uova, 1 tazzina di anice o sambuca, 1 cucchiaio di zucchero, miele. "Si prepara la pasta con tutti gli ingredienti. Successivamente si allunga con le mani, in modo da ricavarne dei maccheroni lunghi, si tagliano in tocchettini e si friggono. Infine s'immergono nel miele perchè assumano una forma compatta".(Per tutte le ricette: aa.vv. "Feste Pagane e Feste Cristiane nella tradizone culinaria del Cilento", Centro di cultura storica cilentana e tradizioni popolari).
Per questa festività, abbiamo visto, si usavano fare i dolci più antichi che, anche nella loro forma, conservano il simbolismo della vita: le pastuccelle, a forma di fiorenì; gli struffoli per indicare i semi; le zeppule, di forma ovale ; il susamieddo, a forma di "s" , come il serpente, antico simbolo di fecondazione.

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