IL CILENTO DI PARMENIDE È SEMPRE PIÙ DAL FUTURO NEGATO
di Giuseppe Lembo | BlogIl Cilento nelle sue tristi condizioni in cui continua a tirare avanti, è una Terra sempre più dal futuro negato.
Una Terra che, pur avendo risorse possibili, per un sempre più grave e diffuso disagio umano e territoriale, proprio non ha chance di futuro.
Una Terra che langue, dove il disastro dell’assistenzialismo diffuso per effetto del voto di scambio, inaugurato negli anni d’oro della Prima Repubblica, ha gravemente spento le tante umanità cilentane che hanno preferito vegetare più che vivere i territori, rendendoli umanamente fertili allo sviluppo possibile che, nel corso degli anni è diventato sempre più sviluppo negato.
Tanto, nonostante che il suo territorio è Parco Nazionale, con i comuni che dagli anni novanta della sua istituzione, hanno visto crescere il malessere diffuso, sia in senso antropico per l’invecchiamento della sua popolazione con i territori diffusamente dalle culle vuote e quindi negati al futuro, sia nel senso del suo territorio sempre più abbandonato a se stesso e reso prossimo alla desertificazione, per le sue gravi condizioni di sgretolamento e di abbandono; tanto, da renderlo difficile se non impossibile da vivere.
La speranza di una possibile rinascita cilentana negli anni della Prima Repubblica territorialmente positivi anche per il Cilento collinare, man mano è venuta meno perdendo, cammin facendo, quell’entusiasmo umano che, nel sistema Italia dava come assolutamente possibile anche la rinascita cilentana dei territori compresi nei confini del Parco nazionale; un Parco pensato e voluto più come Parco naturale ed ambientale abbandonato a se stesso che come area protetta per l’uomo, con condizioni di sviluppo possibile nel rispetto dell’ambiente che, cammin facendo, nonostante la protezione di area protetta, si è andato degradando soprattutto a causa della mancanza delle risorse umane assolutamente necessarie per creare cambiamento umano e sviluppo territoriale.
Mi ricordo, molto opportunamente, le sagge parole di uno dei Presidenti del Parco del Cilento, il prof. Vincenzo La Valva, professionalmente esperto di ambiente e del suo sviluppo eco-sostenibile.
Nei ripetuti incontri con la gente della Comunità del Parco, il prof. La Valva, andava saggiamente ripetendo “Il Parco siete voi”. Aveva ragione il prof. La Valva a parlare alla sua comunità, cercando di coinvolgerla e prima di tutto, facendola riflettere, con questo suo appello, un messaggio-verità che, purtroppo, non ha dato i buoni frutti di un protagonismo sperato; un protagonismo che doveva venire dal basso della gente del Parco.
Purtroppo nel Cilento Parco, niente è cambiato in senso utilmente positivo.
Molto,ma molto è cambiato e va cambiando in senso peggiorativo e quindi negativo con un futuro sempre più cancellato, da disastro annunciato.
Nel Cilento si deve essere assolutamente ciechi e sordi, per non rendersi conto del male diffuso, sia in senso territoriale, sia soprattutto in senso antropologico - sociale.
C’è, tra l’altro, da considerare la grave e diffusa negatività antropologica delle culle vuote; c’è da considerare la grave crisi delle risorse umane legate ai territori, ormai prossime a scomparire, senza le quali non c’è possibilità alcuna di sviluppo.
Sono le prime e più importanti risorse del cambiamento possibile e della crescita sia antropica che territoriale.
Mancando le risorse umane, insostituibile motore di sviluppo, siamo al sottosviluppo di sempre; siamo come e peggio di prima allo sviluppo assolutamente negato.
La crisi antropica dei territori cilentani del Parco, registra una condizione diffusamente omogenea di culle vuote; tanto, con un fare da vite negate che chiude le porte al futuro.
A rimanere nel Cilento sono ancora i pochi mohicani di un mondo cilentano di nonni radicati alle proprie Terre. La maggior parte delle forze produttive ed i pochi cervelli formati con i sacrifici dei Padri lavoratori della buona Terra, sono andati via, alla ricerca di pane e lavoro altrove.
Tanto, per un fare cilentano dal futuro assolutamente negato, per indifferenza ed assenza soprattutto del pubblico, come sempre interessato al tira a campare ed al godimento, fino all’ultimo, anche delle sole briciole dei poteri-privilegi, sempre più senz’anima.
La gente è sempre più rassegnata al “così è” e ad un fatalistico “non c’è assolutamente niente da fare”, un comportamento comune che ha costruito nel tempo una condizione di malessere diffuso, da vero e proprio disastro Cilento.
Mentre il pubblico andava dimostrando la sua rassegnata indifferenza, il privato se ne rimaneva a braccia conserte, fantasticando mondi proibiti, così come quotidianamente attraverso la televisione prima ed il web dopo, venivano a fare loro compagnia, rendendoli confusamente cittadini del solo mondo dell’apparire che andava cancellando fino alle radici, i valori dell’ESSERE e di quei saperi dell’ESSERE IN QUANTO È, che rappresentano il grave negativo del mondo consumistico che ha contaminato di sé persino ed a fondo, facendola affondare definitivamente, la saggia buona Terra di Parmenide e di Zenone.
Che fare? Certamente non giova a nessuno che arrivi il peggio, sia umanamente che territorialmente inteso.
Entrambe le cose, sono dietro l’angolo; entrambe le cose sono possibili, con conseguenti gravi danni per i territori che bisogna saper restituire intelligentemente alla normalità, alla Civiltà dell’Essere, al Futuro.
Ad una normalità di vita che richiede, prima di tutto, protagonismo territoriale con un fare condiviso da chi vive silenziosamente nel libero convincimento che tutto quello che accade è perché “così è”, è perché deve assolutamente accadere e che non c’è assolutamente niente da fare per modificare il corso delle cose che, cammin facendo, diventano cose da mondi proibiti. Cose da mondi imbarbariti e negati alla saggia umanità civile.
Al che fare condiviso, bisogna partire dalle idee altrettanto saggiamente condivise; tanto, nello spirito profetico del buon Presidente Vincenzo La Valva, che si rivolgeva alla gente con il forte messaggio del “Parco siete voi”. Ed è così! I primi protagonisti sono soprattutto i cittadini; sono i sempre “meno cittadini” del Parco.
Non devono assolutamente, manifestarsi più oltre, indifferenti; devono da protagonisti veri saper alzare la voce e far capire a quelli del potere unico, un “ci sono anch’Io”, un “ci siano anche Noi” per trovare insieme le soluzioni giuste al nuovo fatto di IO - NOI, umanamente e territorialmente inteso.
Tanto, con il protagonismo delle idee e del fare; un saggio protagonismo che deve avere la giusta partenza nel percorso passato, presente, futuro.
Bisogna saper guardare ai territori ed al loro futuro possibile evitando di annullarli con i soliti luoghi comuni che non portano assolutamente a niente e che con la rassegnazione complice si negano così facendo al futuro, evitando di aprirsi al nuovo in un saggio percorso di cultura umanistica e tecnologica insieme; tanto, pensando di innovare tutto quanto c’è da innovare e di usare le tecnologie avanzate, senza cancellare le tracce di quelle radici identitarie che rappresentano il passato che deve aiutare a costruire i nuovi percorsi di futuro, avvalendosi della cultura umanistica e tecnologica insieme, per innovare nel rispetto dell’Uomo e del suolo su cui l’Uomo vive e di cui vive, amando così come si conviene, la buona Terra.
Chi governa i territori del Parco e del Cilento più in generale, deve capire il “che fare”; deve capire l’urgenza di cambiare, coinvolgendo la gente silenziosa in uno stare insieme condiviso e partecipato, fonte di un pensatoio - laboratorio di idee e di idee del fare umanamente possibili e saggiamente utili al futuro che non può morire di presente; non può essere cancellato da un presente, indifferente al futuro.
Così, proprio non va! Così non deve essere!
Per cambiare, al fine di costruire un nuovo saggio cammino per il Cilento, chi dorme deve svegliarsi e pensare positivamente alle cose da fare; tanto, evitando di far credere alla gente del Parco cose che non sono assolutamente vere e che non essendo vere, proprio non giovano alla qualità della vita in grave sofferenza, al punto da poterla considerare un vero e proprio disvalore della buona governance; di una governance che, purtroppo, concretamente non c’è; che, purtroppo, è istituzionalmente assente e si affida ad un “tutto va bene”, con simboli del buon vivere che tali proprio non sono, soprattutto per la gente che vive silenziosamente i territori e non sa cosa farsene di bollini di riconoscimento di un’eccellenza cilentana (bandiere, vele, patrimonio Unesco, Area MAB, Dieta Mediterranea ed altro, altro ancora); simboli che purtroppo non si traducono concretamente in utili strumenti di qualità della vita per i territori, sempre più, difficili da vivere e che se non hanno il supporto di innesti esterni, soprattutto antropici, rischiano a breve, la completa desertificazione, trasformando così le terre del Parco da terre antropizzate, in terre animalizzate, con la presenza assorbente del cinghiale, specie non autoctona, una prima specie vitale e distruttiva delle buone e sagge Terre cilentane, sempre più negate all’uomo; ai pochi uomini che, sfidando le tante avversità, corrono purtroppo e sempre più il grave rischio di imbattersi in nemici invisibili che si sentono i padroni unici dei territori e non vogliono concorrenze sleali da parte dei pochi ultimi mohicani che si sentono ancora amorevolmente legati alla propria Terra.
Alla governance istituzionale c’è da dire e da chiedere e con forza, da subito, di fare il proprio dovere per riportare il territorio a quella umana vivibilità che, purtroppo, non ha e che lo rendono sempre più territorio dal futuro negato; dal futuro assolutamente cancellato.
Il territorio cilentano, prima ancora di essere area protetta e/o terra dei sapori antichi, con il suo salutistico riconoscimento Unesco della Dieta Mediterranea, è il territorio universale dei saperi.
È il territorio dei saperi dell’ESSERE parmenideo, universalmente intesi che ci portano ad essere l’ombelico del mondo; con l’orgoglio dell’appartenenza, dovremmo saperci garantire la nostra umanità identitaria, purtroppo sconosciuta ed assolutamente indifferente ad un Cilento maledetto che nega se stesso, ricercando una simbologia da mondo globale, con alla base, i soli falsi valori territorialmente condivisi dell’avere e dell’apparire, dimenticando stupidamente, quelli della saggia provenienza.
Alla governance istituzionale Parco, Enti Locali, Regione, Stato Centrale, nel rispetto dell’uomo e della conservazione dei luoghi, c’è da chiedere saggezza, vivibilità, servizi e garanzie dei diritti alla persona che, purtroppo e sempre più, diventano diritti negati.
Tanto, per il suolo abbandonato a se stesso e gravemente degradato; per le strade insicure e sempre più impraticabili; per l’uso abusato dei veleni, con grave danno per l’uomo, a causa di un avvelenamento diffuso del cibo che si porta a tavola e dell’acqua che si beve e dell’aria che si respira, facendo male, tra l’altro, all’ambiente ed un male da morire all’uomo, sempre più fragile e sempre più abbandonato a se stesso da parte di chi dovrebbe saperne assicurare le garanzie di una buona qualità della vita, purtroppo, negata ai più.
Tra l’altro ed anche questo è un grave danno per tutti, mancano i luoghi e le buone opportunità di aggregazione umana che si traducono in gravi condizioni territoriali di diffusa solitudine; di non dialogo e di non confronto delle idee per percorsi d’insieme utili al fare condiviso per un nuovo e più vivibile Cilento che, così facendo, da Terra del mito, diventa sempre più, Terra del mancato buon vivere insieme, soprattutto, in prospettive di futuro, con i giovani che si negano al territorio, perché il territorio, così com’è, è assolutamente privo di un futuro possibile, mancando e prima di tutto, il lavoro che è necessario per garantire anche l’umanità futura che, così facendo, diventa purtroppo, umanità negata; umanità di un futuro cilentano assolutamente cancellato e territorialmente “sgarrupato”.
Tanto, con un danno antropicamente irreversibile e con i territori sempre più cancellati alla vita, dove un tempo ormai lontano, grazie alla saggezza dell’antica civiltà contadina, era viva e virilmente funzionante, una società d’insieme con il ruolo di veri e propri guardiani dei territori, in tutti i momenti e per tutte le necessità umane e territoriali; creavano, così facendo, le condizioni di una vita d’insieme, assolutamente bella da vivere.
Attualmente e per tanti versi, sembra di vivere in un “Cilento sgarrupato”; un Cilento triste e senz’anima che si lascia andare al suo futuro negato, negandosi sempre più, ad una vita d’insieme.
Così proprio non va! Così non va! I Paesi dell’anima delle pietre parlanti sono, purtroppo, diventati sempre più Paesi senz’anima, silenziosamente tristi e dal futuro negato, con gli ultimi mohicani, in attesa di essere ricevuti dai cimiteri dalle porte sempre aperte.
Questo Cilento triste ed abbandonato non è il Cilento che vogliamo?
La governance istituzionale, compiacendosi di avere un Cilento mare confusamente vivo, con un movimento di villeggianti sole-mare che lo prendono d’assalto negli assolati mesi di luglio -agosto, non si preoccupa più di tanto del Cilento montano e collinare che, abbandonato a se stesso, sta morendo, per mancanza assoluta di condizioni di vivibilità e di servizi alla persona, agevolandone così facendo, la desertificazione.
Negli ultimi tempi, i tanti Paesi dell’anima, oltre alle strade impraticabili, hanno visto cancellato anche i servizi sanitari, gli uffici postali e le poche scuole; hanno visto cancellato, tra l’altro, la presenza utile ed opportuna di un personale idraulico-forestale della Regione Campania, in servizio presso le Comunità Montane, l’ultima presenza umanamente utile di guardiani di un territorio che, con le guardie forestali, dal prossimo gennaio, utilizzate e tolte dal ruolo del controllo territoriale, sono rimasti completamente abbandonati a se stessi; tanto, vedendosi aggravare le già gravi condizioni di stabilità e di sicurezza necessaria per viverlo in un rapporto di saggio equilibrio uomo-natura; Uomo-Terra.
Tutto questo con i cilentani che ancora vivono di un Cilento sedotto ed abbandonato, deve essere parte di un giusto rivendicazionismo sul piano dei diritti; sul piano dei fondanti diritti che non possono essere più a lungo negati da parte di chi, a tutti i livelli, ne governa da indifferente i territori, con un fare lontano anni luce e sempre più attento al solo potere ed ai soli privilegi che, nonostante tutto, a destra ed a manca, sono il frutto di un’egoistica rappresentanza del niente riservata al Cilento ed ai cilentani, sempre più, dai diritti negati; sempre più, dai diritti cancellati, con l’amaro risultato di un’invivibilità diffusa, da vera e propria vita negata.
Tanto, pur potendo il Cilento Terra di Parmenide essere assolutamente altro nel Cilento e per il Cilento ed oltre ancora nel mondo che prima o poi dovrà sapersi riappropriare delle radici dell’ESSERE IN QUANTO È, pensando al Cilento e ritrovandosi in questa Terra da amare, per quei saperi universali che possiede, ma che, purtroppo, sono assolutamente indifferenti ai più di un mondo umanamente senz’anima, a partire, prima di tutto dal Cilento.
Cilentani, udite, udite! È tornato di nuovo il Ministro per il Mezzogiorno! È l’economista, professore universitario Claudio De Vincenti.
È a capo di un dicastero senza portafoglio che potrà disporre soltanto dei fondi UE; a suo dire ci sono tutte le buone condizioni per un “nuovo Mezzogiorno”.
Approfittiamone! Date segnali forti del vostro protagonismo dell’ESSERE cilentani.
Uscite dalla solitudine e dal silenzio e fatevi avanti a chiedere quel che è giusto chiedere per incominciare ad affrontare i mali del Cilento e quindi trovare le soluzioni giuste per i vostri incancreniti problemi.
Ma prima di fare questo, date un segnale forte di un cambiamento dentro di voi; tanto, proponendovi come cittadini attivi.
Proponendovi al signor Ministro ed alle sue rappresentanze che, fuori dagli schemi renziani di“Annunciazione”, “Annunciazione”, proprio non vedono l’ora d passare dalle promesse ai fatti; tanto, soprattutto nel Sud, nel malessere del Sud che è intenzione del PD, recuperarlo al benessere e riportarlo politicamente nel mondo renziano del potere unico dell’uomo solo al comando, avendo deciso di fare del Sud, il suo trampolino di lancio per il nuovo italiano, facendolo approdare ad un trentennio di potere nelle mani del fiorentino Matteo Renzi, capo unico dell’Italia unita nella sofferenza, nel disagio e nel democratico dovere di starsene silenziosamente buoni, buoni, gridando il sacro rispetto per il capo; per il grande capo di tutti gli italiani che ha sempre ragione.
Ma cari cilentani, chiudo questi miei pensieri su di voi e sulla mia Terra, la mia Terra dell’anima che, come voi, voglio tanto, ma tanto bene, invitandovi ad assumere una forte dignità di cittadini cilentani, impegnati a cancellare e per sempre, l’onda lunga della triste condizione di sudditi silenziosi e sottomessi nel triste ruolo di “toculacapo”, anche e soprattutto, nei confronti di chi vi ha da sempre tradito, tradendo il Cilento e così, facendo male, tanto male a voi ed alla vostra Terra dei saperi, meritevole di ben altri destini.
A tutto questo, mettete un punto fermo! A tutto questo dite basta!
Tanto, partendo dal vostro comune e responsabile impegno di essere cittadini saggi e perbene; di essere cittadini che, oltre ai diritti, sanno anche essere buoni cittadini dei doveri da compiere, manifestandovi attivamente ed unitamente partecipi per pensare al bene comune ed a trasformare le idee in fatti per cambiare le cose cilentane, rendendone il territorio, da negato a Terra bella da vivere, non solo, come un tempo, come soli uomini delle braccia da spendere con grande fatica per un lavoro che dava i suoi buoni frutti necessari a vivere, ma anche come uomini dei cervelli, con i vostri figli che, formati da voi con grandi sacrifici, sono in giro per il mondo, per quel lavoro possibile, ma ancora negato soprattutto nella Terra dei padri.
Da coraggiosi cilentani dei valori dell’ESSERE, dimostratevi fiduciosi e disponibili al sacro dovere di un forte impegno umano per cambiare il Cilento.
Un cambiamento assolutamente possibile, se ricco di quei saperi e di quelle conoscenze dei tanti giovani cilentani in giro per il mondo che, se bene spesi nella Terra dei padri, possono finalmente e per sempre, cambiare le sorti del Cilento, liberandolo così facendo, di una maledizione antica che non ha mai permesso ai cilentani di essere saggiamente uomini veri e soprattutto eredi meritevoli di quel mondo dell’ESSERE parmenideo, indifferente ai più, soprattutto oggi che si cerca il godimento di mondi fantastici negati al futuro, come sola ed unica espressione di un’umanità possibile ed universalmente condivisa, oscurandone tra l’altro, la saggezza del pensiero e dei valori dell’ESSERE, da cui partire per cambiare e fare crescere umanamente e territorialmente anche il nostro Cilento. Per cambiare e fare crescere umanamente il mondo che, rifiutando i valori dell’ESSERE, i saperi e la cultura, si rifiuta disumanamente al futuro; diventa sempre più “mondo sgarrupato”, dal futuro negato.
Il Cilento ed i cilentani devono partire da qui! Devono con una grande forza d’insieme Uomo-Territorio, sfidare, credendoci, il futuro, costruendolo saggiamente con un rigenerato insieme umano che sa pensarlo, riferendosi al percorso passato - presente, ricco di valori e di saperi che danno la giusta forza alle innovazioni ed alle tecnologie utili al cambiamento per un nuovo mondo; per un nuova Italia, un nuova Campania, un nuovo e saggio CILENTO.
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