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CHE ITALIA! FUTURO SEMPRE PIÙ CANCELLATO

Siamo nelle sofferte condizioni di inazione pressoché totale, abdicando a se stessi, con il grave danno di farla poi pagare alle generazioni future.

📅 giovedì 26 gennaio 2017 · 📰 AttualitàCilento

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foto autoredi Giuseppe Lembo | Blog

Con profonda amarezza c’è da registrare, senza possibilità alcuna di salvezza umanamente possibile, un profondo malessere italiano.
Un malessere sofferto che si annida nel mondo politico e delle burocrazie italiane; tanto, sia a livello centrale che a livello territoriale, dove l’intreccio politici/burocrazia è causa di patologie gravi, diffuse in lungo ed in largo per l’Italia, sempre più ammalata e quindi, sempre più, dal futuro negato.
L’intreccio mortale tra il potere politico che dirige e la macchina amministrativa che esegue è soprattutto presente nelle amministrazioni locali dove la contiguità diventa cammin facendo, complicità, in percorsi di un fare sempre meno trasparenti. Tanto, con la gente costretta a subire le decisioni e le scelte che di utilità pubblica hanno sempre meno.
La causa di questa grande tragedia italiana, negata ad ogni soluzione possibile è, prima di tutto e soprattutto, nella diffusa politicizzazione della burocrazia comunale.
Le cause di tale grave malessere italiano vengono dall’infelice riforma del Ministro Bassanini (Primo Governo Prodi 1996-97); tanto, per effetto della richiamata riforma che svuotava di autonomia i vertici della burocrazia amministrativa, mettendola nelle mani del potere politico.

Nella richiamata legge il politico aveva il potere di fiducia; gente affidabile disposta a fare tutto quello che chiedeva la politica, con un intreccio politica/burocrazia, una grave patologia alla base dei gravi mali d’Italia, con inefficienze e danni al cittadino utente, reso “re nudo”, destinatario di soli diritti negati.
Siamo ad un’odissea senza fine, con in sé gravi e crescenti aspetti patologici dei mali italiani nel governo dei territori, purtroppo, sempre più irrisolvibili.
Per questo intreccio di potere, il povero cittadino italiano doveva e deve obbedire senza fiatare, diventandone parte.
Diventandone il braccio armato e senza più tutori. Era un potere dinamicamente in movimento; un potere pronto a passare armi e bagagli da un politico all’altro, nel cambio della governance.
Le garanzie per chi all’interno dell’amministrazione esercitava il proprio ruolo condiviso con quello politico, erano quelle dell’intoccabilità; del non licenziamento.
Una condizione di garanzia che li rendevano assolutamente intoccabili. Tanto, tra l’altro, con una diffusa complicità sindacale che raccoglieva per sé benefici a piene mani.
Nel sistema sempre meno efficiente, si faceva strada un diffuso ed invadente familismo; tanto, con gravi danni per i diritti dei cittadini, sempre più negati; sempre più cancellati.
Grandi e gravi le sofferenze per il buon governo del territorio, in uno con la gente, sempre più abbandonato a se stesso.
Bisogna cambiare! Per non morire, bisogna assolutamente cambiare!
Il primo fattore saggio di cambiamento italiano va visto nell’assolutamente necessario interesse per i GIOVANI; per i giovani a cui si nega e sempre più, perfino la speranza di un futuro possibile.
Il nostro non è un Paese per giovani. Si fa di tutto per negarli al futuro e poi con la santa benedizione di chi ci governa c’è la gratitudine italiana nel momento in cui se ne vanno via (Poletti docet), esportando braccia e cervelli italiani nel mondo, per recuperare quelle opportunità di vita assolutamente negate dalle politiche sciagurate del nostro Paese che, ormai senza bussola, si nega al futuro, continuando ad intessere inciuci di potere che non giovano se non al solo potere che rigenerandosi, è tardi a morire, cancellando e facendo morire di potere il futuro italiano e quel mondo giovane che maledice di essere italiano; che maledice la propria appartenenza all’Italia, un Paese dal futuro negato.
C’è una grande confusione italiana, manca e sempre più, il giusto rapporto tra elettore ed eletto.
Il tutto, perché manca la politica ed unitamente alla politica, mancano i partiti, il sangue della democrazia basata sul diritto della gente a vivere da protagonisti le decisioni di chi li governa in nome e per conto del popolo sovrano ma che di fatto, sovrano non è e che, come dai segnali del voto referendario, non vuole più sentirsi escluso dai meccanismi decisionali che interessano la società tutta e non solo la politica che la rappresenta.
Siamo in una situazione stagnante; l’Italia che naviga a vista non giova a nessuno. È assolutamente urgente, uscire dal guado.
Una situazione di stallo che non giova a nessuno; che non giova soprattutto all’Italia ed agli italiani, vittime di un grave niente italiano che produce solo disagio e povertà diffuse, con un male da morire soprattutto per il futuro italiano; soprattutto per il futuro dei giovani italiani, dimenticati da chi governa il Paese ed assolutamente abbandonati a se stessi, vivendo in un mondo spesso e fluidamente incerto.
Un mondo italiano piccolo, piccolo e dal futuro sempre più negato; un mondo in letargo, assolutamente nemico del futuro italiano.
Tutto questo succede in Italia ed agli italiani alle prese con una grave crisi umana, sociale, economica, culturale e soprattutto politica; una crisi che determina, tra l’altro, un grave vuoto di democrazia, con situazioni drammaticamente allarmanti di sofferenze economico-sociali per il lavoro che non c’è, per l’economia che sta morendo e per una coesione sociale ormai al limite e con grave rischio per la stessa tenuta democratica del Paese Italia, ammalato di un potere dei forti sui deboli, dei ricchi sui poveri, dei privilegiati sociali sui dannati della Terra, sempre più abbandonati a se stessi.
Non è possibile continuare più oltre così; non è assolutamente possibile fare finta di niente e con indifferenza assoluta, non vedere né sentire le sofferenze italiane ed il grido di dolore che si leva alto da un popolo in croce, a cui è negata anche la sola speranza di una possibile resurrezione.
Che fare? Prima di tutto, c’è l’intelligente bisogno dell’ascolto. Bisogna saper ascoltare il popolo sovrano che chiede a viva voce di non essere messo da parte; che chiede con forza una grande presenza nella vita d’insieme.
Un popolo di esclusi che vuole partecipare e non rimanere fuori dai meccanismi decisionali, il frutto del solo potere unico di chi comanda.
La partecipazione ai meccanismi decisionali deve tradursi in un costante impegno da parte del mondo politico a rappresentare gli interessi collettivi; gli interessi della gente, oggi e sempre più, dai diritti negati.
La buona politica deve capire il nuovo italiano; un nuovo che avanza e che richiede risposte urgenti ed adeguate, con la dovuta attenzione per gli interessi collettivi.
L’Italia è sempre più senza rappresentanza e senza partecipazione; un grave vuoto di rappresentanza e di partecipazione è soprattutto al Sud, dove domina un fare decisionale con alla base sempre più dannati galleggiamenti che rappresentano in sé un disagio umano e sociale da morte sicura; da declino, da tempo annunciato.
È, soprattutto al Sud, il grave vuoto di rappresentanza; tanto per mancanza di un giusto insieme di professionalità, assolutamente necessaria al nuovo del Mezzogiorno e dell’Italia più in generale, alle prese con problemi gravi da risolvere senza ulteriori temporeggiamenti (giovani, immigrazione, politiche del lavoro, sviluppo economico-industriale) che deve competere e vincere le sfide del tempo nuovo, nel contesto di un mondo globalizzato sempre più aperto all’insieme del mondo umano e sociale.
Siamo veramente in percorsi italiani da tempi nuovi; percorsi che in fretta devono trovare le soluzioni possibili superando il grave vuoto di un saggio fare condiviso, con alla base una giusta dialettica sociale e politica.
Il nuovo italiano deve partire dal territorio italiano; deve partire dall’insieme territoriale dei piccoli mondi abbandonati a se stessi da riportare all’attenzione per poi costruire una grande rappresentanza di interessi condivisi in un rapporto tutto italiano da un insieme globale, assolutamente necessario per cambiare l’Italia.
Le tragedie italiane, indifferenti ai più, sono tante; la più grave è quella della povertà diffusa, con tanti nuovi poveri italiani, un vero dramma che si consuma nell’indifferenza di un Paese avvitato su se stesso e che, come non mai prima, non riesce a volgere lo sguardo amico verso chi soffre. Verso chi, da nuovo povero italiano non ha da mettere il piatto a tavola, un giusto diritto dell’uomo che diventa per tanti un vero e proprio diritto negato; una grave sofferenza italiana, sempre più dannatamente amica dei tanti che non riescono più a campare.
Ma che Italia è questa? Che società italiana abbiamo mai costruito per un mondo italiano nuovo e capace di solidarietà per l’altro? Purtroppo il malessere umano e sociale è gravemente diffuso; colpisce i deboli d’Italia che, nell’indifferenza di chi governa questo nostro malcapitato Paese, sono abbandonati a se stessi, soffrendo le pene dell’inferno, ad un punto tale da far maledire il giorno in cui sono venuti al mondo con il triste destino di vite negate.
In quest’Italia, sempre più dal futuro negato, non sono assolutamente di casa i valori di un’umanità dall’insieme solidale; c’è, purtroppo, una diffusa indifferenza per l’”altro italiano”, spesso considerato “rompiscatole” per il proprio vivere tranquilli e con i paraocchi fissi per evitare di vedere le gravi sofferenze di una società italiana, ormai negata al futuro; di una società poco solidale, dal futuro sempre più cancellato.
Tanto e prima di tutto, per l’indifferenza per l’altro con una grave ed assoluta incapacità di fare rete, negandosi, così facendo, ad una saggia vita d’insieme che potrebbe evitare tanti drammi italiani, purtroppo ostinatamente presenti, creando condizioni disumane da vite negate. Siamo ad una dualità italiana che vede ricchezza e privilegi da una parte e dall’altra, tanta, tanta povertà diffusa, causa maledetta di sofferenza e di disperazione umana.
Non c’è assolutamente un domani possibile per noi e per il mondo, se non affrontato con la consapevolezza del passato e le radici di un presente che si attrezza a diventare futuro.
Il male dei mali italiani è soprattutto al Sud dove c’è una grave condizione di povertà diffusa.
Siamo ormai a quasi il 50% di famiglie in difficoltà; tanto, per effetto e soprattutto di una bassa densità lavorativa e per un vuoto di protagonismo del fare pressoché totale.
Tutto era legato a quel maledetto posto fisso che, per effetto di uno scambievole rapporto di clientele politiche veniva garantito, per garantire la sopravvivenza meridionale, sempre più a rischio; sempre più negata.
Altro che qualità della vita!
Al Sud, come nei versi di una vecchia canzone popolare di Otello Prefazio “Qui si campa d’aria”. Le difficili condizioni di vita al Sud, somigliano sempre più a quelle del continente nero africano.
Altro che inclusioni sociali! Altro che solidarietà umana diffusa!
Nel 2007 si contavano 1 milione e 800 mila poveri; oggi i poveri che vivono al Sud sono 4 milioni e 600 mila (+155%).
Secondo i dati ISTAT 17,5 milioni di italiani pari al 28,7% della popolazione residente, è a rischio di povertà; è a rischio di esclusione sociale. Al Sud tale dato percentuale interessa il 50% delle famiglie.
L’Italia, con la crisi del 2000, causa di una forte stagnazione, si è terribilmente impoverita. Una tendenza grave, che si è impossessata del nostro Paese e non dà segnali di cambiamento, se non solo a parole. Di concretamente invertito non c’è niente; non c’è assolutamente niente.
Purtroppo, in Italia continua il trend negativo facendo male, tanto male soprattutto al Sud sempre più povero; sempre più disumanamente negato alla sua gente, con braccia e cervelli costretti a scappare per non morire.
Il problema della povertà al Sud ha in sé caratteristiche di dualità. Ci sono, prima di tutto, i poveri assoluti, per i quali non si fa assolutamente niente.
Che fare? Occorre intervenire e presto; occorre ridiscutere l’anomalo sistema italiano. Occorre un nuovo contratto sociale che deve avere come obiettivo primario quello di riscrivere a chiare lettere le nuove regole riguardanti i diritti/doveri dei cittadini. Occorre per l’Italia che verrà un nuovo modello di crescita.
Tanto, con la necessaria solidarietà di tutti; tanto, con l’attivo contributo di tutte le forze politiche e sociali.
Di chi la colpa? Prima di tutto dello Stato che ci rappresenta e che non ha in sé la capacità e la credibilità per promuovere i giusti percorsi del cambiamento possibile.
Si continua a sprecare risorse come se l’Italia fosse nelle condizioni di potersi permettere anche il lusso dello spreco.
Pretendiamo e facciamo i consumisti pur non avendone la possibilità; pur non essendoci le condizioni economiche per permetterci il lusso di sprecare.
Per consumare risorse bisogna produrle; occorre rendere produttivo un Paese, mortalmente colpito da una grave crisi di lavoro produttivo. Nonostante la grave sofferenza economica in cui ci si trova a vivere, si continua a cuor leggero a sprecare.
Un fare da tarallucci e vino che ha in sé gravissime conseguenze per il futuro italiano che, con il sistema della precarietà economica di rinviare sine die nel tempo, non ci porta da nessuna parte.
Non permette assolutamente al nostro Paese di rialzarsi e di rimettersi responsabilmente insieme per trovare la via giusta; per ripartire e quindi pensare saggiamente al futuro italiano che oggi è sempre più dalle caratteristiche di futuro negato.
Per arrivare a ridare percorsi di un futuro possibile, bisogna riconsiderare a fondo i mali italiani.
Bisogna mettere ordine al disordine, garantendo una maggiore equità sociale; garantendo a tutti gli italiani quell’equità sociale che assolutamente non c’è e che vede l’Italia sempre più sbilanciata nel rapporto tra chi ha e chi non ha, con la ricchezza, così come nel resto del mondo, nelle sole mani dei pochi, rendendo precarie le condizioni di vita dei più che proprio non riescono tra l’altro a campare. Occorre un nuovo patto tra le generazioni.
L’Italia, Paese fortemente invecchiato deve porre gli italiani giovani al centro della scena, affidando nelle loro mani, oltre che la speranza, le risorse solidali, per un nuovo patto intergenerazionale con i giovani intellettuali, attivi e saggi costruttori di un certo futuro italiano; tanto, ripercorrendo il passato che non può né deve essere assolutamente dimenticato.

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