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CARNEVALE:" UNA VOLTA ALL'ANNO E' LECITO IMPAZZIRE!"

Il significato del rito carnevalesco dalle sue origini dei Saturnali dell'antica Roma fino ai giorni nostri. La tradizione cristiana e pagana nel CIlento: la ricchezza gastronomica del Martedì grasso, che segna l'inizio del sobrio periodo quaresimale.

📅 lunedì 24 febbraio 2020 · 📰 CulturaCilento

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Credits Foto pexels | pixabay.com

foto autoredi Nisia Orsola La Greca Romano | Blog

Il 17 Gennaio, giorno in cui secondo la liturgia cristiana si commemora Sant'Antonio Abate, rappresenta la data d'inizio del periodo di Carnevale. Sarà ,poi, il Martedì Grasso a rappresentare il momento finale della festa, il vero giorno della "Carnevalata": per le strade del paese sfilano le tradizionali maschere della donna lasciva, del prete, del Diavolo impersonando le forme del Bene e del Male. Il tema della Morte,inoltre, non ne rimane escluso: non solo non è fonte di paura, ma suscita ilarità. Infatti, in diverse località, si è soliti organizzare un falò rappresentativo della "morte di Carnevale", il quale, dopo aver girato per le vie del paese, con un otre sullo stomaco per bere più vino possibile, mentre un'altra maschera con un forcone rubava salsicce e soppersate, veniva posto su una scala e tutti piangevano la sua morte, ma poi tutto ciò si tramutava in una grandiosa abbuffata fino all'indomani.

Le prime testimonianze dell'uso del vocabolo "carnevale" vengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400. Il Carnevale non termina ovunque il Martedì grasso: una piccola differenza è rappresentata dal Carnevale ambrosiano (tipico della Lombardia), la cui particolare durata – finisce infatti con il «sabato grasso», quattro giorni dopo rispetto al tradizionale martedì – sembra risalire a un pellegrinaggio del vescovo Ambrogio che aveva annunciato il suo ritorno «in tempo per celebrare con i milanesi le ceneri». La popolazione posticipò il rito alla domenica successiva per aspettarlo.

L'uso di portare la maschera, i festeggiamenti e i banchetti trovano le loro origini già nelle Antesterie greche e nei Saturnali romani, le feste in onore del dio Saturno, che insieme ad altre divinità come Fauno, Giano e Opi, fu considerato signore dell’agricoltura, delle messi e della pastorizia. I Saturnali si svolgevano dopo la metà di dicembre e duravano sette giorni, di cui solo il primo aveva carattere religioso: si celebrava il passaggio ad una nuova fase del ciclo vitale, la Primavera, periodo propizio per un buon raccolto. Tutti si intrattenevano in banchetti e feste sfrenate, si scambiavano doni augurali e le distanze sociali erano cancellate e si sovvertiva il normale ordine sociale: gli schiavi potevano agire da uomini liberi; i padroni servivano gli schiavi; gli uomini si vestivano da donna e le donne da uomini; i poveri si addobbavano come re; principi, signori e tutti nascondevano la propria identità sotto una maschera; veniva eletto tra il popolo un princeps, che indossava una maschera colorata, al quale venivano momentaneamente affidati tutti i poteri.

In campo domestico e privato, fra bagni caldi e convulse partite a dadi ci si godeva il periodo di otium non prima di aver sacrificato un maialino da latte per ingraziarsi le divinità. Per le strade avremmo visto moltissime persone passeggiare ed esclamare “Io Saturnalia!” il tipico saluto usato per i banchetti e le attività più ludiche e scanzonate.In questo tripudio di fumi e vivaci colori, fra gli aromi di erbe, carni, vino, contornati da tutta la cittadinanza unita nelle vesti e nelle sfumature, ci saremmo imbattuti in senatori derisi da plebei in buffi costumi e schiavi nell’atto di ingiuriare giocosamente i propri padroni vestiti nelle maniere più strambe possibili. Il proverbio associato al Carnevale, derivato dall’antico detto latino “semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito impazzire), è pienamente rappresentativo dell'essenza di tali festeggiamenti.

Una ulteriore cerimonia ancora più simile all'odierno Carnevale era il Navigium Isidis, culminante nel Carrus Navalis. Il Navigium era un rito in maschera molto festoso, dedicato alla vicenda della Dea Iside che fece risorgere il suo sposo Osiride dopo aver ritrovato, viaggiando per terre, fiumi e mari, tutte le parti del suo corpo smembrato. Così come il Navigium è simbolo di Morte e Resurrezione , allo stesso modo il moderno Carnevale precede la morte del Cristo e la sua Resurrezione.

Tali festeggiamenti consistevano in un corteo in maschera in cui un'imbarcazione di legno (carrus navalis) veniva ornata di omaggi floreali, issata su un carro trainato da umani mascherati, le cui maschere richiamavano non solo i defunti ma anche i demoni del mondo dei morti. Tale corteo sostava spesso per permettere ai mimi di comporre scenette e alle danzatrici di esibirsi. Il tema della Morte veniva rivestito di un ulteriore significato: rendeva gli uomini tutti uguali e proprio per tale motivo al seguito dell Carrus Navalis erano ammessi tutti, compresi gli schiavi e i bambini.

Con l’avvento del Cristianesimo, queste feste non sono state abbandonate, ma il loro significato è cambiato , ad esempio Il Navigium Isidis è stato diviso in Carnevale (carrus navalis, la processione delle maschere) e Pasqua (resurrezione dello smembrato dopo l'equinozio di primavera). La parola “Carnevale” deriva dalla locuzione latina “carnem levare”, in cui appunto si “leva” la carne dal fuoco oppure da "carne vale" (carne, addio). La data è strettamente legata a quella della Pasqua: al termine dei festeggiamenti, infatti, arriva il Mercoledì delle Ceneri che segna l’inizio della Quaresima (quadragesima= quaranta giorni, come quelli del digiuno di Gesù nel deserto), tempo di astinenza e purificazione in attesa della Resurrezione del Cristo.

In realtà, fu durante il periodo del Medioevo che tale festa ha assunto una conformazione molto più simile a quella attuale. Si occupavano per giorni interi le piazze e le strade e nessuna festa aveva luogo senza che vi mancassero elementi dell’organizzazione comica come, per esempio, l’elezione di re e regine «per burla». Fu nella fase medievale che il periodo consacrato al Carnevale venne spostato da dicembre a febbraio, in modo che la Chiesa potesse collegarli con la Quaresima (i quaranta giorni che precedono la Pasqua). Il clero, infatti, riteneva necessario rallegrare gli animi prima della tristezza del periodo quaresimale. I giullari e i clerici vagantes incoraggiavano il popolo, continuamente oppresso dal potere e dalle guerre, a esprimere, attraverso la parodia, il rovesciamento dei valori correnti, della serietà e autorità del potere politico e religioso e delle sue leggi: si affermava allora un “mondo alla rovescia” che sosteneva le ragioni materiali e corporali contro quelle spirituali dominanti e che influenzerà la letteratura «carnevalesca». Anche le feste religiose dunque avevano un loro aspetto comico, pubblico e popolare, consacrato dalla tradizione. Così nelle Chiese avvenivano rappresentazioni buffonesche in cui erano coinvolti gli stessi religiosi, che si abbandonavano a esibizioni con travestimenti ed altre trovate.Anche le cerimonie e i riti civili della vita di ogni giorno si caratterizzavano per la partecipazione di buffoni e stolti, che parodiavano tutti i momenti del cerimoniale serio.

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Foto Credits: couleur | pixabay.com

Il Carnevale era dunque il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù.

Tale periodo , sia esso a carattere cristiano o pagano, ha sempre avuto un ruolo di sacra simbologia nella tradizione culturale del Cilento. Il rito carnevalesco, con la sfilata di piazza e la rappresentazione della morte del Carnevale, è la più schietta manifestazione dell'atto liberatorio; momento unico e propizio per entrare nel nuovo rito cosmico della Vita , coincidendo con gli antichi riti dell'inizio della Primavera. Il martedì grasso, si rivela, dunque, un'ulteriore occasione per gustare i piatti tipici cilentani quali le nocche, i cannuoli, le lasagne e i maccheroni con la carne di maiale.

Lasagne: ricotta, formaggio a pezzetti , salsiccia, uova sode a fettine,polpette, carne in salsa, formaggio grattugiato, 1 kg farina, 3 uova, un pizzico di sale, acqua calda a sufficienza. " Si fa un impasto con farin, uova,sale e acqua calda. Si stende la sfoglia, ben tirata, e si tagliano le lasagne che vanno messe a cuocere con acqua e un pò d'olio in modo che non attacchino fra loro. Appena cotte, si stendono in un tegame cosparso di sugna e salsa; si farciscono con gli ingredienti e abbondante formaggio grattugiato; si ricopre con altro strato di lasagne e poi gli ingredienti; il tutto si fa cuocere al forno per circa mezz'ora".

Maccaruni re casa: salsiccia, muso di maiale, lingua, sugo di pomodoro, poca acqua, poco olio, farina. " Si fa un impasto con farina di grano duro; se ne ricavano maccheroni di 15-20 cm ognuno che vengono incavati con un ferro di forma quadrata, dallo spessore di 2-4 mm; si passano con farina asciutta in modo che non attacchino; fatti asciugare per qualche minuto, vengono calati in acqua bollente. Appena cotti, si condiscono con la salsa già pronta e così preparata: si soffrigge qualche sfoglia di cipolla unitamente a salsiccia, muso di maiale e lingua ridotti in piccoli pezzi; quando divengono dorati si aggiunge pomodoro in bottiglia; si fa cuocere il tutto a lungo, fino ad ottenere una salsa molto concentrata".

Cannuoli: 1 kg di farina, 5 uova, 200 gr di zucchero, 200 gr di strutto, vino bianco; per la crema gialla: 1 lt latte, 8 tuorli d'uovo, 4 cucchiai di miele, 8 cucchiai di farina; per la crema nera: si prende metà della crema gialla e vi si versa 200 gr di cacao amaro. "Si dispone la farina a fontana, si versano gli ingredienti necessari e, una volta impastata, si tira la sfoglia con il mattarello e si taglia in tante forme rotonde o quadrate dall'ampiezza di un piattino da caffè; le forme ottenute si avvolgono attorno ai cànnuli (pezzi di canna di 10 cm) e si friggono in abbondante olio; si riempiono poi di crema così preparata: si mettono gli ingredienti in un tegame, a fuoco lento e si gira il tutto lentamente; pervedere se è pronta si saggia: deve perdere il sapore di farina".

Nocche e nucchetelle: 1 kg di farina , 5 cucchiai di zucchero, 200 gr di sugna, 2 uova, vino bianco. " Si fa la sfoglia con lo stesso procedimento dei cannuoli; si ricavano poi tante striscette di 15- 16 cm ognuna, le cui due estremitĂ  si intrecciano; poi si friggono. Ancora calde, con un rametto di rosmarino, si cospargono di miele caldo".

Chiacchiere: 300 gr di farina, 60 gr di zucchero, 2 uova, scorza di limone, olio d’oliva , olio di semi, zucchero a velo, sale. Create un impasto con tutti gli ingredienti, facendo molta attenzione ad amalgamare bene il tutto. Dopo aver lavorato l'impasto per almeno dieci minuti fatelo riposare due ore dopo averlo avvolto con pellicola trasparente. Dopo aver steso la sfoglia create la forma tipica rettangolare dentellando il bordo e creando due piccoli tagli al centro. Friggete in olio di semi portandole alla doratura, poi dopo averle scolate e fatte raffreddare spolverate con zucchero a velo. (Per tutte le ricette, aa.vv. "Feste Pagane e Feste Cristiane nella tradizone culinaria del Cilento", Centro di cultura storica cilentana e tradizioni popolari)

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