EMERGENZA CINGHIALI? COLPA DEI CACCIATORI
          
di Paolo Abbate | BlogOgni tanto ritornano le lamentele contro i cinghiali, per molti aspetti sacrosante, degli agricoltori del Parco nazionale.
I cinghiali affamati, con famiglia a carico, escono dalle aree a macchia mediterranea e i boschi,  invadono i campi coltivati e i vigneti. Raccolti danneggiati, a volte persi completamente. Gli agricoltori pertanto  vanno come suol dirsi in bestia. Lo sarei anch’io, visto che vado in bestia se i passerotti si mangiano la mia insalata appena piantata.
Lo trovo del tutto naturale cercare cibo: per gli animali selvatici, per gli umani, per tutti: compresi i cinghiali. Animali che tutti sanno sono protetti nel Parco nazionale, come d’altra parte qualsiasi animale selvatico, compresa la vipera.  
“Il nostro territorio, in seguito alle splendide iniziative di ripopolazione della fauna – denuncia l’agricoltore - è diventato un magnifico ecosistema in cui regna sovrana la biodiversità: ungulati, serpenti. Da quest’anno hanno fatto sentire la loro presenza anche i lupi che incentivano i cinghiali a spostarsi a valle per pranzare, indisturbati ospiti delle fattorie che le bestie umane accudiscono con tanti sacrifici.”

“Sì, di questo passo – conclude l’agricoltore - , le bestie umane abbandoneranno l’agricoltura; l’homo agricolus si estinguerà”.
Quindi i cinghiali affamati distruggono i sacrifici dell’homo agriculus, colpa dei lupi che li spingono a valle e del Parco che sta a guardare.
Ma per riuscire a fare chiarezza su questo annoso problema occorre sentire tutte le campane: i coltivatori, i politici di turno, il Parco, la scienza, la fame degli ungulati.
Gli imprenditori agricoli sono contro la biodiversità nel parco e difendono il loro diritto alla sopravvivenza. I politici, quali Valiante e Pica consiglieri regionali salernitani, sollecitano (Valiante) “un piano straordinario, come già disposto in altre regioni, che abbini quantomeno l'utilizzo dei chiusini per la cattura degli animali giovani ad una azione più decisa, organizzata e programmata di abbattimento controllato dei cinghiali adulti”. Donato Pica invece dichiara “ che si sta lavorando alla soluzione della questione con misure di contenimento dei cinghiali già con il nuovo testo regionale sull'attività venatoria in valutazione della Commissione regionale Agricoltura, Caccia e Pesca”.
Sentiamo adesso il commissario del Parco Amilcare Troiano. ”Ora abbiamo ottenuto – replica Troiano - la possibilità di selezionare 200 selecontrollori, gli unici deputati al prelievo selettivo dei cinghiali: il bando è già stato pubblicato”. Il problema potrebbe diventare una risorsa , continua il commissario, con la vendita della carne di cinghiale e dei suoi derivati (prosciutti e salsicce). Inoltre – conclude – “abbiamo finanziato le reti elettrificate e previsto 500 mila euro per rimborsi e indennizzi”.

Ma la risposta più significativa di Troiano è quando alla fine si lascia andare ad uno sfogo- confessione: ”i cinghiali (alloctoni) furono immessi nelle aree contigue dalla Provincia per l’attività venatoria. Gli stessi sono entrati, spostandosi, nel territorio del Parco dove è vietata la caccia… Noi in questa storia siamo parte lesa”.
Ma la spiegazione più decisa e precisa viene dalla “scienza” per bocca del professore Domenico Fulgione della Federico II di Napoli.
“In Cilento il problema è particolarmente sentito e chiassoso perchè si intreccia con una serie di interessi, leciti e meno leciti, legati alla caccia nel parco, alla visibilità di politicanti di quartiere che al solo nominare il cinghiale hanno qualche titolone sui giornali, al rapporto complicato tra cittadini ed Ente parco, per molti dei quali rappresenta più un usurpatore dei beni del Cilento che un gestore”.
Insomma, i cinghiali e gli agricoltori hanno ragioni innegabili di sussistenza, i politici devono dare un colpo al cerchio e uno alla botte, il Parco ha tutte le ragioni a difendere la biodiversità, altrimenti che parco naturale sarebbe.
Quale è dunque la soluzione più razionale? Eliminare i cacciatori, abolendo la caccia, naturalmente, ripristinando la catena alimentare esistente in natura.
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