CAROSELLA, UN ANTICHISSIMO GRANO RISCOPERTO E COLTIVATO NEL CILENTO
di Paolo Abbate | BlogQuesto grano è talmente antico che sembra proprio lo coltivassero i Romani nelle numerose fattorie sparse nel territorio cilentano. È un seme semiselvatico – dice Avagliano che lo ha riscoperto – sopravvissuto alle manipolazioni genetiche che si presta molto bene alla preparazione del pane e della pasta, come i fusilli e i cavatelli, che tiene bene alla cottura, Caratteristica questa che denota “un discreto contenuto di glutine e di semola ( caratteristica del grano duro), mentre il suo impiego nella panificazione è indice di un equilibrato contenuto di amido”.
I contadini cilentani avevano sapientemente selezionato queste peculiarità, a cui si aggiunge la stoppia lunga, cioè la paglia, di cui i contadini avevano estremo bisogno.
Questo seme era stato dimenticato dalla “modernità”, soppiantato da altri tipi di grano che presentavano caratteristiche adatte alla trebbiatura meccanica e alle altre macchine agricole, come ad esempio la stoppia più corta possibile (la paglia non era più così necessaria).
L’ibridazione e la chimica soppiantavano così la selezione attenta ottenuta dai coltivatori di un tempo, i quali si guardavano bene a non sconvolgere il patrimonio genetico dei semi, ma cercavano di scegliere il tipo di pianta che meglio soddisfaceva le loro esigenze alimentari e nutritive.
Il grano che ha soppiantato quello originario, come il Carosella , era forse più facile a raccogliere e lavorare con le macchine, ma “perde in sostanze minerali della cellulosa, delle vitamine e di molti enzimi, in favore di un aumento del contenuto di amido.
Inoltre queste modificazioni essenziali delle parti costituenti il seme, unite alla iper raffinazione delle farine, sono responsabili delle moderne carenze e squilibri alimentari, che si concretizzano, tra l’altro, nella risposta immunologia definita allergia al glutine”. Così racconta Antonio Avagliano.
Il grano e la pelle bianca
Il grano non è soltanto alla base della dieta del mondo occidentale ( come il riso lo è della Cina e il mais dell’America Latina), ma è anche responsabile, nel bene e nel male, della comparsa dell’uomo dalla pelle bianca. E’ andata così, e ce lo spiega Luca Cavalli Sforza, il maggior genetista delle popolazioni vivente.
L’origine della pelle bianca è rintracciabile in Medio Oriente con la comparsa dell’era agro-pastorale. Migrata dall’Africa 150 mila anni fa la nostra specie Homo sapiens si è espansa in tutto il mondo.Circa 8500 anni fa una piccola popolazione di cacciatori raccoglitori neri, stanziati in Medio Oriente inventò, o meglio scoperse, la possibilità di procurarsi il cibo coltivando la terra, iniziando da una scelta selettiva di alcune graminacee. Da qui si arrivò al grano.

Il grano, però, non contiene vitamina D, la cui carenza provoca rachitismo e malformazioni ben visibili e invalidanti, talvolta mortali. Tuttavia, “l’organismo umano produce un enzima che trasforma in vitamina D uno steroide del grano”.
Ma natura volle che questo enzima dovesse essere attivato dai raggi ultravioletti presenti nelle radiazioni solari.
Purtroppo l’enzima si trova sotto la pelle che se è ricca di melanina (vedi la pelle degli africani) ne impedisce l’attivazione. Ecco quindi che la pelle bianca è stata una risposta evolutiva comparsa nella popolazione nera di cacciatori raccoglitori stabilitasi nel Medio Oriente e trasformatasi in agricoltori. Paolo Abbate
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